Il Festival Internazionale del Film di Roma ha offerto ieri nel tardo pomeriggio il primo di una serie di incontri con le star del cinema: protagonisti Gabriele Muccino e Giuseppe Tornatore. Mentre in serata sempre la sala Petrassi ha accolto i cinefili più incalliti con il doppio documentario American Prince / American Boy: A Profile of Steven Prince a firma Martin Scorsese e Tommy Pallotta, in concorso nella sezione L’Altro Cinema Extra.
Sono quasi le 18 ed ecco arrivare sul tappeto rosso Gabriele Muccino e Giuseppe Tornatore.I due registi italiani si fermano con il pubblico, assiepato sulle transenne, a firmare autografi, a farsi fotografare e a scambiare qualche battuta. Accompagnati dal critico cinematografico Mario Sesti, che condurrà l’incontro, rilasciano interviste e si concedono ai fotografi. Siamo ancora all’esterno della sala e, alla domanda su cosa li accomuni, Muccino risponde: l’amore per l’Italia e per questo mestiere. Aggiungendo anche gli sarebbe piaciuto fare un film in un’epoca diversa da quella che stiamo vivendo, per avere un punto di vista completamente differente.
All’interno vengono mostrate le scene che ciascun regista ha scelto nella filmografia dell’altro: vediamo, quindi, il piano sequenza tratto da L’uomo delle stelle nel quale il paese reinventa la celeberrima scena di Via col vento con la frase “domani è un altro giorno” e i fotogrammi di Come te nessuno mai con i discorsi sulla prima volta dei ragazzini.Nel futuro di Muccino c’è il sequel de L’Ultimo Bacio e in quello di Tornatore la speranza per un ulteriore riconoscimento internazionale – leggi Oscar – per Baarìa, pellicola che sta andando benissimo al botteghino.
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Era tempo che un folto e agguerrito gruppo di cinefili attendeva la proiezione sul grande schermo del documentario perduto di Martin Scorsese American Boy, divenuto un cult tra gli appassionati. L’occasione è arrivata proprio qui al Festival perchè il quarantenne regista Tommy Pallotta, rimettendosi sulle tracce del protagonista Steven Prince, ha realizzato un ulteriore capitolo sulla vita rocambolesca di questo personaggio. Ecco, quindi, i due documentari – American Prince / American Boy: A Profile of Steven Prince – proiettati uno dopo l’altro nella sala Petrassi, alla presenza di uno dei registi (Pallotta, non Scorsese) e di Steven Prince. E’ lo stesso Prince a narrare in prima persona frammenti della sua vita spericolata ed avventurosa con racconti iperbolici e spesso irrestitibili. Amico del regista di New York, New York e Toro Scatenato , road manager per Neil Diamond a soli 21anni, tossicodipendente, attore in Taxi Driver , Prince ha una vita “molto più affascinante di qualsiasi sceneggiatura “e ne racconta gli episodi tragici (la morte di un bambino rimasto folgorato), i frammenti divertenti (spassosissima la storia riguardante sua zia – una vera rompipalle – e strepitosa quella della gita in barca del 4 luglio), le situazioni oltre ogni limite (la descrizione del tentativo di furto alla stazione di servizio dove lavorava per le vacanze di Pasqua con il successivo omicidio del ladro strafatto di anfetamine che stava per assassinarlo con un coltello di 30 centimetri è vividissima e mette addosso i brividi) e gli aneddoti, nei quali il tragico, il ridicolo e il grottesco si fondono insieme (ricordate la scena dell’iniezione di adrenalina in Pulp Fiction? Quentin Tarantino l’ha presa para para da uno dei racconti di Prince contenuti in questo documentario, con l’unica differenza che John Travolta non ha estratto la siringa dal cuore di Uma Thurman!).
Nel documentario di Tommy Pallotta vediamo Prince com’è adesso, un costruttore di piscine con l’hobby della carpenteria, un sopravvissuto – a se stesso e alla sua vita – che dice con troppa leggerezza che alla fine tutto si può aggiustare (non ci convince, lui è stato fortunato, molti altri non ce l’hanno fatta anche avendo vissuto in modo meno spericolato), capace di regalare ancora racconti esilaranti come quello della riunione nella quale Scorsese gli chiese come poter ridurre la durata di New York, New York (che durava quattro ore) e lui rispose che era necessario tagliare i ruoli minori. Scorsese seguì il suo consiglio e gli undici minuti della partecipazione di Prince alla pellicola rimasero sul pavimento della sala di montaggio. Non solo: il regista invitò tutti gli attori ai quali aveva tagliato la parte a parlare con Prince, che replicava: ti lamenti perchè ti hanno tagliato i tuoi tre minuti? Cosa sono i tuoi tre minuti rispetto ai miei undici!! O come quello in cui, a casa di Martin Scorsese insieme a John Belushi e Robbie Roberston, sparò tre colpi alla vetrina del negozio di fronte.
Il festival, nonostante qualche ritardo nell’inizio delle proiezioni, sta ingranando e il pubblico sembra gradire. Attendiamo di vedere Dawson Isla 10 del leggendario regista Miguel Littin e il nuovo Ivory di The City Of Your Final Destination, oltre al documentario sui mali del nostro paese L’Italia del nostro scontento.
American Prince / American Boy: A Profile of Steven Prince USA 1978 (2009), 104′ regia di Martin Scorsese, Tommy Pallotta cast: Steven Prince Martin Scorsese Tommy Pallotta Richard Linklater L’Altro Cinema – Extra. Documentario, in concorso.
Altre proiezioni nell’ambito del Festival Internazionale del Film di Roma: sabato 17 ottobre ore 15.00 Teatro Studio (Auditorium Parco della Musica) domenica 18 ottobre ore 22.30 Metropolitan (Via del Corso 7) sala 1
Giovanni Berti
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