Dopo Dawson Isla 10, la pellicola sulla prigionia dei collaboratori e dei ministri di Allende seguita al golpe militare di Pinochet, il Festival Internazionale del Film di Roma presenta un altro film importante che accende i riflettori sulla storia recente. Si tratta di Popieluszko di Rafael Wieczynski, proiettato come evento speciale nella Sala Sinopoli alla presenza del premio Nobel per la pace nel 1983 (nonchè fondatore di Solidarnosc ed ex presidente della Polonia) Lech Walesa, del sindaco di Roma Alemanno, dell’ambasciatore della Polonia presso la Santa Sede Hanna Suckocka, del regista e dell’autore delle musiche del film.
Prima della proiezione, sul palco sale Piera De Tassis, direttore artistico del festival, che introduce prima Renata Rainieri (della Rainieri Made, casa di distribuzione cinematografica che ha portato in Italia anche Katyn, pellicola di Andrzej Waida sul massacro di ventimila ufficiali e soldati polacchi compiuto durante la Seconda Guerra Mondiale dall’esercito russo ed attribuito falsamente da Stalin ai nazisti) e poi Lech Walesa, che, ricordando la figura di Popieluszko, sottolinea come il suo impegno e il suo coraggio si mostrarono quando la prospettiva della vittoria era ancora lontana.
Il film abbraccia un arco temporale di trent’anni e comincia con l’infanzia del piccolo Jerzy, trascorsa insieme ai genitori ed ai fratelli nella campagna polacca. Qui, i suoi familiari con l’intenzione di proteggerlo gli suggeriscono sempre di non guardare e di dimenticare quello che sta accadendo nel paese. Il piccolo Jerzy risponde che non può dimenticare quelo che ha visto. La pellicola fa un balzo temporale e ci porta al periodo del servizio militare, durante il quale il seminaristi come Jerzy vengno trattati assai duramente dai superiori. Arriviamo al 1980 e al primo pellegrinaggio di Giovanni Paolo II in Polonia: Popieluszko è stato da poco ordinato sacerdote e per caso viene mandato a celebrare una messa per gli operai delle acciaierie di Varsavia in sciopero. Il giovane prete capisce immediatamente che il suo posto è lì, che il suo magistero è in mezzo alla gente che soffre e che lotta per conquistare i diritti elementari che il regime comunista polacco asservito all’Unione Sovietica nega loro. Don Jerzy condivide le istanze di Solidarnosc e aiuta attivamente i lavoratori, che indicono scioperi anche nei cantieri navali di Danzica e in ogni parte della Polonia. Viene proclamata la legge marziale e gli scioperi sono repressi nel sangue, gli operai arrestati. Varsavia è occupata dai carri armati. Popieluszko diventa sempre più popolare perchè nei suoi sermoni riesce ad esprimere il sentimento della nazione, divenendone rapidamente la voce e la guida. Le sue messe strabordano di fedeli, fuori e dentro la chiesa. Protetto dai suoi amici, diventa il nemico giurato del regime, che prima lo imprigiona fabbricando prove false e poi, una volta rilasciato, lo fa rapire, torturare ed uccidere dai servizi segreti.
Un film importante, dicevamo, perchè ci mostra e ci fa amare la figura di un uomo coraggioso e semplice, consapevole del tempo storico in cui vive e nel quale si trova ad operare, conscio delle gravose responsabilità che discendono dal suo magistero, infine pronto ad accettarne le conseguenze più estreme. Padre Popieluszko è un eroe autentico perchè umano, una persona che si confronta con le proprie debolezze, esitazioni e paure, che si guarda dentro e le combatte ogni giorno. Con la forza della fede, con le proprie risorse interiori, con l’aiuto delle numerose persone che lui conosce e approccia in modo semplice e diretto.Questo è il grande pregio di questo film: saper rendere la personalità e le azioni di Popieluszko con notevole efficacia.
Da un punto di vista più strettamente cinematografico, diremo che la regia e il montaggio sono rigorosi ed ineccepibili senza però possedere qualità stilistiche originali, (ma forse questa scelta è intenzionale, avendo lo scopo di mantenere centrale la figura del cappellano di Solidarnosc e di descriverla senza orpelli) che le musiche di Pawel Sydor sono inserite nelle sequenze giuste contribuendo a suscitare (ed aumentare) la commozione negli spettatori e che si tratta di una grande produzione che coinvolge centinaia di persone e che riesce a rendere efficacemente il contesto storico nel quale la vicenda si svolge (l’arrivo dei carri armati a Varsavia, le rivolte, la repressione degli scioperi, le messe celebrate da Popieluszko). Le scene del film sono inframmezzate dalle immagini vere della visita del Papa e dei telegiornali.
La frase più bella e significativa che Popieluszko pronuncia nel film, quando – per usare le parole di Lech Walesa – la prospettiva della vittoria è ancora lontana, è “io sono libero“, volendo così affermare che il sentimento della libertà risiede (e continua a risiedere) nella nostra coscienza e nel nostro spirito indipendentemente dalla circostanza che quel sentimento venga represso e negato da forze esterne. Il film è stato proiettato in coincidenza con il venticinquesimo anniversario della morte del sacerdote, avvenuta il 19 ottobre 1984. Nel 1997 la Chiesa ne ha avviato il processo di beatificazione e dal 2008 Popieluszko è Servo di Dio.
Giovanni Berti
Popieluszko: Polonia 2009 Durata: 149′ Regia Rafal Wieczynski , cast Adam Woronowicz (Padre Jerzy Popieluszko), Zbigniew Zamachowski (Ireneusz), Marek Frackowiak (Padre Teofil Bogucki), Joanna Szczepkowska (Roma)
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