Home TEMPO LIBERO Baustelle, “L’Amore e La Violenza” all’Auditorium

Baustelle, “L’Amore e La Violenza” all’Auditorium

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Galvanica Bruni

In tempi in cui l’insulto social è strumento a buon mercato per l’esibizione di se stessi si scopre che i Baustelle sono tanto amati quanto odiati in giro per lo Stivale.

Dividono, laddove prima di Facebook mettevano tutti d’accordo. Ma come diceva Warhol, le recensioni (o in questo caso, i commenti) non si leggono: si pesano.

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In virtù di ciò la band di Montepulciano non lascia, ma anzi raddoppia. Francesco Bianconi e soci suoneranno dal vivo a Roma per ben due volte nelle prossime settimane, entrambe all’Auditorium.

Il primo appuntamento sarà lunedì 13 marzo, la replica il 30 aprile.

Alla messa in vendita dei biglietti per la prima data, infatti, la Sala Santa Cecilia è subito andata esaurita in ogni ordine di posti e così l’entourage del trio ha voluto accontentare i tanti fan rimasti senza tagliando programmando un secondo concerto prima dell’estate, quando presumibilmente li rivedremo a queste latitudini nella seconda parte del loro tour, al momento quasi tutto sold-out.

La curiosità, del resto, è tanta. “L’Amore e La Violenza”, il nuovissimo album dell’ensemble uscito a gennaio rappresenta un ulteriore passo in avanti nel percorso artistico dei toscani, e assisterne all’esecuzione live solletica le fantasie di quanti erano rimasti, se non delusi, quantomeno perplessi dalle sonorità orchestrali del precedente e concettuale “Fantasma“.

E la scaletta degli show che si stanno tenendo in questi gironi conferma la scelta di puntare sul materiale fresco.

Dal vivo, poi, è sempre un piacere vederli. Raramente hanno steccato o lasciato il pubblico con la sensazione che potevano fare di più o meglio.

La simpatia forse gli difetta, e l’ironia a volte devi faticare per coglierla, ma risparmiarsi, questo mai. Sia che suonino con l’orchestra, sia che si presentino in formazione a tre come il nuovo corso impone.

Che poi parlare di nuovo corso suona paradossale per un progetto che ha fatto della passione retrò la sua cifra distintiva. E in ciò le undici tracce appena pubblicate sono una sorta di manifesto.

Ma non sono i sintetizzatori vintage, nè quell’immaginario d’antan che rispolvera icone pop come Sandokan e Battiato, nè il mischiare sacro e profano come il Vangelo e Amanda Lear a fare la differenza.

No, ciò che scava il solco rispetto a gran parte della produzione odierna è una scrittura raffinata, ricercata, stratificata. Canzoni che se le metti a nudo, anche solo voce e chitarra, risplendono di luce propria e lasciano attoniti di fronte a tanta bellezza. Ascoltare Betty o La Vita per credere.

Bianconi avrà pure studiato alla scuola dei nostri cantautori e preso il master a quella dei chansonnier francesi, ma il talento non si studia nè si allena.

Lo si può coltivare, semmai, e i frutti di tanta cura li vediamo da un quindicennio abbondante nei dischi dei Baustelle. In barba all’odio gratuito da tastiera.

Valerio Di Marco

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