Home ATTUALITÀ XX Municipio – Torquati (PD): i cassonetti gialli di Monsignore vanno rimossi

XX Municipio – Torquati (PD): i cassonetti gialli di Monsignore vanno rimossi

Galvanica Bruni

Continua la saga dei cassonetti gialli. Dopo l’inchiesta di VignaClaraBlog.it che ha sollevato il velo sull’atipicità e le stranezze del caso e dopo la ricostruzione dei passaggi amministrativi, a suo dire corretti, effettuata dal Presidente del XX Municipio, Gianni Giacomini (leggi qui), è la volta del Gruppo PD che annuncia di aver presentato un’interrogazione. Il capogruppo Daniele Torquati in una nota di questo pomeriggio dichiara: “Dopo l’acquisizione degli atti fondamentali, abbiamo presentato una Question time che sarà discussa lunedì 15 novembre in Consiglio, per mezzo della quale intendiamo sapere, intanto, se sia legittima l’O.S.P. (ndr autorizzazione occupazione suolo pubblico) per i cassonetti gialli che risultano distribuiti in maniera copiosa in varie zone del territorio municipale: l’autorizzazione rilasciata, infatti, non soltanto riguarda i rifiuti urbani, ma – ex artt. 20 e 21 D.Lgs 22/97 – il suo rilascio è di competenza provinciale o comunale.”

“Il Municipio – incalza Torquati – ha accordato una autorizzazione per un numero molto inferiore rispetto ai contenitori effettivamente presenti sul territorio, sicché pare evidente che ci siano tutti gli estremi per potersi procedere alla revoca del provvedimento di occupazione di suolo pubblico (al punto 3 della Determina Dirigenziale n. 1053 del 29 Luglio 2010 è chiaramente affermato che in caso di occupazione maggiore dello spazio concesso, la parte eccedente è abusiva e il concessionario ha l’obbligo di rimuovere la violazione, pena la revoca della concessione“, ed al punto 6 che il concedente ha la potestà, per legge, di revocare la concessione in qualsiasi momento...”).”

Continua a leggere sotto l‘annuncio

“Abbiamo fiducia che il Municipio ponga rimedio al più presto alla leggerezza compiuta nel concedere l’autorizzazione in questione, con la rimozione di tutti i cassonetti, e soprattutto che lunedì, in Aula, vengano fornite adeguate spiegazioni sul rilascio di un provvedimento che – conlude Torquati –  neppure pare essere, ai sensi della normativa vigente, di competenza municipale.”

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21 COMMENTI

  1. CONSIGLIERE TORQUATI SEI ARRIVATO TROPPO TARDI . La commissione trasparenza di questo caso “cassonetti gialli” se ne gia’ occupata. abbiamo chiesto le autorizzazioni necessarie all’ufficio commercio e alla polizia municipale e abbiamo potuto constatare che le autorizzazioni ci sono , l’unica nota dolente e’ quella che i cassonetti gialli secondo le autorizzazioni dovevono essere stati collocati nei siti autorizzati. e nel numero di 17. Ma se giriamo tutto il territorio li troviamo ovunque. Per tanto dopo avere verificato tutta la documentazione necessaria ,abbiamo chiesto alla polizia municipale di rimuovere tutti i cassonetti messi nei diversi siti non autorizzati.

  2. Grazie per la notiizia fornita dal consigliere Derenti, peccato che si debba aspettareche dall’annuncio si passi ai fatti: Intanto i cassonetti gialli abusivi stanno lì e le persone in buona fede vi depositano ancora .

  3. Consigliere Derenti: non era una corsa.
    Non mi risulta che nessuno abbia protocollato nulla.
    Dopo la question time di lunedi se il suo Presidente non revoca la determina dirigenziale, presenteremo una mozione per farla rvocare, spero che lei la voti, anzi, le dirò di più, se vuole la può anche firmare.
    Cordiali Saluti

    Daniele Torquati
    Capogruppo PD XX Municipio
    danieletorquati@virgilio.it

  4. DE RENTI e TORQUATI è possibile che litiglhiate SOLO per chi si è occupato prima della questione???
    VCB ha pubblicato lo scandalo il 20 OTTOBRE!!!
    E voi, dopo quasi 1 MESE…!!!!, BATTAGLIATE su chi se ne è occupato prima dell’altro in Municipio…
    Mi permetto di darvi un consiglio: il problema non e’ quantità di quanti ne siano stati autorizzati o meno, la questione fondamentale è:
    IL MUNICIPIO HA L’AUTORITA’ , LA FACOLTA’, E LE FUNZIONI DI AUTORIZZARE UNA RACCOLTA PUBBLICA DI RIFIUTI (DI QUALSIASI NATURA) SENZA CONFRONTARSI CON: A.M.A., REGIONE, PROVINCIA, E COMUNE e, aggiungo, SENZA ALCUNA VERIFICA DEL CICLO DI RACCOLTA, TRASPORTO, TRATTAMENTO E RICICLAGGIO DI TALE RACCOLTA???
    Questa, a mio modesto parere, è il nodo dello scandalo che, a prescindere di chi possa rivendicare l’iniziativa, ( e sicuramente il primo è stato VCB..) si deve sciogliere e che dovete porre.
    Cordiali saluti

  5. Così i vestiti donati alla Caritas finiscono in mano alla camorra
    «Le associazioni di volontariato non commettono reati», spiega il magistrato Donato Ceglie (a lato) che conduce l’inchiesta. «Ma, ap- paltando la raccolta degli stracci, alimentano un giro d’affari, spes- so illegale, che finanzia la malavita» – «Noi non ne sappiamo nulla», ribattono i respon- sabili della Caritas. «Coi soldi ricavati dalla vendita dei panni, facciamo opere di benefi- cenza»

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    di Gennaro De Stefano e Mauro Suttora
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    BUTTATI O RIVENDUTI Santa Maria Capua Vetere (Caserta). Qui a sinistra, uno dei magazzini-discarica messi sotto sequestro. Come si vede, la qualità del- la merce è buona, quindi non si capisce perché dov- rebbe essere distrutta. Sotto, il mercato dei vestiti usati a Resina (Napoli), il più grande d’Europa. Qui fini- scono i capi migliori, men- tre quelli di qualità inferiore vanno nei Paesi dell’Est. Gli indumenti non riutilizzabili sono pagati 250-500 lire al chilo dagli straccivendoli che li riciclano.
    Santa Maria Capua Vetere (Caserta), ottobre
    C’ è un profilo di «immoralità che non mi riguarda, se non come uomo. Ce n’è uno di illegalità che, come magistrato, mi obbliga a esercitare l’azione penale. I giudizi morali non spettano a me».
    Donato Ceglie, sostituto procuratore presso la Pre- tura circondariale di Santa Maria Capua Vetere, cittadina ad altissima densità camorristica, è il magistrato che sta

    conducendo l’inchiesta sulla destinazione degli aiuti umanitari raccolti dalla Caritas. Tonnellate di vestiti usati sono finite in discariche abusive della provincia di Caserta, e il ricavato è stato incassato da chissà chi.
    Nel suo ufficio (due magistrati in una piccola stanza oberata da montagne di fascicoli), Ceglie spiega a Oggi, nei limiti del segreto istruttorio, i contorni di una vicenda che ha suscitato sdegno e imbarazzo: «Il dato di partenza», dice, «è che tonnellate e tonnellate di prodotti destinati alla beneficenza sono stati smaltiti illegalmente in alcune discariche abusive della zona. Il vestiario e i giocattoli che abbiamo rinvenuto, quasi tutti in buone condizioni, provengono per lo più dai Triveneto e dalla Toscana. Ora la domanda da che ci siamo posti è: da chi, come e perché è stato organizzato lo smaltimento illegale di materiale che poteva servire benissimo

    allo scopo per cui era stato raccolto? Sono vere o sono false le buste con i contrassegni delle Caritas Diocesane, della Croce Rossa svizzera e austriaca? La nostra inchiesta, fino a oggi, ha consentito di accertare che alcune buste sono vere, altre sono false, ma contengono oggetti raccolti regolarmente. E qui sta il punto di svolta».
    AL MACERO ANCHE ABITI AUSTRIACI Maddaioni (Caserta). Fra le buste di vestiti usati sequestrate nelle discariche campane, ecco un poliziotto che ne mostra una proveniente dalla Croce rossa austriaca. Il giro d’affari degli abiti «riciclati» è di circa 200 miliardi all’anno.
    Esita il magistrato, che da anni è impegnato a combattere lo smaltimento abusivo dei rifiuti tossici da parte della camorra (l’operazione «Adelfi» di qualche tempo fa mise in luce un asse Prato-Caserta identico a quello che si sta delineando in questi giorni). Non vorrebbe aggiungere ulteriori particolari. Ma alla fine lo ammette: «Secondo le nostre indagini, alcune Caritas diocesane appaltano la raccolta cedendo il marchio da apporre sulle buste, in cambio di danaro da destinare in opere di beneficenza». Prego? Come ha detto? «Sì, proprio così. E infatti a Prato vengono stampate buste perfettamente identiche a quelle della Caritas, con l’esplicita autorizzazione dell’associazione, ma nella città toscana si fabbricano anche i cassonetti gialli con le insegne della Caritas, all’interno dei quali il cittadino può depositare il sacco con gli indumenti o i gioccattoli da dare in beneficenza. Ecco allora che le tonnellate di prodotti che gli italiani ritengono debbano finire ai kosovari o ai curdi oppure agli africani del Ciad, finiscono invece nei mercati dell’usato. La capitale di tutto questo traffico è Prato e l’asse Toscana-Campagnia ha dato vita a attività che ha costo vicino allo zero e redditività inimmaginabile.

    «Certamente nel comportamento delle Caritas interessate non ci sono profili di illecito», precisa Ceglie, «però il meccanismo che si è avviato è sfociato in ampie violazioni della legge. Quanto poi al fatto che il danaro incassato dalle organizzazioni umanitarie viene utilizzato per opere di beneficenza, ciò non incide sul contenuto della nostra inchiesta».

    Da Milano la Caritas ambrosiana smentisce nettamente la ricostruzione del magistrato. «Da 14 anni, il secondo o terzo sabato del mese di maggio organizziamo in tutte le nostre 1.100 parrocchie la raccolta dei vestiti usati», spiega Paolo Lambruschi «e distribuiamo un milione e trecentomila sacchi con il nostro marchio in tutte le case. Sono sacchetti di tre colori diversi: giallo per gli stracci destinati al macero, blu per i vestiti considerati riutilizzabili e rossi per le scarpe. Tutti i sacchi sono stampati da noi, e non abbiamo mai dato il permesso a nessuno di confezionarli o di ritirarli al posto dei nostri volontari. Che poi, su più di un milione di sacchi, alcuni siano avanzati o siano stati rubati, naturalmente non possiamo escluderlo. Ma questo meccanismo delle royalties ipotizzato nell’inchiesta a noi è totalmente sconosciuto. La raccolta annuale viene effettuata dai volontari delle nostre parrocchie.

    «C’è poi un secondo tipo di raccolta dei vestiti usati», continua Lambnischi della Caritas milanese, «ed è quello tramite i cassonetti nelle strade. Per questi, lo svuotamento periodico è effettuato da sette cooperative vicine alla Caritas, che conosciamo bene, alcune delle quali sono formate da ex carcerati, ex tossicodipendenti, o rifugiati. Se qualcuno parla di “subappalto” della raccolta, può darsi che si riferisca a questa seconda modalità, che però, ripeto, è effettuata da cooperative che conosciamo».
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    Come scoprire la truffa
    Ecco i consigli per difendersi da quelle associazioni che speculano sull’usato
    C aritas e Croce rossa, a parte alcuni casi scoperti in questi giorni e sui quali la magistratura sta indagando, ma che le vedono più come vittime che come accusate, sono organismi seri di cui non si può dubitare. Pullulano invece associazioni fantomati- che che passano periodicamente a chiederci vestiti usati. Ecco come smascherarle.
    Controllate che sui volantini che annunciano la raccolta ci siano gli indirizzi e i numeri telefonici dell’associazione. Provate a telefonare. Se non ri- sponde mai nessuno, meglio non fidarsi.
    Un altro trucco utilizzato dai raccoglitori fantasma è quello di mettere una segreteria telefonica: non accontentatevi quindi dì ascoltare un messaggio re- gistrato, pretendete di essere richiamati e di parlare con un responsabile.
    Diffidate di associazioni di cui non avete mai sen- tito parlare, con nomi lunghi e astrusi, o con sedi lontane dal luogo in cui abitate.
    Le associazioni no profit sono iscritte in un regi- stro regionale, e sono obbligate a presentare statuti, rendiconti annuali, bilanci dell’attività. Soprattutto, dev’essere chiaro il fine della donazione.

    La Caritas è particolar- mente colpita e addolorata per i sospetti e le accuse che sono stati lanciati in questi giorni. «Il lavoro di migliaia di volontari viene messo in discussione», si lamenta Luciano Gualzetti, responsabile della raccolta per la Caritas milanese, «ma l’equivoco di fondo è che noi non abbiamo mai detto che i vestiti sarebbero stati spediti direttamente nel Kosovo o da qualche altra parte. È sempre stato chiaro che il 90 per cento dei vestiti usati è di così scarsa qualità che può essere soltanto consegnato agli straccivendoli. Con il ricavato di questa vendita, invece, la Caritas finanzia iniziative di solidarietà. I nostri conti sono pubblici e minuziosi fino all’ultima lira e all’ultimo chilo. Nel 1998, per esempio, abbiamo raccolto 1.359.830 chili di merce che abbiamo caricato su 89 vagoni ferroviari e che abbiamo venduto alla ditta Tesmapri di Prato per 344 milioni».

    Sono 250 lire al chilo, che possono aumentare fino a 500 se la qualità dei vestiti o degli stracci è migliore. Andiamo allora a Prato, da sempre capitale degli straccivendoli, per controllare il secondo anello della catena. Qui è arrivato a Franco Fioravanti, titolare della Eurotess, uno degli avvisi di garanzia dell’inchiesta. Ma il signor Fioravanti nega ogni irregolarità: «Ho stipulato convenzioni con le Caritas di Perugia e Rimini, e anche con un’altra associazione che raccoglie indumenti, la San Vincenzo de Paoli. Io non organizzo la raccolta, mi limito a pagare anche 500 lire al chilo il materiale che mi arriva. E che rivendo con un guadagno del dieci, massimo venti per cento ad altri commercianti, che si occupano della selezione». Il prodotto
    comprato a mille
    lire è rivenduto
    a 10 mila all’Est

    Allora, per diradare la confusione che s’è fatta in questi giorni, cerchiamo di capire un po’ meglio, risalendo a ritroso il cammino della giacca, della camicia o dell’orsacchiotto che noi, generosi e fiduciosi, infiliamo nel sacchetto che ci viene lasciato sul portone di casa, intestato Caritas Diocesana o Croce Rossa per il Kosovo, il Ruanda o simili. La nostra giacca, indossabile ma troppo piccola perché siamo ingrassati, finisce a Prato, nella ditta che ha acquistato i vestiti dalla Caritas. Viene selezionata e messa in una cesta, quella delle prime scelte. Roba buona, non lisa, che raggiungerà i mercati dell’Est o il mercato dell’usato di Resina, vicino Napoli, il più grande bazar d’Europa. All’acquirente grossista vengono chieste mille o duemila lire a capo, il prodotto verrà rivenduto a dieci o ventimila lire in Italia, in Russia o in Ungheria.

    Nella sacca, che noi abbiamo consegnato al volontario diocesano (o a chi per esso), c’è poi una camicia con il collo rovinato. Questa finisce nella cesta di seconda scelta (roba considerata «meno peggio»). Destinazione i mercati dell’Africa, venduta come stock a 500 lire al chilogrammo. Arriva poi la roba che può essere riciclata attraverso la triturazione e il successivo riutilizzo industriale nella stessa Prato. Resta la cosiddetta «monnezza», gli indumenti inservibili e non riciclabili. Questi finiscono nelle discariche della Campania gestite direttamente dalla camorra nel business delle cosiddette Ecomafie. Uno smaltimento legale costa 150 lire al chilo, la camorra si accontenta della metà, perché le discariche abusive evidentemente sono gratuite.

    «Abbiamo valutato un giro d’affari di due o trecento miliardi annui, a fronte di donazioni alle Caritas di poche centinaia di milioni», rivela il sostituto procuratore campano. «Tutto esentasse, senza controllo, niente di niente».

    Ma c’è dell’altro: perché nelle discariche abusive di Maddaloni e Santa Maria Capua Vetere sono stati rinvenuti sacchetti integri con materiali in buone condizioni? Lì dovevano finirci soltanto i residui finali, invece la roba rinvenuta era ancora da selezionare.

    «Ci sono due ipotesi alle quali stiamo lavorando», spiega il magistrato Donato Ceglie. «La prima è che la malavita organizzata abbia voluto effettuare un’operazione di consenso tra la popolazione, facendo circolare la voce che i sacchetti contenevano roba ancora di buona qualità e consentendo a molti di prelevare ciò che più interessava. E questo ci rimanderebbe un po’ ai metodi di Raffaele Cutolo che, del consenso, aveva fatto un’arma micidiale. L’altra ipotesi è che si sia cercato di distruggere il surplus perché il mercato dell’usato si stava inflazionando e i prezzi sulle bancarelle erano in caduta libera». Un po’ come si fa con le arance siciliane quando la produzione è eccessiva.

    Così sul registro degli indagati sono finiti cinque autotrasportatori e due industriali di Prato. Intanto, però, un’altra inchiesta è stata aperta a Busto Arsizio (Varese) dal sostituto procuratore Tiziano Masini. Qui è la Croce rossa a essere indagata. E anche se la Croce rossa nazionale è fuori causa, pare che involontariamente alcuni sottocomitati di piccoli paesi fra Milano e Varese abbiano indirettamente foraggiato la camorra. Infatti alcune sezioni locali della Cri avrebbero ceduto il proprio logo per cifre irrisorie (cinque milioni nel ’96, sei milioni e mezzo l’anno scorso, 15 milioni per il biennio ’99-2000) a una coppia che ha gestito la raccolta porta a porta di abiti usati che alla fine venivano venduti nei mercatini del napoletano.

    Il marchio più utilizzato era quello della Cri, ma sono stati impiegati anche altri simboli. Il materiale veniva spedito a Ottaviano, Cardite, Caivano: cioè proprio in quel triangolo sotto il Vesuvio in cui le forze dell’ordine hanno sequestrato le discariche e i depositi pieni di vestiti. I collegamenti fra la camorra e i «raccoglitori» attivi in provincia di Varese e dì Milano è dimostrato dalla comparsa di alcuni personaggi ben noti all’autorità giudiziaria. Lo scorso maggio
    un riciclatore
    napoletano è stato
    ucciso a Prato

    Tutto è cominciato alla fine dell’anno scorso a Saronno (Varese), quando una fantomatica «Confederazione europea invalidi e poliomelitici» ha raccolto indumenti usati con destinazione Prato. Qui però l’associazione scompariva, senza lasciare traccia.

    Ancora più inquietante è un fatto accaduto lo scorso maggio a Montemurlo, vicino a Prato: il commerciante di pezze Ciro Cozzolino, originario di Ottaviano (Napoli), è stato ucciso da un commando di killer. Un episodio ancora avvolto nel mistero, ma evidentemente collegato al traffico dei vestiti fra Prato e la Campania, con la benedizione della camorra. Indagini a parte, processi ed eventuali condanne dopo anni e anni di dibattimenti giudiziari, una cosa, assai desolante, colpisce nel cuore: in questo nostro disastrato Paese, anche sulla beneficenza c’è chi ne approfitta per fabbricare miliardi.

  6. Grazie a Marcello Sensi per aver postato l’articolo. Suggerisco solo di indicare, oltre agli autori, dove e quando è stato pubblicato. Leggendolo e vedendo tutti i prezzi espressi in Lire, sembrerebbe un articolo un po’ vecchiotto, anche se ciò nulla toglie alla gravità della vicenda.. Per caso sa come è andata a finire l’inchiesta?

    Inoltre (Decio Meridio), a me non sembra che Torquati si sia messo a fare la gara, anzi, nel suo commento critica proprio questo approccio di Derenti, al quale chiedo se cortesemente se può rispondere nel merito ai dubbi e alle perplessità espressi da Torquati e da tanti cittadini. Consigliere, è legittimo il provvedimento di autorizzazione di O.S.P, dato che non si tratta di due tavolini del bar ma di cassonetti per rifiuti? Nel caso il provvedimento risultasse legittimo – e quindi non annullabile – intendete revocare la concessione, visto che nella Determina (citata da Torquati) sono presenti tutti i presupposti per farlo?
    E inoltre, le pare giusto (oltre che corretto) che debba essere la Polizia Municipale (come lei scrive) a rimuovere tutti cassonetti abusivi, quindi con un costo economico per la collettività? Non dovrebbe pensarci chi ha commesso l’illecito, a sue spese e in tempi certi (e brevi)?
    Grazie

  7. Diffidate di associazioni di cui non avete mai sen tito parlare, con nomi lunghi e astrusi, o con sedi lontane dal luogo in cui abitate dice l’articolo.
    Beh, eccone…. una a caso : Chiesa Bielorussa e Slava Cattolica e Apostolica di rito bizantino con sede in Brasile. Basta per diffidarne ?

  8. Nei cassonetti un ‘tesoro’ da 36 milioni di euro in abiti usati, bel peso in termini di riciclo

    fonte: http://www.adnkronos.com
    Roma, 2 nov. (Adnkronos) –

    “…Gli indumenti usati, originati da cicli di post-consumo, sono raccolti capillarmente e raggruppati per l’invio ad impianti autorizzati alla gestione di rifiuti dove il processo di trattamento determina interessanti risultati finali come la qualifica ad ‘indumenti ed accessori di abbigliamento utilizzabili direttamente in cicli di consumo’, la qualifica a ‘materie prime seconde per l’industria tessile’ e altri impieghi industriali. Le frazioni che si ottengono dal trattamento vengono destinate per il 68% al riutilizzo, per il 25% al riciclo e per il 7% a smaltimento. Ma chi gestisce il ciclo?

    L’origine di rifiuto urbano colloca questa frazione sotto il diretto controllo del Comune e quindi del gestore del servizio che provvede alla raccolta direttamente o tramite soggetti convenzionati.

    “Per effettuare l’attività di raccolta e trasporto è quindi necessario -spiega il Rapporto- che l’impresa sia iscritta con i propri mezzi all’Albo Gestori Ambientali”. Ma come recuperare questo ‘tesoro’? La raccolta può avvenire con contenitori stradali dedicati o presso le isole ecologiche. In ambito urbano la raccolta è effettuata tramite appositi ‘cassonetti’ opportunamente distribuiti sul territorio.

    A gestire il settore in Italia è attualmente il Conau, il Consorzio nazionale abiti usati che ha come obiettivo assicurare, razionalizzare, organizzare, disciplinare e gestire la raccolta di abiti ed accessori usati provenienti dalla raccolta differenziata. La raccolta differenziata, appunto, avverte Fondazione Sviluppo Sostenibile, e’ la “condizione indispensabile per garantirne il recupero attraverso il riutilizzo ed il riciclo”.

    http://www.adnkronos.com/IGN/Sostenibilita/Risorse/Nei-cassonetti-italiani-finisce-un-tesoro-da-36-milioni-di-euro-

  9. Trasporto illecito di rifiuti,
    ad Avellino denunciati due rumeni…
    Due cittadini rumeni sono stati denunciati dai Carabinieri di Avellino che, nel corso di un’operazione di controllo specifico sul trasporto dei rifiuti pericolosi svoltasi lo scorso 23 ottobre, hanno intercettato un veicolo mentre stava percorrendo strade secondarie dell’Alta Irpinia. Il controllo ha, infatti, rivelato che l’autista stata effettuando il trasporto senza essere in possesso delle autorizzazioni e dell’iscrizione all’Albo Nazionale Gestori Rifiuti, indispensabili per poter svolgere l’attività. I Carabinieri non hanno potuto che contestare all’autista, e l’addetto trasportato, le violazioni penali previste sia per il trasporto illecito di rifiuti, sia per aver esercitato l’attività di raccolta, recupero, smaltimento, commercio e intermediazione di rifiuti in assenza delle prescritte autorizzazioni. Veicolo e materiale trasportato sono sotto sequestro e sono in corso gli accertamenti per l’individuazione del produttore dei rifiuti per la necessaria ricostruzione della filiera del servizio di trasporto abusivo e per la relativa applicazione delle sanzioni.

  10. Notizie – Roma
    giro d’affari di due milioni di euro
    Vestiti vecchi e usati
    Ma solo pochi vanno ai poveri

    Raccolta potenziata nei cassonetti gialli. Ma la maggior parte dei capi viene rivenduta. Santori (Pdl): “Fare chiarezza sui mercatini illeciti”.
    Un cappotto démodé, un vestito che va stretto, una mantella con rammendo. Sono decine gli abiti che soprattutto nei cambi stagione vengono dati in beneficenza o gettati negli appositi cassonetti gialli per la raccolta di vestiti usati. Ma dove finiscono poi quei maglioni, pantaloni, gonne, giacche? Pochi indosso ai poveri. A chiederselo è stata la commissione capitolina alla Sicurezza, presieduta da Fabrizio Santori che, a fine settembre, ha dedicato una seduta proprio all’eventualità di un probabile racket e che si è conclusa con il rinnovo della richiesta di una riunione congiunta con i colleghi della commissione comunale alle Politiche sanitarie per valutare l’ipotesi di un’ordinanza anti-rovistaggio.
    Nel verbale della seduta si riferiscono le parole del presidente della cooperativa Badiali che ammette «non accade quasi mai che i vestiti usati passino direttamente ai poveri – si legge nel verbale – ma sono un veicolo per ricavare denaro e finanziare progetti umanitari». I capi meglio conservati verrebbero così rivenuti ai mercatini dell’usato o ai negozi specializzati in moda «vintage», quelli invece inutilizzabili vengono spediti alle industrie che li trasformano in stracci industriali o pezzame per officine meccaniche. Un «giro» che a Roma si quantificherebbe intorno ai due milioni di euro.
    Un mercato insomma che può far gola e a far scattare il campanello d’allarme sono stati i tre attentati incendiari subiti negli ultimi anni dalla cooperativa romana Lapemaia. L’ultimo incendio doloso a distrutto i capannoni allo Statuario nella notte tra il 24 e il 25 maggio. L’ultimo appalto dell’Ama infatti non solo ha consentito di portare il numero dei cassonetti gialli da 500 a 912 ma anche di introdurre un principio di «premialità», nel senso che più si raccoglie e meno si paga, fino ad azzerare completamente il corrispettivo dovuto all’azienda capitolina (circa 12 euro a tonnellata di abiti raccolti). Un meccanismo che funziona e che ha portato la «colletta» dei vestiti a Roma da 1400 tonnellate nel 2008 ai 3.300 tonnellate da gennaio a settembre 2009. Un volume d’affari che evidentemente inizia a far gola.
    A questo si aggiunge poi il problema del rovistaggio, anche se gli ultimi cassonetti rendono più difficile il «furto» degli abiti da riciclare. «L’appropriazione di oggetti nei cassonetti contribuisce al diffondersi di malattie infettive come la tubercolosi – sostiene Santori – creando così problemi di natura igienico sanitaria, ma anche di ordine pubblico, implicando l’intervento della polizia municipale costretta a svolgere attività di repressione nei mercatini illeciti che sorgono in diverse parti della città proprio grazie ai rifiuti raccolti».

  11. vedo che adesso vogliono fare finta di non saper e le cose bene per dovere di cronaca questa squallida storia parte nel mese di agosto….. lo sanno tutti che il monsignore canoro non possiede nessun titolo(albo iscrizione smaltitori rifiuti licenza di raccolta rifiuti ,conto terzi ecc..) se non i suoi millantati contatti istituzionali e in tanti ci son cascati con tutte le scarpe! .. che doveva fare il povero giacomini di fronte a tanta pressione se non fare il don abbondio! adesso pero vediamo se gli amici riescono a mettere tutto a tacere! lui ce l’ha messa tutta ha pure chiesti due volte il parere agli alti uffici ricevendone sempre risposte negative e intanto il monsignore si è fatto i cavoli suoi per tre mesi! adesso ancora non si vuole vedere le omissioni di atti d,ufficio dovuti a tutti i livelli del municipio per non dovere porvi rimedio! li si solleva polvere e il monsignore canoro ride e se il problema resta si perpetra la saga della prepotenza! smettiamola di fare i vaghi che quello che si vede è solo la punta dell’aisberg !

  12. Amici di vigna clara blog in merito a questa delicata situazione la commissione trasparenza e’ intervenuta verificando atti ed autorizzazioni che chiunque vuole puo’verificare nelle richieste e risposte fatte ai vari organi amministrativi depositate nel fascicolo della commissione trasparenza da me e ci tengo a precisarlo presieduta .Per quanto riguarda fatti di natura giudiziaria c’e un indagine aperta dalla magistratura che sta facendo il suo corso.Pertanto la commissione fatte le richieste e acquisiti gli atti dii natura amministrativa di piu’ non puo’ fare ,pero’ del problema ci siamo interessati.

  13. Grazie Cons. Derenti per la… precisazione.
    Però, forse a causa dei tanti interventi di oggi su questa vicenda, le deve essere sfuggito il mio, quello in cui le ponevo tre domande, che per sua comodità le riporto qui:
    1) (al di là delle autorizzazioni ricevute da altri enti)… è legittimo il provvedimento di autorizzazione di O.S.P, dato che non si tratta di due tavolini del bar ma di cassonetti per rifiuti?
    2) Nel caso il provvedimento risultasse legittimo – e quindi non annullabile – intendete revocare la concessione, visto che nella Determina (citata da Torquati) sono presenti tutti i presupposti per farlo?
    3) le pare giusto (oltre che corretto) che debba essere la Polizia Municipale (come lei scrive) a rimuovere tutti cassonetti abusivi, quindi con un costo economico per la collettività? Non dovrebbe pensarci chi ha commesso l’illecito, a sue spese e in tempi certi (e brevi)?
    Grazie

  14. vorrei far presente al consi.derenti che due poveri rumeni che trasportavano abiti su un furgone sono stati rovinati dai carabinieri che gli anno sequestrato tutto camion compreso! voi invece nel vostro municipio invece di intervenire con tempestivita di fronte a un grave reato ambientale (filiera del riciclo abusiva) avete aspettato che vi giungesse la puzza di bruciato(indagine della magtistratura) e adesso ancora non agite ma fate polverone io la capisco non voleva mettersi di traverso col suo presidente pero adesso lei deve rimanere sulla barca col suo capitano perche quando ci sta un reato anbientale non si puo stare a disquisire sulle determinazioni perche diciasette cassonetti o cento come in effetti sono determina o no non possono stare li dove sono perche la raccolta dei rifiuti (quello sono fino a che non sono sanificati) è a sola esclusiva di ama spa o a sue delegate con tutti i titoli in regola e non come avete fatto voi che avete fatto finta di niente per tre mesi solo per fare un favore a un sola cantastorie monsignore canoro che solo per avere detto una messa davanti al berlusca vi ha fatto credere anzi ha fatto credere a quelli piu in alto di voi e a ricaduta a voi di essere quello che non è e questo è strano perchè l’,inpiccio sta a cento metri dai vostri uffici e percio è inutile che cadete dalle nuvole se non aveste creduto alla chimera dei passaporti diplomatici o del parlamento mondiale della pace a questo non saremmo arrivati e io come aderente alla destra sono scocciato da queste storie saluto e scusate il disturbo!

  15. la commissione trasparenza verifica atti ed autorizzazioni , dalle risposte avute dalla polizia municipale e dagli uffici competenti ci informano che al momento c’e un indagine della magistratura in corso , Ci tengo a precisare che tale problema e’ stato posto all’attenzione non dal consigliere SCOPPOLA che come sappiamo si e’ dimesso per mancanza di tempo da presidente della commissione trasparenza ma dal sottoscritto che insieme agli altri autorevoli componenti della commissione e’ stato fatto un buon lavoro cosi’ credo che nessuno possa dire i membri di questa maggioranza componenti della commissione se ne siano fregati di tale problema .IL PD QUASI SEMPRE ASSENTE SU QUESTO DELICATO PROBLEMA E POI SI FANNO COMMENTI E INTERROGAZIONI A SCOPPIO RITARDATO.

  16. PROPONIAMO A CLARKE (Presidente AMA e ex Presidente del XX Mnuicipio) queste correzioni:

    DAL SITO UFFICIALE AMA:
    RACCOLTA E RICICLO INDUMENTI USATI E ACCESSORI DI ABBIGLIAMENTO”
    “AMA (BISOGNERA’ AGGIUNGERE : “E DA AGOSTO DEL 2010 ANCHE IL XX MUNICIPIO”) si occupa della raccolta di indumenti usati e accessori di abbigliamento nel Comune attraverso gli oltre 400 cassonetti gialli collocati su strada a disposizione dell’utenza domestica.
    I vestiti e il pellame, una volta raccolti, vengono condotti a speciali impianti di selezione e vengono separati per categorie merceologiche (scarpe, borse, cinte, camicie,
    coperte, biancheria, pantaloni, tendaggi ecc.), vengono poi sottoposti a lavaggio e igienizzazione e confezionati in balle per essere trasportati ad altri impianti per il totale
    riuso.
    COSA
     Vestiti usati, biancheria e accessori
    d’abbigliamento (scarpe,
    borse, cinte ecc.)

  17. Regolamento Comunale per la gestione dei rifiuti urbani.
    …Art. 14
    Norme generali per i contenitori di ogni frazione di rifiuto
    La tipologia e il numero dei contenitori utilizzati è stabilita dal soggetto gestore, (A.M.A. S.p.A.) d’intesa con l’Amministrazione Comunale, in funzione della conformazione della rete viaria e della densità abitativa.
    Devono comunque avere caratteristiche tali da permettere un
    agevole conferimento dei rifiuti, la facile manovrabilità per le operazioni di
    spostamento e trasferimento dei rifiuti nei mezzi di prelievo, la facilità di pulizie
    periodiche. Inoltre, i contenitori adibiti al conferimento devono essere sempre idonei a
    proteggere i rifiuti dagli agenti atmosferici e dagli animali e a impedire esalazioni
    moleste.
    Il numero dei contenitori, ovvero la loro frequenza di svuotamento, deve essere tale da
    consentire – di norma – un agevole conferimento dei rifiuti abitualmente prodotti
    nella zona servita, in modo da evitare che i contenitori medesimi siano riempiti oltre
    la propria ordinaria capacità.
    2. I contenitori stradali, ove presenti, costituiscono arredo urbano obbligatorio, al pari
    della segnaletica e cartellonistica stradale e sono collocati normalmente ad una
    distanza massima di metri 500 dall’uscita dell’utenza, su strada pubblica o aperta al
    pubblico transito.
    3. E’ vietato danneggiare, eseguire scritte o affiggere materiali di qualsivoglia natura e
    dimensione (manifesti, targhette adesive) sui contenitori per i rifiuti, fatto salvo
    quanto espressamente autorizzato dal soggetto gestore (A.M.A. S.p.A.)
    4. E’ vietato spostare i contenitori per creare lo spazio per il parcheggio o per altri
    motivi.
    5. E’ vietato depositare oggetti o parcheggiare veicoli davanti e al posto dei contenitori o
    comunque porsi in modo tale da intralciare o ritardarne la corretta movimentazione o
    da intralciare l’agevole conferimento dei rifiuti nei contenitori.
    6. E’ vietato inserire oggetti voluminosi negli sportelli di chiusura dei contenitori e
    comunque qualsiasi oggetto tale da impedirne la corretta funzionalità.
    7. E’ fatto obbligo agli utenti o all’amministratore del condominio di custodire,
    mantenere e utilizzare correttamente i contenitori assegnati rispettivamente all’utenza
    o al condominio con le corrette modalità e in luoghi idonei o in ambienti a ciò
    destinati.
    8. Nel caso di nuova costruzione, di ristrutturazione urbanistica ed edilizia o di
    sostanziali ristrutturazioni, di iniziativa pubblica o privata, dovranno essere
    obbligatoriamente previsti, sentito il soggetto gestore, appositi spazi per i contenitori
    dei rifiuti urbani, dimensionati in relazione alla densità edilizia e alla destinazione
    degli insediamenti da servire; i locali destinati ad esercizi di ristorazione e di
    somministrazione di bevande e quelli destinati alla vendita di alimenti confezionati in
    loco, devono essere dotati di autonomi spazi idonei per i contenitori dei rifiuti.
    Art. 23
    Raccolte svolte da Associazioni di volontariato
    1. Iniziative di raccolta differenziata possono essere avviate con autonomia gestionale,
    da Associazioni di volontariato e da associazioni di cittadini, che abbiano tutti i
    requisiti previsti dalla normativa vigente.
    Se tali raccolte sono effettuate sul suolo pubblico e/o utilizzano strutture o servizi del Comune possono essere avviate solo previa stipula di convenzione con il soggetto gestore (A.M.A. S.p.A.) e subordinatamente alla rispondenza agli indirizzi gestionali del servizio.
    2. Tali iniziative devono essere condotte nel rispetto della normativa di settore vigente e
    alle seguenti condizioni:
    a) non arrecare intralcio alla circolazione stradale;
    b) evitare spandimenti sul suolo pubblico;
    c) osservare le vigenti norme di sicurezza, valevoli per i lavoratori, per tutti gli
    operatori anche se volontari;
    d) garantire la pulizia e il decoro delle aree di raccolta, anche se temporanee;
    e) non creare intralcio o interferenze all’organizzazione del servizio pubblico.
    3. I suddetti soggetti dovranno comunicare all’Amministrazione Comunale e al soggetto gestore (A.M.A. S.p.A.) la tipologia, la quantità e la destinazione del materiale raccolto.
    I dati dovranno essere disaggregati per tipologia di materiale.

    VIGILANZA E SANZIONI

    Art. 62
    Procedimento sanzionatorio
    1. Alla repressione dei fatti costituenti violazione ai divieti di cui al presente
    Regolamento provvedono, oltre al Corpo di Polizia Municipale e agli operatori del
    Nucleo per il Decoro Urbano, gli agenti accertatori e i funzionari incaricati dal
    Sindaco.
    2. I soggetti di cui al comma precedente, nella loro qualità di pubblici ufficiali, possono
    effettuare controlli, ispezioni nonché identificare, anche attraverso la richiesta di
    documenti, coloro i quali pongano in essere comportamenti costituenti violazione di
    legge e del presente Regolamento e redigere il verbale sulle infrazioni rilevate. Il
    verbale di accertamento dell’infrazione dovrà contenere l’intimazione al trasgressore
    ad effettuare il ripristino dello stato dei luoghi.
    3. L’applicazione delle sanzioni ha luogo con le modalità e nelle forme previste dalla
    legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni.
    Art. 63
    Violazioni dei divieti e degli obblighi
    1. Salvo che il fatto non sia previsto dalla legge come reato o costituisca più grave
    illecito amministrativo, nei casi di inosservanza dei divieti e degli obblighi di cui al
    presente Regolamento, l’Amministrazione provvede, ai sensi della legge 24
    novembre 1981, n. 689, all’irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie
    nell’ambito dei limiti minimi e massimi fissati dall’art. 50, comma 1, del D.Lgs. n.
    22/97 e, per quanto da questo non espressamente previsto, dall’art. 7 bis del D.Lgs.
    18 agosto 2000, n. 267, e successive modifiche, riportate all’art. 65 del presente
    Regolamento e, dove ammesso, al pagamento della somma determinata in misura
    ridotta.
    2. Chiunque violi i divieti di cui al precedente art. 60, comma 1 e 2, è tenuto a
    procedere alla rimozione, all’avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al
    ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti
    reali o personali di godimento dell’area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo
    di dolo o di colpa.
    4. Qualora la responsabilità del fatto illecito sia imputabile ad amministratori o
    rappresentanti di persona giuridica, ai sensi e per gli effetti del comma precedente
    sono tenuti in solido la persona e i soggetti che subentrano nei diritti della persona
    stessa.
    TITOLO VII
    DISDOSIZIONI VARIE E FINALI
    Art. 66
    Osservanza di altre disposizioni e dei Regolamenti comunali
    1. Per quanto non espressamente disciplinato dal presente Regolamento si applicano le
    norme, anche regolamentari, in materia sanitaria, di igiene, di polizia urbana, di
    fognatura e di scarichi delle acque, di polizia mortuaria, di polizia veterinaria, nonché
    la vigente normativa statale e regionale in materia di smaltimento dei rifiuti.

  18. Bene cons. DERENTI, prendo atto che lei NON RISPONDE a delle semplici domande che le vengono poste da parte dei CITTADINI (deve essere proprio nel Dna del Pdl…), mentre lei – forse non lo sa – è stato eletto in Consiglio proprio su mandato dei cittadini… nel suo caso di un paio di centinaia di votanti dell’UDC che lei ha pensato bene di TRADIRE subito dopo l’insediamento facendo un biasimevole “salto della quaglia” verso il Pdl… La coerenza e la lealtà non devono essere dei tratti della sua personalità.
    E invece di rispondere su questioni puntuali, lei viene qui a farci la sua STUCCHEVOLE e INFANTILE PROPAGANDA tentando di ingaggiare una stupida e inutile polemica con l’opposizione (che per fortuna non sembra seguirla su questo terreno) di cui i cittadini non credo che sentano la necessità.
    Cons Derenti faccia la prima cosa utile e giusta della sua consiliatura… non continui a umiliare se stesso pubblicamente… si DIMETTA e lasci il posto a qualcuno che sia in grado di distinguere un’Aula consiliare da un asilo.

  19. caro sig.sensi la ringrazio di averci dato modo di vedere il regolamento comunale a scorrerlo sono rimasto stupito dalla precisione e nozione di causa sul trattamento delle varie questioni del territorio e subito dopo mi sono chiesto: tralasciando il penale,gia questo regolamento se veniva applicato adesso non stavamo a vedere litigare fare polverone e continuare a tollerare che l’abuso prevalga sul buon senso! ma che ci voooooooole all’asesssore all’ ambiente a ribadire la sua autorevolezza di delegato all’ambiente e farsi arbitro e garante del ripristino della legalita! in fondo altri apparati del municipio credendo di operare per giusta causa poi anno invaso competenze sue col rischio che alla fine lei potrebbe farci una figura che a mio avviso non gli compete! ragion per cui essendo sconfinata la palla dalla beneficenza in ambito ambientale con relative omissioni di atti come cittadino le auguro buon lavoro

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