Home ATTUALITÀ Nomadi, il caso di via della Cerquetta a La Storta

Nomadi, il caso di via della Cerquetta a La Storta

via della cerquetta
Galvanica Bruni

La giunta comunale di Roma ha approvato la nuova strategia nazionale di uguaglianza, inclusione e partecipazione di rom e sinti 2021-2030 e, contestualmente, ha validato anche il piano d’azione cittadino per il superamento del “Sistema Campi” 2023-2026, che avrà un finanziamento di 12,9 milioni di euro. E si prevede la fine dei campi nomadi nel 2026.

La decisione di chiudere il campo di via Lombroso (nel Municipio XIV), dove risultavano residenti circa 30 nuclei familiari ha aperto un duro confronto nel consiglio municipale di Roma XV quando si è saputo che l’assessorato alle Politiche Sociali del Comune ha trasferito dieci famiglie (40 persone) che sono state alloggiate presso la struttura S.A.S.S.A.T. ((ndr: strutture gestite dal Comune dove si può restare non oltre 24 mesi) in via della Cerquetta 99.

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In XV, sono stati presentati tre ordini del giorno da parte di consiglieri municipali di diversi partiti e verranno discussi e votati in una riunione di Consiglio prevista per il 15 ottobre.

Per capire il contesto più ampio occorre sapere che in Italia i Rom, Sinti e Camminanti sono circa 140.000; di questi circa 70.000 sono italiani e lo sono da decenni. Altri 30.000 Rom hanno passaporto rumeno (e fanno quindi parte dell’Unione Europea) e gli altri 40.000 provengono dalla ex Jugoslavia e non hanno avuto riconoscimento dai nuovi stati sorti negli ultimi anni nella regione balcanica e vengono definiti apolidi. Il dibattito ha visto, anche su questo tema, l’assunzione di diverse posizioni tra chi difende il principio che i diritti devono essere garantiti prioritariamente agli italiani e chi afferma che sono diritti umani universali difendendo l’uguaglianza tra tutte le persone.

Non potendo disconoscere i principi sanciti dalla Costituzione (articoli 2 e 3) che riconoscono e garantiscono i diritti inviolabili di ogni persona a prescindere da provenienze, cultura, etnia, sesso, religione, lingua si utilizzano altre questioni legate ad appartenenze etniche, culturali e criteri valutativi di italianità.

Tempo fa la presidente Meloni ha scritto: “Se sono nomadi non sono stanziali. I campi Rom quindi non sono tollerabili. Se sono nomadi gli allestiamo piazze di sosta temporanea dove pagano le utenze e dopo tot mesi devono nomadare”. Matteo Salvini è intervenuto più volte chiedendo la schedatura delle persone che vivevano nei campi rom chiedendo di applicare il principio di espulsione per chi non aveva il permesso di soggiorno e imprigionare donne incinte con minori che elemosinano e delinquono. A poco serve ricordare che la maggioranza sono cittadini italiano o europei e che la quasi totalità dei Rom, Sinti, Camminanti non sono più nomadi ma stanziali. Allora si focalizza che i loro stili di vita non rispondono ai criteri di italianità e spesso hanno comportamenti illegali attribuendo responsabilità non agli individui ma un intero popolo.

Il confronto richiamato negli ordini del giorno si focalizza sulla carenza di informazione previa agli abitanti del quartiere; sulla poca chiarezza del come superare la temporaneità dell’accoglienza in centri inadeguati; il concentrare tali centri in aree con scarsità di servizi che facilitano i conflitti sociali. Affrontare i problemi che riguardano la convivenza interetnica e interculturale è una sfida difficile e complessa. Tali problemi, per questo, non hanno soluzioni facili ed immediate. Occorre affrontarli con una previa analisi specifica del contesto locale e trovare le mediazioni possibili che considerino il rispetto dei principi fondamentali delle legislazioni e la gradualità e continuità degli interventi. Troppo spesso prevale non l’analisi oggettiva e il pensiero critico ma l’esigenza di parteggiare abdicando alla difficile ricerca dell’adeguatezza coerente con il rispetto di principi e valori condivisi.

Quando si è maggioranza e si ha la responsabilità del decidere prevalgono la comprensione per le carenze esistenti e la loro giustificazione. In opposizione le procedure sono sempre inadeguate, il coinvolgimento scarso e l’informazione previa carente o inesistente. Le posizioni assunte anche nella questione delle famiglie ospitate in via della Cerquetta non fanno eccezione e non sarebbe male se si attenuasse il grado di strumentalità aumentando il rispetto dovuto per contribuire alla soluzione del problema.

Le esperienze fatte in precedenza e in altri territori indicano che per quanto riguarda le popolazioni Rom, Sinti e Camminanti oltre al problema sociale di emarginazione e povertà si pone anche una questione storica di discriminazione culturale e una difficoltà ad accettare le trasformazioni che la modernità vuole imporre. Per questo vanno analizzate le situazioni e condizioni specifiche, le modalità acculturative esistenti e il rispetto delle diversità che, nell’ambito della legalità, sono un diritto di ogni identità personale e di etnia. Anche loro hanno dovuto adattare la loro vita ai cambiamenti epocali che l’Italia ha fatto nell’ultimo secolo: da una società prevalentemente agricola al forte processo di industrializzazione, e oggi di prevalente terziarizzazione avanzata.

I processi di inclusione sociale hanno bisogno di tempi lunghi e di una adeguata programmazione che contempli il rispetto della libertà scelta delle persone e dei gruppi sociali di determinare il loro futuro senza abdicare alla loro identità culturale. Il come farlo deve essere definito con l’apporto degli operatori che hanno la responsabilità di governare l’intervento con la loro professionalità e conoscenze di mediazione culturale e sociale necessaria. Ciò implica una programmazione di medio periodo e risorse adeguate a poter intervenire con efficacia e risolvere i problemi affrontati.

Vincenzo Pira

 

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