Sarà una tre giorni a tutto jazz quella che si terrà a partire da venerdì 9 settembre in via Cesare Castiglioni, nella piazza antistante la stazione FS Monte Mario, lato via Torrevecchia / Santa Maria della Pietà.
Il “Festival del Jazz di Monte Mario”, giunto alla seconda edizione e organizzato dalla scuola di musica Esacordo con il cofinanziamento del Municipio XIV, quest’anno sarà ancora più ricco di grandi eventi tra dibattiti, mostra fotografica e di arti figurative, e soprattutto concerti, con la partecipazione di tantissimi musicisti alcuni dei quali di fama internazionale.
Un weekend in note, ma non solo, ad ingresso libero e con un cartellone ricchissimo. Tutti i concerti inizieranno alle 18.30: si parte venerdì 9 con Tears Trio, Luttazzi/Biseo Duo, Trio Fuorimisura e Antonio Faraò Trio; sabato 10 sarà invece la volta di Esacordo Jazz Band, Ivano Nardi Trio, Maurizio Urbani Septet e Roberto Gatto Trio; e infine domenica 11 toccherà a Matteo Brandani Trio, Formichella-Arduini Quintet e Elvio Ghigliordini Octet.
La kermesse anche quest’anno sarà dedicata al famoso sassofonista romano Massimo Urbani, morto nel 1993 all’età di 36 anni, che proprio a Monte Mario era nato e cresciuto. E’ lui a svettare sulla locandina dell’evento, nell’atto di “baciare” il suo immancabile compagno di viaggio.
Urbani, orgoglio di un quartiere. Ma sarebbe riduttivo considerarlo solo tale. Perché lui è stato uno dei maggiori interpreti del jazz a livello nazionale. Il suo immenso talento fu riconosciuto ed apprezzato dai più grandi maestri italiani ed internazionali. In Italia suonò nei più importanti festival jazz e collaborò con moltissimi artisti. Inoltre la sua interpretazione di Everything Happens To Me, dall’album The Blessing, è considerata la migliore mai realizzata.
Fin da giovane, però, iniziarono a manifestarsi in lui i primi sintomi di quel disagio esistenziale che lo avrebbe condotto lentamente all’autodistruzione. Consumato da alcool e droghe, morì il 23 giugno 1993 per un collasso cardiocircolatorio.
In suo onore fu istituito nel 1996 il Premio internazionale Massimo Urbani, riconoscimento sacrosanto a colui che aveva contribuito ad aprire una strada imponendosi come protagonista di un genere che a partire dagli Anni ’70 iniziò ad essere apprezzato anche dal grande pubblico e studiato nei conservatori da una generazione di ragazzi che in esso vedeva un canale di sfogo più colto del rock per manifestare la propria protesta giovanile. Forse perché già allora il rock aveva perso la sua spinta propulsiva e iniziava a ripiegarsi su se stesso. E allora c’era bisogno di nuovi sbocchi.
Urbani fu uno dei precursori e Monte Mario uno dei laboratori in cui quella rivoluzione veniva sperimentata. Il sassofonista era solo la punta dell’iceberg di una scena in costante fermento e il quartiere, quell’anima jazz non l’ha mai smarrita. Così come non ha mai smarrito il patrimonio di storie, percorsi, aneddoti e personaggi che a quell’anima erano e sono legati. Quanto forte ancora lo vedremo nel weekend ma è lecito aspettarsi che, ancora una volta, passato e presente si rincorreranno per ritrovarsi uniti in un solo istante.
Valerio Di Marco
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