Dall’8 al 17 maggio il Teatro Olimpico, in collaborazione con l’Accademia Filarmonica Romana, ospiterà l’ultimo appuntamento della quinta edizione del Festival Internazionale della Danza. Sul palco ci saranno i Mummenschanz, la storica compagnia italo-svizzera di teatro visivo che mette in scena le suggestioni dei gesti silenziosi.
Niente scenografie, niente musica, niente parole. Scelta controcorrente, in questi tempi sovraccarichi e “caciaroni”. Impresa complicata, comunicare per sottrazione e trasmettere impulsi poetici sottotraccia. I Mummenschanz lo fanno egregiamente dal 1972, da quando, dopo alcuni anni di sperimentazione, la compagnia venne fondata dagli svizzeri Bernie Schürch e Andres Bossard (scomparso nel 1992) e dall’italiana Floriana Frassetto.
Qualcuno li ha definiti “les musiciens du silence” e certamente sapeva di cosa stava parlando, anche se in definitiva questa formula sta stretta ai Mummenschanz. Quando in teatro si spengono le luci e si accettano le regole del gioco, si entra in un mondo parallelo e azzerato, in una realtà inizialmente destrutturata, in un tempo fatto di molti tempi, spesso rallentati, dilatati.
Grazie al talento di questi artisti – dei quali non vediamo mai i volti – gli oggetti di uso (e abuso) quotidiano prendono vita, le forme si plasmano, si rimodellano e interagiscono, le ombre inseguono le luci. Ecco che, quindi, lo spazio si riempe, l’edificio si costruisce, il racconto si imbastisce e la poesia si trasmette. Ecco che, quindi, la scenografia è nel movimento, la musica è nella narrazione, le parole sono nei gesti.
È davvero sorprendente come i Mummenschanz riescano a trasmettere un caleidoscopio di suggestioni attraverso sacchetti dilatati, resti di tubo a fisarmonica, bidoni, fili di ferro, serpentine luminescenti, stralci di stoffa e pezzi di cartone.
“In questo spettacolo, che si arricchisce di nuovi sketch ancora mai presentati a Roma” – dice Floriana Frassetto – “c’è tutto il nostro linguaggio: poetico, ironico, stimolante, provocante per la fantasia e per il gioco e pieno di emotività. Siamo uno spettacolo per un pubblico dai 6 ai 106 anni!”.
Giovanni Berti
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