“Mi sento abbandonata dalle strutture sociali”. Raccogliamo un appello, una richiesta di aiuto e di attenzione: a raccontarci la sua storia è Barbara Maresti, residente nel XV Municipio, disoccupata e affetta da una forma grave di osteoporosi che la rende invalida al 67%.
“Vorrei denunciare la mia situazione, perché ritengo sia importante parlarne, anche per chi vive situazioni simili alla mia”, inizia a raccontarci Barbara dalla sua casa in via Cassia, zona Grottarossa. La voce è giovane e piena di energia, ha 54 anni e molta voglia di rimettersi in piedi al più presto, ma ha le ossa di una novantenne e si ritrova facilmente con fratture importanti e invalidanti.
I problemi di Barbara hanno inizio nel 2012, quando scopre di essere affetta da una forma grave di osteoporosi. “Avevo una forte bronchite e per colpa di un colpo di tosse mi fratturai una vertebra. Ricordo ancora il dolore lancinante e l’incredulità nello scoprire la mia fragilità. La mia osteoporosi è probabilmente dovuta a una celiachia non scoperta in tempi utili”.
Da quel giorno la vita di Barbara è cambiata notevolmente a causa dei continui infortuni alle ossa. “Negli ultimi vent’anni ho subito moltissimi traumi, ho perenni dolori, anche quando sono sdraiata a letto. Per fortuna, però, il canale vertebrale non si è ancora leso e quindi posso camminare, ma conduco una vita tutt’altro che semplice”.
“L’anno scorso mi sono rotta rotula e polsi, quest’anno l’omero destro con fratture scomposte e la rotula sinistra per una caduta accidentale in un negozio. Sembro RoboCop – ci spiega ironica per sdrammatizzare – una struttura di viti e cavi in acciaio tiene insieme i pezzi scomposti della mia spalla e un tutore avvolge tutta la gamba”.
Dopo l’operazione in ospedale, Barbara è tornata a casa, sperando di poter contare sull’aiuto a domicilio dei servizi sociali del Comune o del Municipio, ma così non è andata. “Questa volta non mi sono sentita di andare in una struttura di riabilitazione, perché l’anno scorso mi sono trovata malissimo. La scorsa settimana sono venuti gli assistenti sociali per un colloquio e alla mia richiesta di un aiuto concreto mi hanno risposto che posso richiedere solo un pasto al giorno perché non sono su una sedia a rotelle. Questo è tutto, ma non è sufficiente per me”.
Barbara, infatti, al momento ha bisogno di aiuto per alzarsi dal letto, per spostarsi dalla sedia alla poltrona, per le cure igieniche. “Mi aiuta mia figlia quando torna da scuola e una persona che viene qualche ora la mattina, ma che paga mia sorella perché io ho perso il lavoro nel 2018 e percepisco solo il reddito di cittadinanza, con cui faccio la spesa e affitto il deambulatore”.
Nel caso di fratture non permanenti, apprendiamo, non è previsto il rimborso per l’affitto degli ausili né per l’assistenza a domicilio. In compenso, il Centro Assistenza Domiciliare (CAD) di Asl Roma 1 le permette di fare fisioterapia tre volte alla settimana.
“Questa è l’unica cosa che funziona, per il resto mi sento abbandonata dalle strutture sociali. Roma non è accogliente per chi ha disabilità, fa spavento pensare a come possano cavarsela, come possa sopravvivere senza aiuti chi è più anziano, senza figli e senza la forza di rialzarsi”.
Giulia Vincenzi
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