
Il mestiere di medico e quello di giornalista hanno almeno due cose in comune. La prima è che per farli bene conta molto averne avuta la vocazione; la seconda è che se li hai fatti per vocazione ti convinci presto di stare facendo il mestiere più bello del mondo. Una gran bel match.
Mi sono messo a leggere “Dalla Parte del Cuore, Storie di un cardiologo e dei suoi pazienti“, libro di Antonio Rebuzzi ed Evita Comes (Rubettino editore, 140 pp. 15 euro) per farne la recensione, ma mi sono bastate due o tre pagine per capire che non è un libro che puoi leggere solo per farne la recensione.
Non è solo il libro in cui un importante cardiologo – per 40 anni nell’unità coronarica di cui poi è diventato primario – racconta qualche storia della sua lunga e straordinaria carriera, al Gemelli di Roma. Il Professor Antonio Rebuzzi. È anche un gran bel libro. Appassionante, avvincente, commovente, molto ben scritto e impossibile da lasciare in disparte prima di averlo finito.
“Conviene leggere queste storie – scrive Renato Zero, paziente e amico, nella prefazione – per stabilire una volta per tutte che non basta una cattedra, un buon curriculum, né un nome altisonante. Poiché ciò che distingue un medico da un altro, neanche a dirlo, è proprio “IL CUORE”. Ma ciò che distingue un libro qualsiasi da un bel libro è la penna. E questa degli autori è una bella penna. Che compensa molto ampiamente le prevedibili poche parentesi un po’ accademiche. Non per niente sono due giornalisti. Perché anche il Prof. scrive. Spesso, il mercoledì sul Messaggero.
Indovinatissima l’idea dell’alter ego come voce narrante. Quello che avrebbe voluto una vita tranquilla, quello che da anni ormai spera di convincere il suo coinquilino ad andarsene in pensione per cominciare finalmente a godersi la vita, ma che poi è costretto ad ammettere, in questa lunga chiacchierata col suo Antonio, che guardarlo combattere per attenuare le sofferenze altrui gli ha fatto scoprire il suo essere vero, reale. “In quel punto focale che sta tra l’accorgersi degli altri per dovere di medico e il dedicarsi agli altri per dovere di uomo”.
Tante storie, ma alla fine una sola, quella della battaglia della vita contro la morte. A furia di combatterla ti rendi conto di quanto l’essere umano sia fragile e che l’unica ancora di salvezza è ritrovare la nostra umanità. “L’unico modo per avere meno paura”.
Michele Chialvo
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