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Auditorium – la musica senza confini dei Tinariwen

Galvanica Bruni

disco.jpgLa cavea dell’auditorium Parco della Musica ospiterà  oggi, lunedì 26 luglio, l’unica data italiana dei Tinariwen: la band proveniente dal nord -est del Mali proporrà agli spettatori romani la sua musica senza confini, un blues rock ipnotico, una miscela di sonorità del folklore tuareg e della tradizione occidentale.

I Tinariwen provengono dal deserto: il nome del gruppo significa appunto “deserti” nella lingua dei Tamashek, la popolazione semi-nomade berbera del Sahara che vive nel nord-est del Mali.
Ibrahim Ag Alhabib, il fondatore della band, rimasto orfano di padre, che fu ucciso durante la prima rivolta berbera, se ne dovette andare fin da bambino in esilio in Algeria, dove iniziò ad appassionarsi a diversi generi musicali: le melodie tipiche della tradizione tuareg, il blues di Ali Farka Tourè, il raï algerino, il chaabi marocchino ed anche il pop e il rock occidentale. Si costruì da solo una chitarra e con essa cercò di riprodurre la musica che gli offriva così tanto conforto. Con questo strumento artigianale ed insieme ad altri due esiliati suoi compatrioti, si esibì, tra gli settanta e gli ottanta, nei concerti tenuti negli accampamenti dei profughi Tamashek.

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L’incontro con le chitarre vere, acustiche ed elettriche, avvenne successivamente in Libia, nei campi dove il colonnello Gheddafi addestrava i combattenti dei movimenti di liberazione di mezza Africa. In questo periodo, il gruppo si allargò ulteriormente con l’innesto di altri tre profughi Tamashek.

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All’inizio degli anni novanta, i Tinariwen si trovarono in prima linea durante la seconda ribellione tuareg, a Menaka, un avamposto dell’esercito maliano vicino alla frontiera con il Niger. Si dice che alcuni di loro siano andati all’attacco col kalashnikov in mano e una Fender Stratocaster legata sulla schiena. Qualche anno più tardi, nel 1996, il “cessate il fuoco” mise fine alla rivolta armata e ai sanguinosi combattimenti. A quel punto, qualcuno ha deciso di scegliere una vita all’insegna dell’integrazione con il governo di Bamako, mentre altri, come Ibrahim e Alhassane Ag Touhami, hanno scelto di essere musicisti resistenti a tempo pieno, con le chitarre elettriche a contraddistinguere il loro sound.

Il resto è storia recente: un primo e breve tour in Francia nel 1999, la partecipazione al Festival del Deserto, che li ha fatti conoscere a livello internazionale all’inizio del XXI secolo, il debutto su cd con l’album Radio Tisdas (2001), seguito dall’acclamato Amassakoul (2004), il tour in America e in Europa, il terzo disco Aman Iman (2007), la partecipazione al prestigioso festival di Glastonbury, l’apertura di un concerto degli Stones a Dublino, fino ad arrivare all’ultimo lavoro Imidiwan: Companions” pubblicato nel 2009 ed alla recentissima partecipazione al concerto d’apertura dei mondiali di calcio in Sud Africa l’11 giugno scorso.

Giovanni Berti

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