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Immigrati nel Municipio XV: quanti sono, dove vivono, prospettive future

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Galvanica Bruni

Un’analisi aggiornata della situazione dell’immigrazione nella Regione Lazio, nella Capitale e, per quanto ci riguarda direttamente, nel XV Municipio.

Il documento, redatto da Vincenzo Pira, antropologo ed esperto di cooperazione internazionale che dopo aver lavorato per anni in Africa ed in America Latina oggi vive e lavora nel quartiere di Labaro, si basa sul dodicesimo Rapporto dell’Osservatorio Romano sulle migrazioni e fornisce uno spaccato molto preciso  sulla situazione immigrati nel territorio del XV Municipio, quarto per numero immigrati residenti e secondo per incidenza sul totale della popolazione.

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Scrive dunque Pira dicendo che in dieci anni gli stranieri residenti nel territorio di Roma Capitale sono passati dai 235mila del 2005 a 364.632 del 31 dicembre del 2015 con un incremento del 45%.

I quattro Municipi con maggior numero di immigrati sono il I (45.014); il VI (43.377); il V (38.984) e il XV (28.897).

Osservando poi l’incidenza che la popolazione immigrata ha sulla popolazione complessiva  i municipi che presentano la più alta incidenza di stranieri sono il I (24,1 %), il XV (22,2 %) e il VI (16,9 %).

Più donne che uomini, più rumeni che moldavi…

Nel XV Municipio la popolazione immigrata è per il 57,1 % composta da donne; circa la metà sono nubili o celibi (49,8 %); i minori sono 4.929 (alcuni arrivano non accompagnati e sono un problema sociale da considerare con attenzione) .

Da un punto di vista nazionalità, i più numerosi sono i rumeni (7.759 persone pari al 26,9 % del totale della popolazione straniera), i filippini (4.993 pari al 17,3 %), gli srilanchesi (2.327 pari al 8,1 %), i peruviani (1.634 pari al 5,7 %), gli ecuadoriani (1.406 pari al 4,9 %), i moldavi (894 al 3,1 %) e i polacchi (737 pari al 2,6 ).

Dove vivono?

E’ presto detto. La zona Cassia la fa da padrona con oltre 15mila presenze così suddivise: 7329 a Tomba di Nerone, 4519 a La Storta, 1774 a La Giustiniana  e 986 a Grottarossa.
Andando oltre, a Cesano sono 2.587.

Ben 3953 a Labaro e 357 a Prima Porta. Scendendo verso il centro, in 2954 vivono in zona Farnesina, 1539 in zona Tor di Quinto, 1095 in zona Cassia Antica e solo 155 dalle parti del Foro Italico.

Maglia nera la zona di Polline Martignano, un territorio di circa mille ettari che appartiene al XV Municipio, pur se incastonato fra il Comune di Anguillara e quello di Trevignano, dove vive un grappolo di residenti dei quali 19 appunto immigrati.

Immigrati che fanno impresa

Le problematiche che affrontano anche gli immigrati – continua a raccontare Vincenzo Pira – sono legate al tema del lavoro degno e dell’inclusione sociale.

L’area romano-laziale negli ultimi anni si è distinta per una più forte crescita di imprese condotte da immigrati: nel Lazio +11,1% nel 2014 e +32,6% nel triennio 2011-2014; nella Città Metropolitana di Roma (leggasi ex Provincia di Roma) +11,9% e +35,5% (media nazionale: +5,6% nel 2014 e +15,6% nel triennio).

Nel Lazio, sono oltre 67mila le imprese gestite da lavoratori immigrati,  poco più di un ottavo delle aziende a conduzione immigrata registrate in Italia (12,8%).

In oltre 8 casi su 10 (84,8%) le imprese immigrate si concentrano nella Città Metropolitana di Roma, e tra queste ultime oltre 2 su 3 si trovano nel Comune di Roma (65,9% del totale regionale).

Sono infatti poco più di 57mila le imprese guidate da cittadini nati all’estero nella Città Metropolitana, delle quali oltre 44mila nella Capitale.

Inoltre, se in media in Italia è gestita da stranieri circa 1 azienda ogni 12 (8,7%) e nel Lazio circa 1 ogni 10 (10,7%), il rapporto è di circa 1 ogni 8 nella Città Metropolitana di Roma (12,1%).

L’accoglienza

Il Comune di Roma ha ampliato i posti di accoglienza per richiedenti e titolari di protezione internazionale, anche grazie all’ingresso formale nel programma Sprar. Il sistema comunale complessivo conta 3.700 posti, cui nel 2014 si sono aggiunti circa 2.000 posti attivati dalle Prefetture a Roma e provincia.

Il circuito dell’accoglienza informale (occupazioni), invece, conta da solo circa 1.700 persone. Fra il 1° gennaio 2014 e il 31 dicembre 2014, sono 8.361 le persone che si sono rivolte all’Ufficio immigrazione del  comune di Roma, in maggioranza afghani, bangladesi, senegalesi e maliani.

Di questi, 3.878 hanno presentato una domanda di accoglienza e 3.627 hanno ricevuto accoglienza.

Un discorso a parte va fatto per i minori stranieri non accompagnati: 2.142 a Roma nel 2014, per il 44,0% egiziani e per il 26,2% bangladesi.

Roma si conferma un crocevia strategico della mobilità dei minori stranieri soli, accogliendone circa un terzo a livello nazionale.

“Urgente rivedere la Bossi-Fini”

Secondo il parere di Vincenzo Pira, “Per tutti vale la necessità di qualificare la componente immigrata che ha deciso di stabilizzarsi nel nostro territorio con un progetto di vita e di necessità di inclusione comunitaria.

E’ urgente rivedere  le leggi che non permettono di godere dei diritti di cittadinanza a chi è nato e cresciuto in Italia o a chi ci vive ormai da tanti anni.

Una modifica della legge Bossi Fini che permetta la salvaguardia dei diritti di cittadinanza delle persone immigrate e ne favorisca una inclusione nelle comunità locali con diritto di voto alle amministrative e la possibilità di scegliere la nazionalità dei propri figli alla nascita e dopo un periodo di cinque anni di permanenza anche a chi vuole rimanere a vivere per sempre nel nostro territorio, proposte che sono da anni in Parlamento e non si riesce ad approvare”.

Ciò favorirebbe – conclude Pira – la qualificazione economica, civile e sociale degli immigrati, permetterebbe di combattere meglio le permanenze irregolari e illegali e renderebbe le nostre comunità più civili e rispettose dei diritti di tutti“.

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3 COMMENTI

  1. Le persone dello Sri Lanka si chiamano “singalesi” (non srilankesi), quelle del Bangladesh si chiamano “bengalesi” (ma anche bangladesi è accettabile), dell’Ecuador (che si scrive con la c, non con la q) si chiamano “ecuadoriani” o “ecuadoregni”, ma sempre con la c.

  2. Perchè qualcuno non pensa ai nostri diritti di cittadino, visto che il paese è nostro? Ci siamo stancati di pensare sempre a chi viene a prendere le nostre case, pagare sempre più tasse e non avere la possibilità di curarci senza ricorrere sempre a studi privati

  3. Dopo quasi 20 anni trascorsi in Italia adesso oltre alla cittadinanza brita nnica possiedo anche quella italiana, ne vado FIERISSIMO . Mentre il Regno Unito sprofonda nel caos del Brexit, il razzismo dilaga (già italiane/i vedono richieste di mutui ecc. rifuitate) e molte/i si vergonano di essere “inglesi” (aparte Inghilterra c’è la Scozia e il Galles, chiamare tutte/i “inglesi” è come chiamare tutte/i italiane/i “piemontesi” ) io sono cittadino di un paese dove “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso [se ci fosse qua anche orientamento sessuale sarebbe per me il massimo], di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.” Ciò che soprattutto mi ha positivamente impressionato è stato l’atteggiamento nella Questura ecc. verso coloro (come me) che stavano richiendendo la cittadinanza: molto positivo, senza un’ombra di “se sei fortunata/o ti facciamo diventare italiana/o” come trovi in Gran Bretagna. Basta avere un reddito e essere incensurata/o e si diventa cittadina/o. Non vedo l’ora di poter votare qua nella primavera del 2018 .

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