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Celleno e S.Angelo: il borgo fantasma e il paese delle fiabe

Derattizzazioni e disinfestazioni a Roma

Scegliete una bella giornata, uscite non troppo tardi, portate con voi i bambini e preparatevi a trascorrere una piacevole giornata tra belle meraviglie: questa volta vi suggeriamo due mete nei pressi di Viterbo: il paese di Celleno con il suo “borgo fantasma” e il piccolo borgo di Sant’Angelo di Roccalvecce, il “paese delle fiabe”.

Per raggiungerli si può percorrere la Cassia fino a Viterbo e poi seguire la via Teverina oppure (n questo caso il tragitto è più breve) prendere l’Autostrada A1 e uscire ad Attigliano; poi da lì  salire a  Celleno (circa 20 km).

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Quale che sia l’itinerario, viaggerete comunque tra piacevoli campagne e piccoli borghi con le case in tufo, rallegrati in questo periodo dai colori vivaci delle mimose in fiore.

Ecco Celleno

Il paese di Celleno nuovo è un piccolo abitato con le case basse disposte su file parallele realizzato quando il borgo vecchio, situato su uno sperone di tufo, ha cominciato negli anni ‘30 a franare; gran parte del paese vecchio così è andato perduto.

La sua origine è molto lontana, si tratta di un insediamento etrusco (IV-III sec. a.C.) posto sulla antica via tra Orvieto e Bagno Reggio; il fortilizio, oggi Castello Orsini,  posto su di un solo lato della rupe venne realizzato tra il X e XI secolo e l’intero insediamento passò da una famiglia all’altra per finire poi nelle mani di madre chiesa. Sconvolto da numerosi terremoti e frane venne abbandonato ai primi del ‘900; gli abitanti diedero così vita al nuovo paese posto  a poche centinaia di metri.

Oggi di Celleno vecchio rimane solo una piccola parte comprensiva del Castello e di alcune abitazioni con vicoli e vecchie botteghe; nonostante non sia più abitato l’antico borgo è stato consolidato e sottoposto ad un eccellente restauro tanto che oggi può essere agevolmente visitato.

Ad accompagnarvi saranno i soci dell’Associazione Benvenuto Cellini che vi illustreranno le caratteristiche del “paese fantasma” e vi porteranno nel piccolo museo dove sono raccolte antiche stoviglie colorate (tazze, piatti, bicchieri e brocche) recuperate durante le tante campagne di scavo.

Nel museo troverete anche una vera e propria rarità: un antichissimo “orcio” usato dai romani per l’allevamento dei ghiri (gli antichi romani non avevano grande rispetto per l’ambiente e perciò erano ghiotti di istrici, ricci e ghiri).

Il “borgo fantasma” di Celleno è straordinariamente bello e mantenuto in condizioni ottimali; la visita alle vecchie botteghe artigiane, per l’accuratezza delle ricostruzioni, è un viaggio affascinante nel tempo.

E ora a Sant’Angelo, paese delle fiabe

A circa 6 km da Celleno, sempre percorrendo la Via Teverina, si arriva a Sant’Angelo, piccolo paese che si snoda lungo la strada e che si presenta al visitatore come un gigantesco murales: moltissime abitazioni sono state affrescate con immagini tratte dalle più note fiabe.

Sono ben 54 grandi dipinti che ricoprono pareti e muretti e richiamano alla mente fiabe classiche come Pinocchio, Cenerentola, il Cappellaio Matto, Biancaneve, la Bella Addormentata ma anche libri e racconti: Mary Poppins, Willy Wonka, il Piccolo Principe, la Sirenetta, la Carica dei 101. Ce n’è per tutti i gusti.

Partendo dalla “piazza grande” si può gironzolare per le strade osservando i giganteschi affreschi eseguiti in molti stili diversi passando da una fiaba all’altra  o da un racconto a una leggenda.

Uno sguardo ai dintorni

Terminata la visita al “paese delle fiabe” chi ama sgambettare può tornare a Celleno  lungo un bel sentiero (un’ora di cammino) oppure scendere alla Forra dell’Infernaccio con la sua cascata di oltre 20 metri.

Una volta effettuata la visita ai due borghi ci si può spostare poi verso Civita di Bagno Reggio o  Bomarzo o  l’area archeologica di Ferento oppure puntare sul lago di Bolsena, il più grande lago vulcanico d’Europa.

In questa splendida area del Lazio, ancora poco antropizzata e dove la natura fa a gara con l’arte, non mancano poi ristoranti e trattorie famosi per la carne (anche di cinghiale) alla brace.

Francesco Gargaglia

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