“Nel deserto non c’è nulla…e nessuno vuole il nulla” dice il Principe Feisal a un giovane Tenente Lawrence. È un dialogo di uno dei film più belli e spettacolari della storia del cinema: “Lawrence d’Arabia” di David Neal. In effetti nel deserto non c’è proprio niente: solo solitudine e caldo. Caldo e solitudine.
Come a Roma in questa domenica di Luglio annunciata come caldissima e rovente; qualcuno ha definito l’estate 2023 come la più calda a memoria d’uomo, giusto per creare un po’ di meteo-panico.
Un tour per Roma Nord ci ha però mostrato il deserto; forse non quello del Wadi Rum in Giordania ma comunque sempre il deserto.
La Cassia e Corso Francia desolatamente vuote, senza anima viva; Ponte Flaminio senza auto e Ponte Milvio, di solito brulicante, vuoto e silenzioso. In via Capoprati, pochi i banchi del mercato dell’antiquariato e ancora di meno gli avventori.
Anche la pista ciclabile deserta; poi. come un miraggio, è apparso un isolato corridore, una fascia sulla fronte e il viso sconvolto da una smorfia di sofferenza. Ma chi glielo fa fare a questo povero disgraziato, ci siamo chiesti.
In effetti per fare caldo faceva caldo, 35 gradi e più; il deserto, si sa, spinge alla meditazione e così, mente il sole imperversava, un dubbio ci assale: è soltanto una questione di caldo oppure siamo noi che non riusciamo più a sopportarlo?
Non esiste oggi ambiente pubblico o privato che non abbia l’aria condizionata, e così passiamo da un locale refrigerato a un altro soffrendo quando non godiamo di un po’ di fresco artificiale. E non parliamo dell’auto. Un tempo a fare fresco ci pensavano i “deflettori”, oggi un’aria condizionata tanto potente da influire sulle prestazioni del motore.
Stessa cosa per il freddo; nessuno oggi sarebbe in grado di vivere senza il tepore di un impianto di riscaldamento; eppure sembra, a detta di alcuni cronisti dell’epoca, che nell’antichità il Tevere sia gelato e a Roma abbia nevicato un inverno per 40 giorni. E mica c’erano le caldaie a gas…
Insomma il nostro fisico per quanto ben curato ed atletico non è certo più quello di una volta e non parliamo mica di tanto tempo fa; forse un cinquant’anni quando tutt’al più nelle giornate di canicola ci si rinfrescava con una fetta di cocomero, una grattachecca e un ventilatore.
Non c’è dubbio: l’uomo moderno soffre il caldo. Un rimedio: per chi non ha la possibilità di trasferirsi verso le calotte polari non rimane che “ignorarlo”, fare finta di niente e soprattutto togliere l’audio durante la trasmissione delle previsioni meteo.
Francesco Gargaglia
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