A Labaro, in via Sirmione 19, c’è un gioiello dell’architettura nazionale: Casa Baldi. Fu costruita tra il 1959 e il 1961 e pensata per il regista Gian Vittorio Baldi, da un giovane Paolo Portoghesi, noto architetto italiano oggi novantunenne, esponente della corrente del Postmodernismo.
L’opera rappresentò un innovativo manifesto architettonico del primo dopoguerra. Un edificio “intenzionalmente ambiguo” per parola dello stesso autore. Un innovativo manifesto programmatico di ricerca sperimentale verso un nuovo linguaggio legato ai luoghi e alla storia.
Il gioiello architettonico dell’architetto Paolo Portoghesi torna a nuova vita grazie all’accurato restauro realizzato recentemente. Nella collina dove sorge Casa Baldi esisteva una cava di tufo, che però era stata chiusa. Portoghesi si è posto il problema di dare una risposta al luogo, caratterizzato sul versante verso il fiume da un’alta spalliera di tufo e dal protagonismo del rudere: i resti di un sepolcro dove si mescolavano parti di tufo rosso, che proveniva dalle cave vicine, e di quello giallo che era invece delle cave di Riano.
In questo ambiente suggestivo ha dato corpo, per la prima volta, a quella ricerca dell’anima dei luoghi che non implica semplicemente l’adesione ad un’architettura di matrice organica, ma la volontà di inserire nel progetto architettonico segni e presenze non solo del dato naturale ma anche di quello storico e culturale, della tradizione nel senso più nobile del termine.
Cosi la trasformazione di Casa Baldi sembra in fondo sottolineare nella sua nuova funzione quello che Portoghesi affermava in modo esplicito nel 1962: “Casa Baldi è un edificio ambiguo, aperto a molteplici letture; e poiché questa ambiguità è intenzionale e dovrebbe servire a provocare nell’osservatore una volontà attiva di interpretazione, coinvolgendolo in una narrazione che lo renda partecipe e quasi co-autore dell’opera, una giustificazione analitica potrebbe essere oltre che inutile, contraddittoria”.
Vincenzo Pira
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