
Facciamocene una ragione. Nel terzo millennio progresso e scienza sono riusciti a far viaggiare i privati (purché miliardari) nello spazio come se prendessero un bus ma non hanno sconfitto un minuscolo insetto che imperversa nell’intero pianeta: l’aedes aegypti ovvero la zanzara.
Presente fin dal giurassico in oltre 3500 specie è l’incubo notturno e diurno di miliardi di persone; a nulla è servita la ricerca e la chimica; praticamente invincibile è portatrice di numerose e gravi infezioni oltre ad essere, almeno nella nostra città, una gran “rompiballe”.
Specie la “aedes albopictus” più nota come zanzara-tigre per le sue striature biancastre sul corpo; tenace, combattiva, resistente, non teme il freddo e se ne infischia di insetticida e spray. Si ciba in verità dei succhi zuccherini delle piante ma la femmina, per portare a maturazione le uova, come un vampiro ha bisogno di sangue. Animale o umano, ma sembra preferire di gran lunga il secondo.
Nella stagione calda porta a compimento il suo ciclo vitale a volte in una settimana e in una stagione è capace di generare una infinità di insaziabili succhiasangue.
Lo sviluppo larvale richiede piccole quantità di acqua o ambienti umidi a pochi centimetri dall’acqua; i luoghi ideali sono le caditoie, i vecchi copertoni, i sottovasi insomma qualsiasi luogo dove ci sia un pur minimo deposito o traccia di umidità.
Una volta terminata la fase di larva e pupa la nostra zanzara è pronta a lanciarsi all’attacco di carni tenere come quelle dei bambini, sostando durante le ore calde, per non disidratarsi in ambienti umidi, come l’erba e le piante.
Tutti quelli che hanno la fortuna di possedere un giardino sanno bene che l’estate camminare sull’erba con gambe e braccia scoperte vuol dire esporsi all’attacco concentrato di queste implacabili vampiresse; a meno di tagliare periodicamente erba ed erbacce, eliminare i ristagni d’acqua e usare un insetticida.
Lo sanno bene i proprietari di giardini ma non il più grande “proprietario terriero” della capitale, il Comune di Roma.
Se così non fosse procederebbe nella stagione calda al taglio dell’erba all’interno di parchi e aree verdi e alla eliminazione della disordinata vegetazione stradale oltre ad una intensa e vasta operazione di disinfestazione (anche con prodotti di sintesi e per quanto possibile “naturali”); ad oggi tranne inutili e patetici tentavi che hanno coinvolto rondini, chirotteri e anfibi non viene messa in atto, specie nelle zone periferiche, una efficace campagna anti-zanzare.
I condomini in genere se la cavano da soli programmando, nell’arco della stagione estiva, più interventi da parte di ditte specializzate che irrorano giardini e pertinenze condominiali; ovviamente l’effetto è assai limitato se anche i condomini vicini non effettuano lo sfalcio dell’erba e la disinfestazione.
L’abbandono totale dei parchi, giardini e aiuole è la ragione principale della presenza delle zanzare in città anche dove non c’è traccia di acqua; i molesti animaletti trovano sistemazione tra la vegetazione alta e incolta approfittando del fatto che ogni pianta rilascia una certa quantità di “vapore acqueo” che le mantiene fresche e idratate.
Il fatto che strade, piazze, aiuole, giardini e parchi da anni soffrano di una sistematica e gravissima assenza di manutenzione ha trasformato la città in una foresta tropicale abitata da insetti molesti proprio come la “zanzara tigre”.
Certo nessuno vorrebbe una città completamente “sterilizzata” (per lo più da insetticidi!) priva di mosche, ragni, scarafaggi, vermi, farfalle, coleotteri e api, che da sempre fanno parte dell’ambiente urbano e convivono tranquillamente con gli essere umani.
Ma il proliferare delle numerose specie di zanzare è in realtà il risultato di un grave stato di abbandono delle are verdi cittadine, del proliferare dei rifiuti in strada e dell’assenza totale di una corretta manutenzione. Per contro il costante consumo di territorio con la conseguente distruzione degli ambienti naturali ha ridotto drasticamente i “predatori” naturali, gli unici “amici” che avevamo nella lotta alle zanzare.
Francesco Gargaglia
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