Home AMBIENTE Flaminia, la consolare del degrado

Flaminia, la consolare del degrado

Fabrizio Azzali

lacelsa120.jpgL’intera area a cavaliere della Via Flaminia che dalla zona archeologica di Grottarossa arriva fino a Labaro è in una situazione di grave trascuratezza: montagne di rifiuti, piccole discariche, baracche e buche nell’asfalto che sembrano crateri. Eppure ci troviamo in una zona “virtualmente” protetta che da Tor di Quinto sino a Malborghetto sfoggia piccoli e grandi tesori: la Tomba dei Nasoni, Monte delle Grotte, Saxa-Rubra, il monumento funebre de La Celsa, la Villa di Livia.

Un patrimonio archeologico forse poco conosciuto e che andrebbe salvaguardo dai danni del tempo e dal degrado che in queste zone sembra esprimersi al meglio.

Continua a leggere sotto l‘annuncio

Il nostro viaggio odierno nell’abbandono di via Flaminia ha inizio dall’area archeologica di Grottarossa, quella con i due mausolei e la peschiera, e termina a Labaro.
Sotto il cavalcavia in cemento armato dove un tempo era stato ricavato un dormitorio ora non c’è più nessuno ma la rete metallica messa a sbarrare l’accesso è stata divelta. All’interno rifiuti ed escrementi neppure fosse uno di quei bagni delle aree di servizio autostradali.

Procedendo sulla Via Flaminia si raggiunge la stazione di Saxa Rubra, un importantissimo snodo per chi proviene dai paesi a Nord della capitale.

Qui arrivano con la ferrovia tantissimi pendolari oltre agli automobilisti che decidono di lasciare la propria vettura alle porte di Roma; la stazione è come tutte le stazioni molto frequentate. Il degrado interessa le aree limitrofe. Marciapiedi ricoperti dalle erbacce, rifiuti e detriti di ogni genere e l’asfalto che sembra una groviera forse a causa del continuo passaggio dei bus.

Anche se si sta procedendo a rigenerare il manto stradale nei pressi delle fermate la situazione è generalizzata e veramente drammatica.
Non parliamo di piccole buche ma di vere voragini ampie anche dozzine di metri e ricolme di acqua piovana e fango.
I grandi bus vi entrano come transatlantici sollevando montagne di acqua sporca.

Nonostante il grandissimo parcheggio le auto sostano a ridosso della stazione occupando ogni spazio libero: sui marciapiedi, davanti ai cassonetti e ai cancelli. Se fosse possibile si spingerebbero fin dentro le biglietterie.

Lasciato l’ampio e squallido piazzale andiamo diritti verso il GRA; la strada costeggia il Tevere e la ferrovia e l’assenza di pulizia e manutenzione è fin troppo evidente. L’asfalto presenta toppe e ampie fenditure mentre la vegetazione, alta quanto un uomo, ha invaso le banchine. Rifiuti e sporcizia in ogni luogo.

Prima della fermata de La Celsa c’è uno slargo con un mobilificio; qui i cancelli in ferro di un’area privata sono stati divelti e l’interno oggi serve come una discarica. Vecchi mobili, frigoriferi e una montagna di copertoni il tutto condito dall’umidità che trasuda dall’alto. La presenza di un’ampia piazzola di sosta facilita evidentemente le operazioni di scarico.

L’area archeologica de La Celsa sorge su di un ampio sperone di tufo che guarda il fiume; il mausoleo romano a base quadrata, ricoperto un tempo di travertino, affaccia su di un esedra con cavità funerarie e oggi è stretto da un gran numero di edifici moderni.

Sempre alla base della parete tufacea, accanto a cavità naturali, sono stati scavati nella roccia alcuni ambienti, probabilmente tombe rupestri.

In altri paesi meno ricchi di storia e archeologia questi luoghi verrebbero conservati come una reliquia; da noi è naturale che li si abbandoni, il che vuol dire trasformarli in abitazioni per vagabondi e senza tetto.

La grande caverna che affaccia sulla Flaminia oltre a raccogliere una gran quantità di rifiuti è diventata anche una casa; un paio di tende e un set di stoviglie ce lo confermano.

Stesso destino per altre grotte scavate in tempi lontanissimi dove si possono distinguere piccoli vani, volte e nicchie; sul pavimento un mare di rifiuti mentre le pareti sono oramai completamente annerite dal fuoco di bivacchi improvvisati.

Non è da escludere che il calore di questi falò possa aver indebolito la volta superiore rendendola poco sicura.

Arrivati a questo punto è giusto fare una precisazione a totale beneficio del lettore: non sempre la ricerca di questi “tesori” si presenta facile ed agevole. Anche se a Roma Nord la “monnezza” è sempre a portata di mano a volte bisogna anche saperla cercare. Prestare attenzione alle tracce, capire se una zona è appetibile o meno, individuare il movimento discreto di chi ha deciso di colonizzarla.

Il che vuol dire infilarsi, magari sotto la pioggia, su sentieri sporchi e fangosi, attraversare pozzanghere, saltellare tra cumuli di feci; il tutto per fotografare uno scempio che lascia sempre senza parole.

Anche questa volta, alla fine di questo piccolo tour dell’orrore, siamo senza parole; sappiamo per esperienza che l’AMA compie grossi sforzi per mantenere pulito il territorio ma evidentemente l’assenza di controlli e l’inciviltà di alcuni di noi non consente di vincere questa battaglia.

E così ci ostiniamo, con impegno e poca speranza, a documentare il declino del nostro territorio: appuntamento quindi alla prossima discarica.

Francesco Gargaglia

riproduzione riservata – proprietà EdiWebRoma

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

1 commento

  1. PARCO ARCHEOLOGICO DELLA VIA FLAMINIA SUBITO!!!

    Subito tutela dell’area da Tor di Quinto a Prima Porta, subito turismo, decoro, slancio all’economia! Basta immobilismo dei politicanti di quartiere, basta marchette ai soliti palazzinari abusivi, basta permessivismo e lassismo nel controllo del territorio.
    Il Parco Archeologico porterebbe ricchezza a tutto il quartiere, il Municipio si muova!

LASCIA UN COMMENTO

inserisci il tuo commento
inserisci il tuo nome