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Luca Pancalli, l’uomo del Cip è fatto così

Galvanica Bruni

pancalli240a.jpgSempre in prima linea, con coraggio e determinazione, e senza mai scendere a compromessi. O la va o la spacca, è sempre stato questo il motto di Luca Pancalli, come quando, da Commissario della Federcalcio, criticò la decisione di Guido Rossi nell’assegnare lo scudetto 2006 all’Inter, posizione che gli procurò non pochi nemici.

Fondatore del Comitato Italiano Paralimpico, Luca Pancalli è fatto così. Porta avanti le sue idee a dispetto dei santi, costi quel che costi. La forza gli deriva forse dal suo passato di pentathleta: 8 medaglie d’oro, specialità nuoto, in quattro edizioni dei Giochi Paralimpici.

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E VignaClaraBlog.it ha voluto incontrarlo per un’intervista a tutto tondo.

Presidente, grazie a lei lo sport paralimpico ha finalmente avuto il posto che merita. Quali difficoltà ha incontrato e incontra tutt’ora?
La crescita del nostro movimento non è figlia di un solo padre, come accade, del resto, in tutti quei processi riformatori che hanno bisogno di tempo, attenzione, determinazione e tanto, tanto lavoro per raggiungere i traguardi che ci eravamo prefissati nel 2000, anno della mia elezione a presidente dell’allora Federazione Italiana Sport Disabili.

Se oggi siamo una realta’ conosciuta, apprezzata per i nostri valori, lo dobbiamo a tante componenti, in primis quei meravigliosi campioni che sono ragazze e ragazzi disabili che, attraverso lo sport, hanno saputo lanciare un messaggio di straordinaria capacita’ di ritagliarsi uno spazio nella propria vita.

Potrei fare decine di altri esempi analoghi, dalle lettere di genitori che ci chiedevano come far praticare sport al proprio figlio disabile dopo il successo sportivo ed in termini di comunicazione dei Giochi Paralimpici di Londra nel 2012, ma mi piace pensare all’ultimo, in ordine di tempo, con la creazione di un gruppo sportivo paralimpico all’interno del Ministero della Difesa, segnale straordinario di una crescita culturale della società in cui viviamo, avviando allo sport militari divenuti disabili nello svolgimento del proprio dovere.

Trovo sia l’esempio più calzante per far passare un concetto di cultura della normalità e per far capire alla gente che lo sport e uno ed uno solo e che è in grado di abbattere steccati precedentemente invalicabili. Sappiamo, però, che c’è ancora molto da fare per raggiungere tanti ragazzi e ragazze disabili e per far comprendere loro che lo sport è uno straordinario strumento per riappropriarsi della propria vita.

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Dalle sue prime parole capiamo quanto sia importante lo sport per Luca Pancalli. A questo punto ci viene spontaneo chiedergli cosa rappresenti lo sport in quanto, come ha da sempre affermato, è stato il suo grande sostegno nel momento più difficile della sua vita
Lo sport è la mia vita. Vivo in questo mondo da sempre, da quando, studente di una scuola romana, correvo da una parte all’altra di questa citta’ per inseguire un sogno, quello della Maglia Azzurra e di una medaglia olimpica che volevo veder infilata al mio collo, con tanto di inno di Mameli e lacrime a rigare il viso.

Non ci sono riuscito da pentathleta, a causa dell’incidente che, a 17 anni, ha chiuso una strada, ma ne ha aperta un’altra. Ho vissuto quelle emozioni, è stato meno semplice di come avevo immaginato, con un percorso riabilitativo difficile e lungo, superato grazie alla mia famiglia e ad un carattere che non voleva arrendersi al destino.

Ho partecipato a quattro edizioni dei Giochi Paralimpici, ho pianto per la Maglia Azzurra, ho ascoltato l’inno di Mameli, ho avuto momenti di gioia sconfinata e delusioni pazzesche. Da atleta, perché lo sport non fa sconti, a nessuno.

Smessi i panni di atleta, mi sono dedicato allo sport, dedicando la mia vita a quei ragazzi che, come me, volevano inseguire un sogno, ma anche per coloro che, attraverso lo sport, vogliono soltanto esercitare un proprio diritto: quello di scelta. Oggi, se potessi tornare indietro, rivivrei tutto della mia vita, perché ho imparato ad apprezzare cose a cui la maggior delle persone non riesce a dar valore.

Come sono a Roma le strutture per i disabili?
Roma è stata la culla dello sport paralimpico in Italia. Nel 1960, questa nostra straordinaria citta’, soprattutto il quadrante dove viviamo, ha ospitato la prima edizione dei Giochi Paralimpici, un evento che, all’epoca, non sollevò certo entusiasmi particolari, ma gettò il seme per un percorso che, ancora oggi, vede societa’ storiche come il Santa Lucia Roma e, in tempi meno recenti, il Don Orione, avviare alla pratica sportiva migliaia di persone disabili, in strutture interne ai due istituti, creando i presupposti per una tradizione sportiva fortissima e capace di dare impulso anche alla nascita di altre realta’ sportive sul territorio, che hanno dovuto, però, fare sempre i conti con strutture sportive spesso inadeguate ed inaccessibili, sulle quali è stato fatto – e continua ancora oggi – un lavoro continuo di abbattimento delle barriere architettoniche”.

Quanti sono nella nostra città gli atleti disabili?
Difficile indicare il numero di atleti paralimpici romani. Di sicuro, come accennato precedentemente, abbiamo societa’ che hanno fatto la storia di questo movimento.

Oltre alle sopra citate, penso al Villa Fulvia, all’Ascip Ostia, luoghi di formazione tecnica ed umana, ma anche fucine di talenti straordinari nel passato e nel presente di alcune discipline, in particolare scherma e basket in carrozzina, nuoto e tiro con l’arco, tennis tavolo e atletica leggera.
Qui sono nato e qui sono cresciuto sportivamente parlando, qui ho raggiunto i miei obiettivi.

Molti, tra l’altro, provengono da incidenti stradali. Quale messaggio vuole dare ai giovani?
Sono dati agghiaccianti quelli che riguardano, purtroppo, l’infortunistica stradale. Parliamo di circa 2000 persone, ogni anno, che divengono disabili in seguito ad un incidente stradale, in auto o moto. E in una metropoli come Roma, dove c’è un uso enorme dei mezzi a due ruote, questo rischio aumenta in maniera esponenziale.

Dico loro che ci sono tanti obiettivi da raggiungere, nella vita. Non sprechiamola, non gettiamola via per un uso sconsiderato di alcol, droga, o per la velocita’ con cui conduciamo un mezzo a due o quattro ruote. Se dovesse però capitare, ricordo loro che si può e si deve ricominciare un percorso e che lo sport è un mezzo straordinario per tornare in pista”.

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Soffermiamoci adesso sulla zona di Roma nord, ricca di impianti sportivi e chiediamo al Presidente se tutti sono facilmente accessibili ai disabili
Oggi gli impianti sono accessibili o parzialmente accessibili. Roma Nord è ricca di impianti sportivi, alcuni dei quali rappresentano il fiore all’occhiello della nostra città.

Penso all’accessibilità di una struttura come quella del Foro Italico e ad eventi di importanza internazionale che ospita, come il trofeo Sette Colli di nuoto o gli Internazionali d’Italia di tennis, che ormai da anni coinvolgono anche atleti disabili.

Penso ai due Palazzetti dello Sport dell’Eur e di viale Tiziano, non del tutto accessibili ma in grado di accogliere manifestazioni di sport paralimpico, come gare di basket in carrozzina ai tempi della Elecom o la prima edizione della Giornata Nazionale dello Sport Paralimpico.

Discorso diverso per quanto riguarda lo Stadio Flaminio, il discorso è molto più ampio e non coinvolge soltanto la sua accessibilita’, quanto il suo utilizzo, il cui recupero resta comunque un obiettivo importante di questa amministrazione, considerato il ruolo storico che riveste tale impianto e l’utilita’ che può avere per la dimensione sportiva non soltanto in questo quadrante della citta’.

Immagino, altresì, la realizzazione, al suo interno, di un museo dedicato a Pierluigi Nervi, l’architetto che lo realizzò in vista dei Giochi Olimpici di Roma 1960, ma trovo perlomeno singolare che, per un problema che esiste almeno da una decina di anni, si debba dare una soluzione in un battito di ciglia”.

A Roma nord, tra l’altro, c’è una lunga pista ciclabile che però è mal ridotta, poco sicura e non permette ai disabili di frequentarla
E’ un discorso che coinvolge il piano di mobilita’ dell’intera citta’ e della manutenzione di ciò che esiste. E’ vero, sono frequenti le segnalazioni di piste ciclabili incautamente utilizzate, con interventi manutentivi urgenti, ma la volonta’ della Giunta Comunale è quella di individuare soluzioni ad un problema che si trascina ormai da anni.

Sarebbe importante che, in questo caso, i cittadini stessi facessero un uso idoneo della pista ciclabile e non come altra strada per motorini o, addirittura, auto.
E’ comunque vero che dobbiamo assolutamente adeguarci alle altre capitali europee in tema di attenzione alle due ruote, un modo facile ed ecologico di vivere la città, ma che deve essere fatto in piena sicurezza”.

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Ma Luca Pancalli, oltre ad essere Presidente del CIP, dal giugno 2013 è anche Assessore alla Qualità della vita, sport e benessere nella Giunta Marino. E così gli chiediamo: cosa chiede alla Città di Roma?
Maggiore educazione e attenzione, con la consapevolezza che l’attenzione rivolta alle persone disabili è indice di civiltà della società in cui viviamo. La nostra città, spesso, si dimostra poco amichevole nei confronti delle persone disabili, ma anche ad anziani e mamme con i passeggini.

Penso alle pedane dei mezzi pubblici spesso guaste, agli scivoli occupati dalle macchine o ancora ai sanpietrini ed alle buche che rendono complicata la viabilità per una carrozzina.

Da disabile dico che molto deve essere fatto, da amministratore concordo nel dire che tanto vorremo fare, con le poche risorse economiche a nostra disposizione, ma a volte basterebbe soltanto un pizzico di civilta’ in più per raggiungere l’obiettivo.”

Concludiamo l’intervista chiedendo al Presidente una riflessione su due tra i più famosi atleti paralimpici: l’ex pilota di Formula Uno Alex Zanardi e Giusy Versace. Il primo un esempio di volontà e di serenità per tutti noi che in questi giorni ha gareggiato nel campionato mondiale di Iron Man Triathlon, la prova più faticosa al mondo (che consiste in 4 km a nuoto, 18 km in bicicletta e 42 km di maratona), centrando l’obiettivo di arrivare al termine della durissima competizione. La seconda, mix di forza-tenacia-bellezza, concorrente della nuova edizione di “Ballando con le stelle”, lo show di RaiUno condotto da Milly Carlucci.

Luca Pancalli non ha dubbi e ci risponde così.
Alex è un campione e sono i tanti e straordinari risultati a dirlo, dai due ori e l’argento alle Paralimpiadi agli ori Mondiali sino all’ultima e sorprendente prova agli Iron Man. Ogni volta si rimette in gioco, accettando sfide che potrebbero sembrare impossibili anche a duna persona normodotata.

Alex è l’esempio che nella vita si può far tutto, basta volerlo, come però lo sono la romana Oxana Corso, che si divide tra scuola e piste di atletica leggera, Alessio Sarri, schermitore in carrozzina e campione del mondo della sua categoria, come i ragazzi della pallacanestro in carrozzina del Santa Lucia, che vantano un palmares nazionale ed internazionale da brivido.
Ognuno di loro è un esempio di vita, di sfida vinta, di convinzione e determinazione che hanno la meglio sugli incidenti che ci riserva la vita.

Giusy è una persona fantastica sul piano umano ed un’atleta che, ormai da anni, gareggia a buoni livelli. Ciò che fa dentro e fuori i campi di gara contribuisce a far passare quel messaggio di normalità di cui il nostro movimento si nutre. Ballare è, anche in questo caso, un diritto ma, soprattutto, uno straordinario messaggio di normalita’, un esempio di gioia e speranza per tanti altri ragazzi e ragazze disabili.

Ilaria Galateria

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