E’ del 28 febbraio il Rapporto sul Clima pubblicato dall’ONU dove si ipotizzano per il futuro dell’intero pianeta scenari apocalittici: l’ennesimo rapporto “catastrofista” oppure un grido di allarme su una situazione che con il passare del tempo rischia di diventare irreversibile?
Chi era convinto che gli incontri sul clima del 2021 in Italia e Inghilterra avrebbero portato rapidamente ad una qualche soluzione dovrà, davanti a questi dati impietosi, ricredersi: per il 2100 è previsto un innalzamento della temperatura di 3° con conseguenze devastanti sull’intero pianeta.
Aumento della mortalità per colpi di calore a causa della incapacità umana di adattamento alle alte temperature, siccità, dimezzamento dei raccolti per la mancanza di risorse idriche e nel contempo alluvioni e inondazioni devastanti e aree del pianeta che diverranno inabitabili.
A scontare questa drammatica situazione sarà soprattutto il bacino del Mediterraneo dove le temperature, comprese quelle dei mari, sono in più rapido aumento (potrebbero arrivare a fine secolo a +5,6°); al sud si registreranno gravissimi fenomeni siccitosi mentre al nord, dopo un miglioramento temporaneo delle condizioni climatiche con aumento della produzione agricola, ci sarà un decisivo crollo a causa della combinazione calore-siccità.
Il rapporto è stato redatto dall’IPPC (l’organismo delle Nazioni Unite che valuta la scienza relativa ai cambiamenti climatici) che in poche parole ci dice: “Siamo agli sgoccioli….la finestra temporale per intervenire sta per chiudersi!”.
L’aumento delle temperature non solo, come detto, provocherà cambiamenti climatici devastanti che genereranno una modifica drastica nelle abitudini di vita dei popoli, ma anche una diminuzione delle piogge (sino al 22%) e un aumento degli incendi boschivi (tra il 98 e il 187%).
Una prospettiva futura drammatica e complessa che già oggi appare difficile da risolvere o quanto meno contenere a meno di una decisa inversione di rotta che a quanto pare non sembra però essere nelle intenzioni dei “grandi” del pianeta.
Senza la ricostruzione degli “ecosistemi” danneggiati sarà molto difficile venire fuori da una situazione che già oggi provoca immani danni soprattutto alle popolazioni più povere. Se si ipotizza che in un futuro prossimo gli sfollati dai paesi africani potranno essere non meno di 150 milioni non è da escludere che anche chi vive nel sud Europa non possa divenire, in futuro, uno “sfollato climatico”.
Certo qualcuno potrà anche obiettare sulla validità di questi dati e mettere in dubbio le analisi catastrofiste degli scienziati e pensare che tutto sommato “qualcosa si sta facendo”.
Purtroppo i dati provenienti dalle più disparate fonti (oggi grazie ad Internet consultabili da chiunque) ci dicono esattamente il contrario. Soprattutto ci mostrano i grandi “leader” mondiali, anziché essere totalmente impegnati nel risanamento ambientale del pianeta, coinvolti in assurde manifestazioni di forza per il governo economico della terra.
E allora al povero cittadino ( le città sono degli “hotspot di rischi multipli” dice il report dell’IPCC) cosa resta da fare? Ci verrebbe da dire poco o niente, se non adottare uno stile di vita più consono alle politiche ambientali. E poi sperare in un ravvedimento della politica. Sempre che non sia troppo tardi.
Francesco Gargaglia
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