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Quando a Vigna Clara c’erano le bande dello stagno

stagno via cassia 176
Galvanica Bruni

Prima di trasferirci a Santa Marinella, l’estate del ’54, mamma ci portò a vedere quella che sarebbe stata la nostra nuova casa. A Vigna Clara. Un chilometro dopo Ponte Milvio, sulla Cassia. Dopo una serie di splendide residenze di campagna. Vicino allo slargo da dove partiva la Camilluccia. Famosa perché c’era la villa che era stata di Claretta Petacci.

Era tutto un cantiere, decine di case in costruzione. Di edifici finiti e abitati ce ne erano due, uno confinava col giardino della nostra nuova casa. L’altro, mamma ci disse che era l’istituto di genetica del grano. Per saperne di più dovevamo chiedere a papà la sera quando sarebbe tornato a casa dal lavoro.

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Era una costruzione imponente. Poteva sembrare una villa importante di qualche famiglia nobile e dietro ce n’era un’altra molto particolare. Una specie di padiglione di un solo piano perfettamente rettangolare molto lungo con tantissime finestre molto grandi.

L’Istituto genetica cerealicoltura

A cena papà ci disse che quella era la serra. l’Istituto – ufficialmente, Istituto per la genetica della Cerealicoltura – era stata la creatura di un conoscente di nonno, padre di mio padre, il prof. Strampelli, Nazareno Strampelli. Il figlio era un oculista famoso.

Là dentro si studiava la possibilità di creare un tipo di grano che fruttasse di più e fosse più robusto. E avevano ottenuti risultati apprezzati un tutto il mondo. Ad uno dei grani migliori che avevano realizzato, Strampelli aveva voluto dare il nome di un senatore che considerava una specie di maestro e che aveva una tenuta a due passi dall’Istituto. Il Senatore Cappelli.

La tenuta era dall’altra parte di Corso Francia. Il viale d’ingresso fiancheggiato da pini rigogliosi era l’attuale via Valdagno e la tenuta era in fondo. Via Raffaele Cappelli. Appunto.

Quando tornammo da Santa Marinella ad ottobre, andammo a vivere nella casa nuova. Dalla finestra del salotto si vedeva benissimo la serra e scoprimmo che nel prato molto grande che stava subito sotto il muro di cinta dell’Istituto la mattina presto arrivava un pastore con le pecore. Mia madre, monticiana di nascita, inorridì. Si sentiva al ‘confino’. Di fascistica memoria.

Quel prato per noi fu tutto

Avevo sette anni e quel prato ancora non mi appariva come la meravigliosa opportunità che poi rappresentò nella mia adolescenza, come in quella di tutti i ragazzi della zona.

Fu tutto. Il nostro campo sportivo, la nostra riserva di caccia, il punto di ritrovo e di riferimento di quasi tutte le idee che ci venivano in testa. Ma fu fondamentalmente il ‘campetto’ di pallone.

Dopo pranzo, senza bisogno di appuntamenti di alcun tipo ci si ritrovava lì in tanti. Si sceglievano due capitani, in genere quelli ritenuti più bravi, si facevano le squadre tirando a sorte, si approssimavano delle porte e si giocava.

Quando proprio andava bene, a me, mi prendevano per fare il portiere. Con la palla al piede ero una frana totale; credo che in fondo sia il vero motivo per cui odio il calcio. L’unica cosa che sapevo fare, data la mia stazza piuttosto fuori misura, era tirare delle ‘cannate’, abbastanza spesso anche con una certa precisione. Mi ero comprato degli scarpini da terzino con la punta quadra. I rigori e i rinvii da fondo me li facevano tirare.

Le strade, poche e tortuose

Via di Vigna Stelluti ancora non esisteva, o, meglio, finiva praticamente dopo casa mia e ricominciava molto più giù.

Per arrivare a corso Francia, o si passava da Via Jacini, come faceva l’autobus, la ‘O’, vocale, non numero, o si doveva fare via Belloni e riprendere da lì la ripida discesa verso Corso Francia.

Allora già si parlava del ponte che avrebbe dovuto congiungere Via di Vigna Stelluti con Via Nitti.

Lo stagno e le bande

Vigna Clara era divisa. C’era quella di sopra e quella di sotto. In mezzo uno stagno quasi perfettamente circolare che avrà avuto il diametro forse di una trentina di metri, ma che tutti sapevano essere profondissimo. Come, non l’ho mai capito.

E c’erano ovviamente due bande. Quelli di sopra e quelli di sotto. E proprio lo stagno qualche volta era occasione di scaramucce più urlate che combattute, ma partecipate, intensamente partecipate.

Al campetto quelli di sotto non erano visti di buon occhio. Sergione veniva dagli Stellari. Figuriamoci… più ‘di sopra’ di così! Ma Vittorio, simpaticissimo e anche bravo, soprattutto di testa, abitava a Via Belloni dove c’è la chicane. Una via di mezzo tra sopra e sotto. Non fu accettato subito.

Anni dopo, al ginnasio, mi sono ritrovato compagno di classe con uno di quelli di sotto e per qualche settimana non ci siamo parlati. È diventato uno dei miei amici più cari.

La cosa interessante è che lo spazio dove c’era lo stagno è stato l’ultimo lotto di terreno ad essere costruito nel quartiere. Tenete presente che sotto Via Ferrero da Cambiano e poi Via Pompeo Neri corre la galleria della ferrovia. Vi nacque la costruzione che ospitò la V-House, con un enorme negozio al piano terra e sottoterra. Un residence elegante dove con mia moglie passammo il primo mese del nostro matrimonio. L’avevamo scelto come regalo al posto del viaggio di nozze.

Quando lo costruirono, i ragazzi che nel frattempo erano diventati o stavano diventando ingegneri – ce n’erano diversi – si misero a fare scommesse su quanto quell’edificio sarebbe durato. Quella gru mastodontica che ora incombe minacciosa su Largo Stelluti penso si possa dire che abbia dato loro ragione.

Michele Chialvo

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8 COMMENTI

  1. Piacevolissimo racconto che tra l’altro ha il pregio di mettere in luce personaggi ed eventi di straordinaria importanza del nostro Paese; Nazareno Strampelli, genetista, agronomo, scienziato e politico rivoluzionò l’agricoltura italiana e quella mondiale e il suo istituto (quello descritto nell’articolo) divenne uno dei centri più importanti al mondo dove vi si recarono esperti di tutti i paesi.
    L’edificio fu la celebre sede dell’Istituto Nazionale di Genetica oggi divenuto CRA.
    Dal 2016 l’edificio è stato alienato e sembra posto in vendita; un atto gravissimo non solo per il valore architettonico della palazzina (le vetrate interne sono veri capolavori) e il suo valore storico ma anche per il rischio che l’archivio del Prof. Strampelli vada perduto.
    Sarebbe l’ennesimo sciagurato affondo della politica, dopo Villa Manzoni e Villa Paladini.
    La sede dell’Istituto di Genetica è un gioiello dell’architettura di inizio secolo che dovrebbe essere destinato a Museo o quanto meno a “centro visita” per i nostri giovani quanto meno per fargli capire come nel nostro recente passato ci siano personaggi e storie del tutto ineguagliabili.

  2. In fondo a Via Valdagno sull’Attuale largo Melegari, alla fine degli anni ’50 c’era un capannone; a me, tredicenne, sembrava un deposito di materiale e macchinari agricoli. I “vecchi” abitanti del quartiere sostenevano che fosse un dormitorio per la manovalanza che lavorava per il Marchese Senatore Cappelli. Se lo dicevano loro…

  3. Che interessantissimi racconti! Grazie mille, mi piace molto conoscere la storia dei luoghi dove vivo e mi muovo, anche se io sono nella valle dell’insugherata, passo continuamente nei luoghi narrati, mi piace anche sapere il perché dei nomi di alcuni luoghi, nonché la morfologia

  4. Io, biologa ricercatrice, ho lavorato per 40 anni nel già Istituto di Genetica di Strampelli (che poi ha più volte cambiato nome). Anzi la mia attività si è svolta molto nelle serre dove selezionavamo varietà di grano che fossero resistenti ad alcune malattie fungine che colpiscono questo cereale. Facevamo questo lavoro con grande passione ed orgoglio ed abbiamo sofferto tantissimo quando, a fine 2015, la Direzione centrale del nuovo ente (allora CRA oggi CREA) ha deciso di dismettere luoghi a noi così cari e preziosi. Abbiamo tentato di tutto per evitare questo scempio ma non ci siamo riusciti e la nostra Sede storica è tuttora vuota e abbandonata. Volevo comunque rassicurare che tutto ciò che di prezioso c’era in Istituto lo abbiamo portato presso l’attuale sede che è rimasta nella nostra Azienda in via Manziana (in fondo a Via Oriolo Romano). È lì che ancora oggi un gruppo di giovani e validi ricercatori -soprattutto ricercatrici perché sono quasi tutte donne – continua, con tanta bravura, passione e dedizione, il lavoro iniziato da Strampelli. Marina Pasquini

    • Una domanda: i campi sperimentali di Via dei Due Ponti hanno a che fare con il CRA/CREA?
      Vi si vedono spesso, a seconda delle stagioni, piante di cereali incappucciate per l’impollinazione controllata ed in più la presenza di una centralina meteorologica depongono per questa tesi.
      Grazie

  5. Finalmente ho capito perché un grano si chiama senatore Cappelli come ho sentito tante volte nei documentari di cui sono appassionata.Grazie Michele,continua a farci conoscere la storia e i piccoli e grandi segreti del nostro quartiere.

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