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Auditorium – la splendida voce di Elisa per l’Ospedale Bambino Gesù

Galvanica Bruni

elisa.jpgGrande successo di pubblico giovedì sera per l’iniziativa benefica A Voice for Children, il concerto che Elisa ha tenuto presso la cavea dell’Auditorium a favore dell’Ospedale Pediatrico “Bambino Gesù”. Per un’ora e quarantacinque minuti, la cantante friulana, affiancata dalla sua band e dal coro Artemìa, ha presentato un set perlopiù acustico nel quale ha dato ancora una volta prova delle sue stupefacenti qualità vocali. 

Sono le 21.20 quando si abbassano le luci e fa il suo ingresso sul palco il Direttore Scientifico dell’Ospedale “Bambino Gesù”, il professor Bruno Dallapiccola, il quale spiega che il ricavato della vendita dei biglietti del concerto che stiamo per ascoltare sarà interamente devoluto allo scopo di acquistare una nuova TAC 64 Multistrato, un’apparecchiatura in grado di individuare malattie coronariche, patologie cardiologiche, epatiche e tumorali  e che permetterà di rivoluzionare il trattamento dei bambini con più traumi. Inoltre, la nuova TAC consentirà la valutazione, in un singolo esame, dei danni cerebrali, toraco – addominali, ossei, viscerali e vascolari in modo istantaneo, evitando al piccolo paziente sedazioni ed anestesie.
Alle 21.30, da sola e vestita di un lungo e comodo abito bianco, entra in scena, applauditissima, Elisa, che si siede dietro le tastiere. eli1.jpg

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Suonandole come se fossero un pianoforte, la cantante di Monfalcone inizia lo show con una intensa cover di Wuthering Heights, il brano ispirato all’omonimo romanzo di Emily Brontë  (Cime Tempestose, in italiano) che Kate Bush portò al successo nel 1978. L’interprete dalla voce cristallina ed assai evocativa, una delle preferite di Ennio Morricone, viene raggiunta sul palco dalle tre coriste: Betty Maineri, Nicole Pellicani e Silvia Smaniotto, che tanto contribuiranno alla riuscita dello show, per una versione molto suggestiva di Yashal, che in lingua navajo significa “evviva la vita” e che è inclusa nel quarto album Lotus, pubblicato alla fine del 2003. Al termine di questo pezzo e dopo il saluto di benvenuto al pubblico, fanno il loro ingresso anche i componenti della band: Andrea Fontana, (batteria e percussioni) Andrea Rigonat (il compagno di Elisa, nonchè coautore di diversi pezzi ed arrangiatore, alla chitarra) e Simone Bertolotti (effetti, programmazione, piano e tastiere) e parte un’energetica Ti Vorrei Sollevare, che nell’ultimo suo lavoro – Heart – Elisa canta in duetto con Giuliano Sangiorgi dei Negramaro. E’ il momento di un classico ed infatti arriva Broken, altro estratto dall’ottimo Lotus, seguito dalla bellissima Gli Ostacoli del Cuore, la canzone scritta da Ligabue, uno dei quattro inediti della raccolta Soundtrack ’96 – ’06, che il pubblico della cavea, in prevalenza donne e ragazze, canta in modo rapito. Applausi scroscianti.
I membri della band lasciano la scena: sul palco restano solo Elisa, che imbraccia la chitarra acustica, e le tre coriste. Viene eseguita un’altra cover: impreziosita dal contributo vocale delle tre vocalists, arriva un’essenziale e scarnificata versione di Redemption Song, l’inno alla libertà di Bob Marley, di cui anche Joe Strummer fornì una meravigliosa interpretazione. Tornano i musicisti in scena, Elisa, per la prima volta dall’inizio dello show, si alza in piedi e fa cantare il pubblico entusiasta dell’auditorium interpretando magistralmente Luce (Tramonti a Nord-Est), il pezzo scritto in collaborazione con Zucchero con il quale vinse il Festival di San Remo (e il premio della critica) nel 2001 e che la incoraggiò non poco a cantare anche in lingua italiana.

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La canzone che segue è dedicata ai fedelissimi, “è per tutte le ragazze e i ragazzi che ci seguono da tanto tempo con grande calore“: si tratta della splendida Rainbow (quando ci sveglieremo, un po’ di pioggia mattutina laverà via il nostro dolore, perchè non è mai iniziato per noi né mai finirà per noi), gemma estratta dal terzo album Then Comes the Sun, un disco che, per usare le parole della stessa Elisa, “parla di stati d’animo, di abbandono, dell’amore e dell’amicizia”.

Mentre fanno il loro ingresso sul palco, Elisa presenta “un gruppo di nostre amiche“, le quattordici ragazzine del coro Artemìa diretto da Denis Monte, che resteranno in scena fino alla fine dello show costituendone un gradito valore aggiunto. Subito, arriva un’altra cover. la bellissima, intensa, essenziale, Hallelujah di Leonard Cohen.

Dopo questa splendida invocazione, i musicisti saltano un giro, lasciando sul palco Elisa, sempre seduta alle tastiere, le coriste e le signorine del coro per uno dei pezzi più intimi e personali della cantante friulana: Qualcosa che non c’è, un altro degli splendidi inediti di Soundtrack ’96 – ’06. Di nuovo i musicisti in scena per Stranger, ancora dal riflessivoThen Comes the Sun. Gli spettatori applaudono fragorosamente, Elisa scherza sul suo abito, sulla sua “veste inconsueta: camicia da notte e scarpe da ginnastica. Faccio ridere, eh?!?“, poi imbraccia il basso e attacca Rock Your Soul, sempre dal medesimo album. Arriva la delicatissima Eppure Sentire (un senso di te), prima che Elisa dedichi la successiva A Prayer a tutti coloro che hanno bisogno di qualcosa” con annesso auspicio di trovare ciò che vanno cercando. Altra cover  ed altra interpretazione intensa, che lascia di stucco e col fiato sospeso gli spettatori della cavea: “una delle mie canzoni preferite, inserita in un album per me importantissimo“, dice la cantante di Monfalcone prima di omaggiare Dolores O’Riordan e i suoi Cranberries con una stupefacente No Need To Argue.

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Ancora la lingua italiana con Una poesia anche per te, la canzone che, inclusa nella seconda edizione dell’ottimo Pearl  Days, ha il testo in italiano (si tratta di Life goes on) ed è dedicata al nonno (ma cambierà stagione, ci saranno nuove rose). Scherza ancora con il pubblico, chiede se qualcuno nel frattempo si sia addormentato, per poi concludere il set con Labyrinth, la prima traccia del disco d’esordio Pipes & Flowers, che, pubblicato nel 1997, conquistò rapidamente tre dischi di platino.

Sono le 23, Elisa presenta i suoi musicisti e il direttore del coro, ringrazia il pubblico e Unicredit, sponsor di questa iniziativa benefica, e si augura “di aver fatto qualcosa di utile“. Tutti lasciano il palco. Dopo un paio di minuti, mentre molti spettatori, forse poco avvezzi al rituale dei bis, si incamminano verso le uscite, tornano tutti in scena per altre due cover: un’intensissima Almeno tu nell’Universo, la splendida canzone scritta da Bruno Lauzi e Maurizio Fabrizio che l’interpretazione di Mia Martini ha reso una pietra miliare nella storia della musica italiana, e la travolgente Mad World, con Elisa ancora al basso e Andrea Rigonat (finalmente!) alla chitarra elettrica.

La band e il coro si inchinano agli spettatori, luci accese: alle 23.15 il concerto è finito.

Giovanni Berti

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