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Colori e silenzi del Borghetto di via dei Fabi

Via dei Fabi
Via dei Fabi
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La bellezza e la maestosità marmoree della zona compresa tra Ponte Milvio e Corso di Francia sono indiscutibili e inattaccabili. Tanto che, nonostante il traffico, e nonostante i rumori della città, percorrere  Corso di Francia con l’auto è quasi un piacere per gli occhi quando si giunge su Ponte Flaminio dalle imponenti colonne e dalle possenti aquile in travertino.

Eppure, in una città della vastità territoriale e della portata storica di Roma, non bisogna sorprendersi se si scovano di tanto in tanto posticini isolati e semi-sconosciuti, che il più delle volte vivono di una vita propria, secondo norme sociali tutte loro, e che preservano la loro bellezza dalla contaminazione di ogni agente esterno proprio grazie alla loro condizione di “luoghi nascosti”.

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Questo è il caso, tanto per citarne uno, di una stradina che non si fa notare, ma che si apre, tra un ristorante e l’altro, in via Flaminia, quasi in corrispondenza dell’incontro tra la stessa e Corso di Francia.

Nel caos di un quartiere come Ponte Milvio, nel cuore pulsante della mondanità e della vivacità di Roma Nord, nel rumoroso viavai di persone che entrano ed escono freneticamente dai locali commerciali della zona, c’è infatti un piccolo nucleo di colorate costruzioni a sé stanti, che ricordano una realtà lenta, silenziosa e paesana piuttosto che dare la sensazione di trovarsi nel bel mezzo della delirante vita cittadina.

via dei fabiLa stradina in questione si chiama via dei Fabi, come fu denominata l’8 maggio 1911 sotto Vittorio Emanuele III Re d’Italia, poiché “in prossimità di quella zona avvenne la battaglia dei trecento Fabi”, come recita la delibera del Consiglio Comunale di Roma dell’epoca.

Essendo senza uscita e lunga circa 200 metri, la stradina ha il vantaggio di essere frequentata solamente dai suoi residenti e questo le concede uno status di isolotto pacifico in un mare di auto e clacson esasperati.  Ma la sua storia è più travagliata della tranquillità che attualmente infonde.

In questa caratteristica, inoltre, ricorda un po’ il fascino british della ‘Piccola Londra’ nel quartiere Flaminio: un agglomerato di edifici in stile inglese riuniti in una via privata al centro del quartiere.

via dei fabiAlti e bassi di via dei Fabi

Secondo gli utenti del forum Roma Sparita, intorno agli anni ’30 alcune persone provenienti dall’Abruzzo si insediarono come baraccati prima sulla riva del Tevere a Ponte Milvio, e in seguito nei pressi dell’attuale via dei Fabi.

Si guadagnavano da vivere con l’unica attività disponibile per loro: raccogliere la cicoria nei campi circostanti. Tale occupazione procurò loro il soprannome di “cicoriari”.

Durante la Seconda Guerra Mondiale, però, il territorio nei pressi delle baracche dei cicoriari venne occupato dai tedeschi, e solo in seguito a un attacco – o forse un bombardamento – degli alleati, i soldati abbandonarono la zona restituendola ai legittimi proprietari.

via dei fabiQuel nucleo di cicoriari dette vita così, a partire dal secondo dopoguerra, all’agglomerato di baracche di via dei Fabi, che venne poi parzialmente smantellato tra gli anni ’70 e gli anni ’80 circa e infine totalmente ricostruito intorno agli anni 2000.

Le baracche, infatti, furono oggetto di esproprio intorno agli anni ’70 causando grandi proteste poichè furono in molti a restare senza tetto; a questo provvide il Comune offrendo loro di trasferirsi nelle case popolari di Labaro.

La decisione di espropriare le baracche venne presa dal Campidoglio per eliminare il nucleo popolare di via dei Fabi, allargare Corso di Francia, aprire una rampa in direzione via Olimpica e costruire alcune scuole, secondo le previsioni urbanistiche allora in vigore.

Il progetto, alla fine, venne abbandonato a causa delle numerose azioni legali e delle proteste e la maggior parte degli immobili espropriati tornò nelle mani dei legittimi proprietari.

via dei fabiUna trentina d’anni dopo, siamo agli inizi del 2000, le casette, o meglio le baracchette, di via dei Fabi furono oggetto di una corposa attività di ricostruzione/ristrutturazione giungendo così all’attuale struttura elegante di delizioso borghetto antico un po’ fuori dal tempo, dai colori variegati, vicino ma lontano dai rumori e dal traffico.

Passeggiarvi, dando le spalle a Corso Francia, è come fare un tuffo nel passato.

Camilla Palladino

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