Home ARTE E CULTURA “Prima Porta Labaro e Grottarossa”: ricerche e scoperte di Vittorio D’Amico

“Prima Porta Labaro e Grottarossa”: ricerche e scoperte di Vittorio D’Amico

Galvanica Bruni

Per la nostra rubrica cibo per la mente presentiamo la seconda pubblicazione sulla storia dei quartieri-limite di Roma Nord di Vittorio D’Amico dal titolo “Prima Porta Labaro e Grottarossa. Storia, immagini e attualità”. Un testo e tante immagini dal sapore di memorie da non dimenticare, un viaggio a ritroso nel territorio che vale come percorso di identificazione comunitaria di cui questa terra di confine di Roma Nord ha bisogno. Ne parliamo con l’autore.

Cosa l’ha spinta a scrivere questo secondo libro ampliando i suoi orizzonti anche a Prima Porta e Grottarossa? Volevo scrivere un nuovo testo su Prima Porta, un territorio molto vasto e altrettanto ricco di storia, ma ho pensato che solo Prima Porta sarebbe stato riduttivo così ho inserito anche Labaro levando ciò che avevo già scritto, aggiungendo cose nuove e lasciando le fotografie più importanti. Poi ho pensato di aggiungere anche Grottarossa, perché in fondo è una zona deserta di popolazione ma molto ricca di storia.

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Il libro è composto principalmente da immagini, gli spunti, quindi, sono più visivi che narrativi, come mai? Non è stata una scelta, è venuto così, poi ho aggiunto qualche storia personale. Inoltre nella stesura di questo secondo libro mi sono trovato ancor più convinto nel voler mettere più immagini perché la gente legge poco.

Quanto tempo le è servito per scrivere, ma soprattutto ricercare tutto il materiale? Per quanto riguarda il primo libro ho impiegato sette anni, perché la ricerca è stata discontinua e insicura. Per me scrivere un libro significava raggiungere il massimo della mia vita, era un tassello mancante visto che avevo già raggiunto altri traguardi. Un libro per me era una cosa insperabile, un sogno che poi è diventato realtà.

Il secondo libro “Prima Porta, Labaro e Grottarossa” mi ha richiesto due anni precisi. Ho iniziato a pensarlo e a raccogliere i primi materiali nel 2009 ed è uscito a luglio del 2011. A dire la verità ho impiegato anche più tempo del previsto perché non avendo il computer mi sono dovuto affidare a coloro che mi ripassavano gli appunti, poi alla fine ho trovato un persona squisita che mi ha aiutato e che tra l’altro ho ringraziato sentitamente nel testo, l’ing. Vinicio Brambilla.

Dove e come ha reperito il materiale? Ho fatto di tutto. Andavo in giro, facevo fotografie, mi presentavo nelle case, chiedevo altre foto, andando davvero porta per porta. Ho visitato anche i posti più nascosti, anzi sono partito da questi, spostandomi dalle periferie al centro dei quartieri descritti. È stato bello scoprire zone nuove, case e persone mai conosciute, rinnovare i contatti con persone che conoscevo già o creando nuovi rapporti con chi non conoscevo.

Le ricerche storiche ed archeologiche le ho condotte allo stesso modo, per esempio a Malborghetto ho assillato di domande le famiglie e gli anziani, oppure sono andato nelle biblioteche e al laboratorio di aerofotogrammetria del Ministero per i Beni e le Attività Culturali per reperire tutte le foto aeree.

Di tutte le persone che ha citato qualcuno si è fatto risentire, si sono riallacciati dei rapporti che si erano persi? E’ successo un po’ di tutto, qualcuno mi ha rimproverato e altri mi hanno fatto notare degli errori. Per il resto sì, si sono anche riallacciati dei rapporti, per esempio tra due persone che ora vivono a Ciampino.
Inoltre molto ha giovato e sta giovando il passaparola anche tra persone citate o che, per esempio, hanno trovato la loro foto dell’asilo. Le reazioni nel complesso sono state le più contrastanti, chi mi aveva sbeffeggiato poi mi ha apprezzato e viceversa. È successo di tutto, come nella vita.

C’è qualche bell’episodio, qualche aneddoto che può raccontarci? Non c’è un aneddoto preciso, ma la cosa più importante è che ho trovato tante persone e famiglie per bene, modeste, semplici, alla mano. Mentre prima conoscevo tanta gente più negativa, con questa esperienza ho avuto la sensazione che nascoste, che non si vedono, ci siano tante persone positive.
L’esperienza più bella è stata questa, aver incontrato tutta questa brava gente che mi ha ascoltato o che mi ha raccontato qualcosa e che è stata generosa dandomi foto o ritagli di giornali storici.

Secondo lei per la comunità di Labaro, Prima Porta e Grottarossa questo libro che significato ha, può essere visto come un elemento aggregante? In questi mesi ho capito che il mio libro è conosciuto e molti ne parlano, vedo per esempio che in molti mi fermano chiedendomi delle spiegazioni. Quindi trovo che sia molto importante perché lega la zona, è la base storica dei nostri quartieri.

Certo, secondo me, già tra due o tre anni qualcun’altro lo dovrà rifare, ma questo testo può essere la prima pietra, inoltre le fotografie più storiche le ho messe io. Il libro, quindi, è molto importante perché in qualche modo unisce le persone, è un ricordo sotto tutti i punti di vista.
Per esempio ho messo documenti antichi come l’elenco telefonico, anzi l’elenco telefonico diviso non in ordine alfabetico, ma per strade. Per cercarlo ho chiamato l’attuale Telecom che prima era la Sip e prima ancora la Teti, ed ho contattato la sede storica di Torino tempestandola di telefonate.

Questo libro è un ricordo per chi è nato in questi quartieri o per chi ci è arrivato da giovane, ma è anche un modo per conoscerli e scoprirli per chi ci vive da poco. Sì, e anche per chi ci vive da sempre può essere bello scoprire, per esempio, che Labaro si può dire che abbia 57 anni perché nel ’54 hanno messo per la prima volta la scritta Labaro quando hanno costruito la stazione ferroviaria e chiamandola Labaro, quindi ufficialmente ha 57 anni.
Però si può dire che potrebbe avere 1699 perché nel 312 Costantino ha avuto la vittoria in questa zona ed ha fatto costruire il labaro; e infine potrebbe avere anche 4117 anni perché il primo avvenimento che ho registrato è l’arrivo in queste terre del principe Comero nel 2106 a. C. per salvarsi dal diluvio universale, è una leggenda ovviamente, ma il fiumiciattolo che scorre qui si chiama Cremera proprio in onore di Comero.

Per concludere cos’ è per lei Labaro? E’ il posto più bello del mondo, ci sono nato, ci sono cresciuto, ci sono gli amici. Poi è vicino Roma, puoi arrivare in centro sia con la macchina che col trenino; il raccordo anulare ti porta in qualunque direzione tu debba andare. C’è la pianura, la cosiddetta piana, o la collina. Qui si sta benissimo, vicino a Roma, ma allo stesso tempo in campagna, da qui per esempio si vede San Pietro e la sua la cupola.
E poi c’è la storia. La nostra Flaminia è piena di tombe e qui è stata vinta la battaglia decisiva per il cristianesimo perché se Costantino avesse perso chissà cosa sarebbe successo, la storia forse sarebbe stata diversa.

Francesca D’Angelo

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2 COMMENTI

  1. Interessante l’articolo! Sapete dove posso trovare le due edizioni sui quartieri Labaro-Prima Porta di Vittorio D’Amico? Grazie

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