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Domani ti porto a Civita Castellana

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gita.jpgDove andiamo domani? Dove ti pare, basta che restiamo nei paraggi, non piove e si mangia. Nient’altro? Facevi prima a dire che volevi restartene a casa tutto il giorno! Stop, fermo immagine. Le poche battute che avete appena letto sono il tipico incipit della classica litigata in famiglia avente ad oggetto la gita domenicale.

Quante volte vi siete chiesti perché, se anche Dio il settimo giorno si riposò, a voi invece la domenica tocca fare gli esploratori. E, se proprio necessario, perchè diavolo andare a sbattere chissà dove quando è pieno di posti da visitare ad un tiro di schioppo da Roma nord. La gita domenicale è d’obbligo ma che almeno non sia un’ammazzata.

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Domenica ti porterò sul lago, cantava Concato, ma spesso le cose non stanno così. Di solito è lui che passerebbe la giornata sul divano e lei che andrebbe in capo al mondo. E di solito è lui che soccombe. Tuttavia, se uno ci sa fare, con un po’ di fortuna e qualche buona giocata può riuscire a strappare un paio di concessioni sulla distanza e sulla natura del vettovagliamento.

E allora, dopo le riappacificazioni di rito le cui modalità possono variare da coppia a coppia, apriamo la nostra bella Google-maps e partiamo da Roma Nord alla ricerca di qualche località nel viterbese dal nome esotico e complesso quanto basti per fare breccia nella testa di una donna, nella malcelata speranza che questo avvenga il prima possibile e contrattando sull’ampiezza di ogni singola “rollata” sullo schermo del nostro smart-phone.

Rolla che ti rolla, la prima località che sembra avere un suo perchè è Civita Castellana. Il nome è in grassetto, sarà importante. Chissà quante volte l’abbiamo sentita nominare. La famosissima Civita Castellana. Sulla mappa pareva un’eternità, ma il calcolo della distanza dice solo 50 km. Se po’ fà.
Come arrivarci ? Percorrendo la Cassia dal bivio de La Giustiniana in direzione Viterbo per una buona quarantina di minuti e imboccando l’uscita “Nepi-Civita Castellana”. Facile.

Civita Castellana, un tempo chiamata Falerii Veteres, era l’antica città dei Falisci, popolazione che in quanto a storia e tradizioni se la gioca quasi alla pari con gli Etruschi.

Popolo di guerrieri, i Falisci, finirono inevitabilmente per scontrarsi con gli aneliti imperiali di Roma, dalla quale rimediarono una sfilza di sberle tanto sonora da costringere i pochi sopravvissuti a mollare baracca e burattini e trasferirsi qualche chilometro più a nord per fondare una nuova città, Falerii Novi, essa stessa ricca di reperti archeologici e testimonianze storiche di un passato che fu.

Ma torniamo alla “Veteres”. Centro nevralgico della città è Piazza Matteotti, dove, su uno dei due lati corti, ha sede il Palazzo del Municipio.

Nel mezzo della piazza c’è la Fontana dei Draghi, realizzata nel 1585 sotto il pontificato di Gregorio XIII Boncompagni, in onore al drago, simbolo araldico della sua stirpe.

Sul lato opposto al Municipio sorge invece la Chiesa di San Francesco, che all’interno ospita due dipinti di grandissimo valore: il San Bernardino di Sano di Pietro e l’Adorazione del Bambino di Antoniazzo Romano.
Altra particolarità della piazza è il balcone dal quale nel 1848 Ugo Bassi, predicatore risorgimentale e fervente sostenitore della Repubblica Romana, si affacciò e tenne il suo discorso ai “civitonici” (così si chiamano gli abitanti di Civita Castellana).

Infine, stesso palazzo e stessa facciata del balcone, è possibile ammirare i due orologi solari – ancora funzionanti – che in passato scandivano le ore del lavoro e della preghiera. Quello di sinistra è il più antico, quello di destra, il più recente, introdotto dai francesi dopo l’occupazione di inizio Ottocento.

Ma ecco che, a proposito di orologi, ci chiediamo se non sia ora di andare a mangiare. Non eravamo venuti per questo ?

E così, per la gioia del nostro stomaco che della cultura non sa che farsene (Tremonti dixit), ci dirigiamo verso quella che ha tutta l’aria di essere la più rustica, unta e bisunta tra le trattorie del posto, e ci concediamo un bel pranzetto luculliano a base di tagliatelle ai porcini, scaloppina di manzo, patate fritte e dolce della casa. Per concludere, caffè e ammazzacaffè, in barba alla spending review.

A questo punto, con l’entusiasmo e la voglia di chi si concederebbe volentieri una “pennichella” pomeridiana sulla prima panchina pubblica che gli capita a tiro, riprendiamo il nostro cammino alla ricerca dei tesori di Civita Castellana.
Proseguendo in salita per i vicoli angusti e medievali della città si giunge in Piazza San Gregorio, dove sorge la chiesa omonima, risalente al XII secolo.

Ma la meta del nostro viaggio è un’altra piazza, quella del Duomo dei Cosmati, costruito sempre nel XII secolo dalla nota famiglia di marmorari romani.

La facciata è tripartita e su di essa si innalza il campanile, mentre una grande scalinata conduce al portico.
Il portale di accesso è ornato da due leoni stilofori che stringono tra le zampe due uomini e rappresentano il Male che impedisce al fedele di accedere alla salvezza.

L’interno presenta un’unica navata e otto cappelle laterali comunicanti. L’altare maggiore è costituito da un sarcofago paleocristiano e da esso si accede alla cripta, che è di sotto.

Tuttavia, l’attrazione principale del Duomo è l’organo: sembra infatti che sia stato suonato da Mozart nel 1770 quando, in viaggio da Roma, si fermò a Civita Castellana. Chissà se pure lui contrattava sulle distanze.

Oltre la piazza del Duomo, sullo sperone occidentale del pianoro di Civita Castellana, si erge il Forte Sangallo, costruito intorno al 1495 per volere di papa Alessandro VI Borgia – da qui la denominazione ufficiosa di Forte Borgiano – e terminato sotto il pontificato di Giulio II, lo stesso che commissionò a Michelangelo il Mosè.

Residenza papale fino alla fine dell’Ottocento, il Forte fu successivamente adibito a carcere prima politico e poi militare. Durante la seconda guerra mondiale fece da rifugio a numerose famiglie di sfollati.

Oggi, al suo interno ospita il Museo nazionale dell’Agro Falisco, ricco di reperti archeologici provenienti dal territorio circostante.

Altro importante polo espositivo è il Museo della Ceramica, con opere dei più importanti artigiani locali, oltre a manufatti e cimeli vari messi a disposizione da privati cittadini.

Scendendo più a valle, infine, è possibile ammirare la Chiesa S.ta Maria del Carmine, la più antica di Civita Castellana, risalente addirittura alla nascita della diocesi, VIII-IX secolo.

Ma Civita Castellana è anche presente oltre che passato, il che ci rincuora perchè fino a questo momento, trattoria a parte, per le strade non si era vista anima viva fatta eccezione per una vecchietta che non vedeva l’ora di raccontare la storia della sua vita al primo che le chiedesse indicazioni.

Fortuna che nel tardo pomeriggio il centro si rianimi e il Corso si trasformi in un fiume di gente che cammina su e giù leccando il gelato. Ecco, un bel gelato a quest’ora è proprio quello che ci vuole. Anche se, in verità, manca ancora un tassello per concludere l’itinerario.

Entriamo in un bar e con l’occasione chiediamo al barista romeno dove si trova quel famoso ponte di Civita Castellana di cui non ricordiamo il nome, come no, quello ritratto anche in un celebre dipinto del 1836 dell’artista inglese Edward Lear.

Ebbene, alla parola ritratto inizia a guardarci strano, a 1836 la soglia dell’attenzione è crollata inesorabilmente, e a Lear tanto vale non arrivarci nemmeno. Tuttavia, il Nostro d’un tratto ha un sussulto d’orgoglio e ci indica col ditino un quadretto appeso al muro con incorniciata la stampa stilizzata di un dipinto raffigurante un ponte: “Dite quello ?” “Sì, è lui!”.

“Lui”, è il Ponte Clementino, il “francobollo” di Civita Castellana, affacciandosi dal quale si può godere della veduta più romantica e mozzafiato della città. 54 metri a strapiombo sulla vallata del Rio maggiore. La natura a volte sa essere meravigliosa. Anche se poi la veduta migliore è sempre quella della persona che hai di fianco, senza la quale forse nessun panorama sarebbe così bello.

Valerio Di Marco

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