“Dopo una lunga carriera da dirigente in grandi multinazionali, quattro anni fa ho iniziato a scrivere. Trascorrevo molte ore in treno per motivi di lavoro ed è stato a quel punto che ho scoperto questo mio grande amore per la scrittura.”
A raccontare questa sua grande passione è Francesco Sagone, ex dirigente della IBM – multinazionale leader dell’informatica – e poi di altre aziende altrettanto importanti e oggi scrittore. Pensionato, padre di tre figli, Sagone dopo una lunga carriera lavorativa ha deciso di dedicarsi alla scrittura, un sogno realizzato a partire dal 2016 che ha fruttato già tre libri.
“Sono fortunato, ora sono ad Anzio, al mare, sotto l’ombra di una tettoia e scrivo” – inizia così la sua intervista, una lunga chiacchierata con la redazione di VignaClaraBlog.it in cui Francesco Sagone racconta come la sua vita sia stata un susseguirsi di eventi legati tra loro, un unico filo che spesso ha tenuto uniti elementi del passato con il presente e viceversa; un susseguirsi di avvenimenti che seppur differenti tra loro, hanno sempre avuto in comune la passione e l’impegno.
Dai chip ai libri, Sagone come De Crescenzo
Passione e impegno nella vita personale, costruita passo dopo passo attraverso un’educazione rigorosa, una formazione scolastica rigida, due grandi legami alle spalle più il terzo, l’attuale splendida consorte, tenace al suo fianco da ben 26 anni, tanti figli e altrettanti nipoti.
La stessa passione e lo stesso impegno che hanno caratterizzato anche la sua vita lavorativa, scandita da numerosi successi e riconoscimenti, anche a livello internazionale, e questa nuova esperienza, quella nei panni dello scrittore.
“Scrivere è come viaggiare nel tempo, oltre che attraverso i luoghi”, ama dire Francesco.
Una storia, la sua, che ricorda quella del compianto Luciano De Crescenzo (deceduto a luglio 2019), che proprio come lui, prima di dedicarsi alla narrativa, alla saggistica e allo spettacolo fu apprezzato dirigente della “big blue”, soprannome storico della IBM, interpretando però il suo ruolo in modo dissacrante ed accattivante nell’epoca in cui – siamo negli anni ’70 – lo stile dei “colletti bianchi”, i cosidetti “yesmen”, era invece imperante.
Beh, chi conosce Sagone dice che anche lui non è stato mai uno yesman e che, come De Crescenzo, una delle sue doti è, ed era, un bel “caratterino”…
Un libro tira l’altro
Con tre titoli alle spalle – tutti edizione ALBATROS, Il Filo – da acquistare in libreria o online, i libri di Sagone possono essere letti singolarmente e indipendentemente l’uno dall’altro, anche se seguono uno svolgimento temporale progressivo. Sono firmati con lo pseudonimo Elios F.Genoa, e il protagonista dei tre volumi – che portano tutti lo stesso titolo e tre diversi sottotitoli in latino – è Rinaldo.
“La mia è stata una vita romanzesca, e anche per questo un giorno ho deciso che avrei dovuto raccontare il passato. Volevo che i miei figli e i miei nipoti oltre a conoscere meglio la mia storia personale potessero davvero rendersi conto di tutto quello che è successo dagli anni ’60 in poi; sono stati periodi intensi, anni di lotte e rivolte politiche, fatti di cronaca importanti, eventi storici non trascurabili.”
Nei testi di Francesco Sagone traspare proprio questo, l’accuratezza del racconto, l’attenzione al dettaglio; i suoi libri sono vivi, mai noiosi, ricchi di racconti, episodi, fatti collaterali.
Addirittura il suo primo volume, “Il Guerriero – Ad urbe condita”, è condito di dettagli piccanti, “colorato” in un secondo momento dallo scrittore che su suggerimento dei primi “editors” aggiunse quel tocco osé, molto appropriato per descrivere lo stupore e l’esaltazione di un ragazzo sedicenne, il protagonista, di fronte alle prime, meravigliose esperienze d’amore e di sesso.
Il Guerriero – Ad urbe condita
Il primo libro narra proprio questo, racconta gli inizi del sentire cosciente e delle guerre tipiche dell’età adolescenziale: la conquista delle ragazze e la promozione obbligata a scuola. Anni e famiglie, come quella di Sagone, in cui la bocciatura non era contemplata e anzi la ricerca mirava sempre a scegliere il Liceo e la sezione più duri.
Nel “Il Guerriero – Ad urbe condita” sono raccontate le avventure di Rinaldo, il Sagone adolescente, durante gli anni del Liceo Classico Augusto di Roma. E’ il periodo tra il 1964 e il 1967; la tanto temuta maturità dell’epoca, i professori incredibili – il libro è dedicato al suo tremendo insegnante di latino e greco, severo, inflessibile e mal sopportato da tutti gli studenti ma poi benedetto per tutta la vita per gli insegnamenti dati – le fanciulle inarrivabili, gli scherzi giovanili, le rimembranze classiche, i primi amori.
“All’epoca per conquistare una ragazza dovevi fare le “sette fatiche d’Ercole”, erano i tempi in cui un adolescente poteva passare anche le ore sotto casa della sua innamorata nella speranza di incontrarla; una volta conquistata iniziava l’avventura per poterle telefonare, dovevi trovare il gettone, cercare un telefono, sperare che la linea fosse libera. Non finiva qui perché poi dovevi affrontare le famiglie.”
“Il Guerriero 1968 – Per aspera ad astra”
Il secondo volume, “Il Guerriero 1968 – Per aspera ad astra” racconta la storia di Rinaldo dalla maturità agli anni universitari. Sagone li chiama gli anni della “guerra civile”: le assemblee, i cortei, le occupazioni, la difficoltà a frequentare i corsi e studiare.
La propria pelle salvata più di una volta negli scontri, la ribellione contro i soprusi e “il pensiero unico imperante”, gli esami infiniti. Per Francesco Sagone quelli furono anni durissimi, come duro fu anche il percorso per raggiungere la laurea in chimica industriale, guadagnata in cinque anni e dopo 33 esami, pur lavorando dal quarto anno ed essendosi già sposato.
“Mi laureai con una votazione di 110 che a posteriori quel voto diventò il biglietto d’ingresso per entrare all’IBM, che all’epoca privilegiava le lauree quinquennali conseguite in 5 anni con il massimo dei voti” racconta alla nostra redazione Francesco Sagone che aggiunge di credere negli “angeli custodi”.
“Con la macchina da scrivere di mio padre avevo battuto, su matrici, una dispensa di Chimica Organica Due, una materia per la quale non esisteva il libro di testo; una volta pronta, ne ciclostilai 150 copie e andai in facoltà con lo scatolone pieno di copie per venderle. Dopo tre ore le avevo date via tutte e 150; a un certo punto un ragazzo mi disse che gli interessava la dispensa ma che non aveva i soldi per comprarla. Gliela regalai, poco dopo tornò e mi suggerì di presentarmi ai laboratori chimici delle dogane dove assumevano anche laureandi “pagandoli a cottimo”; feci domanda e mi presero, con un salario massimo di 60 mila lire mensili, grazie al quale mi sposai. Una volta assunto un giorno una mia collega, dottoressa in chimica mi consigliò di provare con l’IBM e da lì iniziò la mia carriera in quell’azienda.”
Quello del secondo libro, il suo preferito, è la storia dei cinque anni della laurea alla Sapienza di Roma e anche un viaggio attraverso le principali vicende del nostro Paese raccontate dall’occhio di un giovane studente universitario; nel testo l’autore scrive le cronache degli eventi del tempo con un carattere più piccolo così che il lettore possa scegliere se leggerle oppure no.
“Il guerriero 1973 – Ad impossibilia … tenetur”
Il terzo, “Il guerriero 1973 – Ad impossibilia … tenetur” parla del mondo del lavoro, della sua carriera iniziata come chimico e subito dopo proseguita in IBM.
“In questo volume racconto le avventure lavorative dal ‘73 al ‘78 e sono certo che pur avendo cambiato i nomi, alcuni personaggi potrebbero riconoscersi, come sono anche sicuro che ad alcuni di loro la mia descrizione non piacerà. A posteriori però, posso dire di nutrire per tutti un ricordo egregio.”
La scelta del sottotitolo del terzo volume “Ad Impossibilia … tenetur” non è casuale ma riporta ad un’antica massima latina di poco modificata.
“L’originale “Ad impossibilia nemo tenetur”, tradotta significa letteralmente “Nessuno è tenuto a fare miracoli”, nel nostro lavoro, invece, quel “nemo”, nessuno, stonava, perché al contrario i miracoli eravamo tenuti a farli, eccome. – spiega ironicamente Sagone – erano i secondi anni ’70, e l’IBM è stata un’azienda che ci ha dato molto”.
Un’amicizia, grandi amori e un sogno…
“Parlo al plurale perché di quel periodo ho un altro bel ricordo: l’esperienza lavorativa trascorsa con il direttore editoriale del vostro giornale, Claudio Cafasso, che proprio come me, prima di appassionarsi alla scrittura, lavorò per molti anni come dirigente della grande IBM” – continua lo scrittore.
In tutti e tre i testi, Francesco Sagone racconta anche la sua vita sentimentale, i suoi grandi amori, i figli, l’affetto per i ragazzi della sua seconda moglie; uno dopo l’altro, come i suoi volumi, snocciola racconti su eventi della sua esistenza che come pezzi di un grosso puzzle alla fine coincidono alla perfezione.
“Il mio primo libro non volevo neanche pubblicarlo, ci tenevo a scriverlo perché la mia famiglia allargata potesse leggerlo, poi mi sono lasciato convincere anche per la pubblicazione. Scrivere è rivivere il passato, nei volumi ci sono dei dialoghi con mio padre, ogni volta ho sempre la stessa sensazione mi sembra davvero di parlare con lui.”
Sagone sta scrivendo il quarto libro, ma non ha intenzione di fermarsi qui: “Quando terminerò questo testo inizierò con il quinto, ho ancora molte cose da raccontare”.
Ludovica Panzerotto
© RIPRODUZIONE RISERVATA