Se la notizia di per se non fosse assurda la potremmo considerare come la barzelletta di inizio d’estate: i campioni presi dal Tevere a seguito della grande moria di pesci sono inutilizzabili perché i pesci prelevati dopo qualche giorno dall’evento erano in tale stato di putrefazione da non poter essere utilizzati. Le analisi pertanto andranno rifatte.
Volendo mantenere alta l’attenzione sullo stato del Tevere, che una politica miope e inadeguata ha trasformato oggi in un nuovo Stige, uno dei cinque fiumi presenti negli Inferi , abbiamo deciso di effettuare un sopralluogo con la nostra canoa e con piccolo strumento digitale che misura la conducibilità dell’acqua.
Mica analisi scientifiche, sia ben chiaro. Ma noi sappiamo che valori alti di conducibilità portano a ritenere che nelle acque ci siano elevate concentrazioni di sostanze, in modo particolare metalli. Maggiore la conducibilità più alta la concentrazione.
E’ vero che tali sostanze sono presenti finanche nelle acque minerali, come nitriti e nitrati, potassio, stronzio, magnesio e solfati, ma lo sono in percentuale adeguata e hanno addirittura un effetto benefico.
Diverso è il discorso per il Tevere che da decenni riceve sversamenti sotto forma di acque reflue provenienti da ogni dove; e la moria di pesci non è certo un buon segnale anche se qualcuno ha voluto precisare: “E’ capitato anche in passato”, come se una tragedia che si ripete ciclicamente sia in fin dei conti normalità.
Qualcuno potrebbe forse ritenere eccessivo il nostro accanimento nel denunciare lo scempio del Tevere; il fatto è che da anni seguiamo e denunciamo il grave stato del fiume sottoposto ad ogni genere di violenza e da anni ascoltiamo le inutili quanto roboanti proposte della politica.
Progetti e piani che tra l’altro, sotto forma di ricerche e studi, assorbono parte delle poche risorse disponibili; in tanti anni abbiamo visto poco o niente se non la recente pulizia (sfalcio dell’erba) delle banchine e in passato la ridicola quanto inutile iniziativa dei “Tevere Rangers”, quando a governare la Regione Lazio c’era la Polverini.
Nessun piano “strategico”, nessun intervento radicale, nessuna iniziativa di vasta portata relativa a tutto il bacino del Tevere; e tutto questo mentre i vari organi istituzionali che hanno una qualche competenza sul fiume si rimpallano le responsabilità, come per la vergognosa discarica di Via del Baiardo, a Tor di Quinto: sei ettari ricolmi di rifiuti sulla sponda del fiume.
Nella realtà non ci si muove neanche per i piccoli interventi come lo sgombero dei tanti insediamenti abusivi, vere baraccopoli più o meno grandi che sorgono sulle sponde del Tevere e rappresentano fonti di gravissimo inquinamento biologico. Si preferisce cavillare su chi deve rimuovere i rifiuti, pulire le sponde, dragare le acque, effettuare i controlli.
La Direttiva Quadro Europea del 2000 (2000/60/CE) che aveva individuato 45 sostanze pericolose da monitorare attentamente e aveva disposto il risanamento dei corsi d’acqua entro il 2015 (il livello dei fiumi doveva raggiungere lo stato di “buono”) è, come la maggior parte delle direttive a carattere ambientale, rimasta lettera morta (se ci può consolare in qualche modo è rimasta lettera morta anche negli altri paesi). Pochissimi i miglioramenti tanto che oltre il 60% dei corsi d’acqua continua a rimanere in stato di grave alterazione naturale.
E’ proprio di questi giorni la grave notizia dei danni riportati agli stabilimenti balneari di Ostia a seguito di una forte mareggiata; dopo un periodo di forzata chiusura ora, sulle strutture appena realizzate, si è abbattuta un’altra sciagura. Ma d’altra parte come meravigliarsi; dopo aver snaturato il corso dei fiumi, Tevere compreso, oggi si fa finta di non sapere che le cause sono da ricercare nel mancato apporto di sedimenti (causato anche dai prelievi di inerti in alveo), nelle opere portuali spesso inutili o mal realizzate e nella forte antropizzazione delle spiagge.
E cosi mentre piove sul bagnato, alla foce del Tevere invece di sedimenti arrivano pesci morti.
Prima di imbarcarci abbiamo voluto controllare lo strumento misurando la conducibilità dell’acqua proveniente da un normale rubinetto: circa 600 micro-siemens, un valore nella norma per l’acqua potabile. Un operazione che abbiamo ripetuto sulla sponda del Tevere subito a valle di Ponte Milvio: i valori sono schizzati a 1300 micro-siemens. Mica male.
Navigando lentamene lungo l’argine di sinistra non abbiamo potuto fare a meno di notare la differenza tra l’acqua al centro del fiume, dove la corrente è più forte e di un bel colore verde e quella delle sponde decisamente sporca e ingombra di ogni genere di rifiuti.
Scooter, biciclette, transenne, seggiole metalliche, pezzi di televisore, bombole del gas, tappeti, stracci, polistirolo e centinaia di bottiglie di plastica. Immerso nell’acqua, il sensore dello strumento ha registrato valori tra 1300 e 1400 microsiemens, senza fare differenza tra acque in movimento e acque stagnanti.
Per poterlo fotografare, abbiamo raccolto con la pagaia un grosso pesce oramai in putrefazione con il risultato che il fetore ci ha poi accompagnato per tutto il resto del tragitto. Come non pensare allora ad una bella bottiglia di acqua minerale con il tappo perfettamente sigillato.
Abbiamo navigato tra Ponte Milvio e Ponte Risorgimento registrando gli stessi valori a conferma che lo stato delle acque è il medesimo, almeno per quanto riguarda la presenza di sostanze che favoriscono la conduttività.
I dati che abbiamo registrato, peraltro abbastanza alti, non hanno in realtà alcun valore scientifico; sebbene lo strumento digitale da noi utilizzato serva per il controllo della purezza delle acque all’interno delle cisterne, questi valori ci dicono solo che nell’acqua del Tevere ci sono disciolte sostanze che favoriscono la conducibilità. Quali siano queste sostanze, in quale percentuale e quale è il rischio potenziale (anche in considerazione del fatto che presto l’acqua del Tevere verrà utilizzata per uso potabile) aspettiamo che siano gli Enti preposti a dircelo. Insieme alle cause che hanno provocato la moria di migliaia di pesci.
Soprattutto sarebbe importante sapere se queste sostanze siano in grado di generare il famigerato “effetto cocktail” tanto temuto dagli scienziati.
Il Tevere, come la maggior parte dei fiumi italiani, rimane uno dei tanti problemi da risolvere urgentemente tenendo soprattutto presente lo stretto legame che c’è tra riscaldamento globale, inquinamento e disastri ambientali.
Nel mentre si fantastica già sulle decine di miliardi che dovrebbero arrivare dall’Europa e si parla insistentemente di grandi opere, sembra non venire in mente a nessuno che prima di ponti, cavalcavia, strade e autostrade, forse sarebbe necessario provvedere al risanamento ambientale e idrogeologico di questo martoriato paese privo di ogni forma di controllo e manutenzione del territorio.
Siamo il paese che si mangia in assoluto più territorio, registriamo le più alte temperature, i livelli dei mari sono saliti e le coste arretrate, vantiamo il primato della “terra dei fuochi” e abbiamo 39 SIN (siti di interesse nazionali) contaminati da idrocarburi, diossine, metalli pesanti e solventi.
Uno scempio ambientale che l’emergenza della pandemia ha posto in secondo piano; ma solo per qualche mese. Quelle migliaia di pesci morti nel Tevere sono un monito non solo per la per le istituzioni ma anche per noi: senza la nostra attenzione e vigilanza ogni ulteriore scempio sarà possibile.
Francesco Gargaglia
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e nel frattempo ce lo dovremmo pure bere..giusto?
Cfr. altro vs. articolo sul c.d. “potabilizzatore” https://www.vignaclarablog.it/2020052293150/a-roma-nord-presto-si-berra-lacqua-del-tevere/
In relazione alla moria di pesci sul sito dell’ARPA Lazio è stato pubblicato un comunicato del 6 giugno che dice: “I risultati analitici parziali relativi ai parametri chimici di base e microbiologici hanno evidenziato una concentrazione moderatamente elevata dei principali indicatori microbiologici di contaminazione fecale, dei nutrienti (principalmente fosforo e azoto) e dei cloruri (……..) I dati fin qui analizzati non forniscono ancora indicazioni chiare sulle possibili cause della moria di pesci rilevata”.
Nelle analisi effettuate sono riportati i valori dei campionamenti ma mancano i limiti o valori di riferimento.
Salve sig. Gargaglia, ho notato che quando ci sono questi acquazzoni violenti dagli sbocchi dei collettori viene immessa nel Tevere l’acqua lurida che normalmente affluisce ai depuratori; non potrebbe essere questo il problema? Queste morie di pesci mi sembra che si verifichino dopo intense precipitazioni.
Mi è venuto un dubbio: e se tutti i prodotti a base di ipoclorito (varechina o candeggina) fossero finiti in acqua? Ne basterebbero percentuali rilevabili per fare uno sterminio. Avendo avuto acquari per un trentennio, posso dirvi che anche il cloro presente nelle nostre condutture è letale per pesci tropicali, per esempio. Se pensate che tutti stanno sanitizzando usando prodotti a base di ipoclorito (quando il semplice ozono sarebbe non solo più efficace, ma anche innocuo), ho la ragionevole certezza che la dispersione nell’ambiente (quindi Tevere) sia la diretta causa di questa moria.
Gentile Sig. Mauro è una delle ipotesi ventilate (riportata giorni fa anche da Repubblica); l’acqua piovana, caduta in quantità, raccoglierebbe detriti, terra, sporcizia, rifiuti e inquinanti che poi riverserebbe direttamente nel fiume. Sebbene il Tevere non sia in secca (il livello delle acque è per la stagione nella norma) non si sono registrati però nei giorni passati cambiamenti di livello o di colore delle acque, aspetti tipici che si notano dopo forti acquazzoni. Il mistero rimane.
In aggiunta agli inquinanti vari e ai detriti, la pioggia mischiandosi alle acque dei collettori prima di riversarsi nel fiume va a caricarsi anche di una parte dei reflui che altrimenti finirebbero al depuratore. Io una volta sono passato vicino allo scarico sotto Ponte Milvio appena finito un acquazzone e da lì si riversava nel fiume una cascata di liquami marroni e maleodoranti, chiaramente di fogna. Stessa scena ho osservato un’altra volta da un appartamento che si affacciava su un tratto del Lungotevere di fronte allo sbocco di un collettore da cu usciva una grande quantità di acqua marrone scuro, anche in quel caso durante una forte pioggia. Ogni volta che piove forte una parte cospicua dei reflui urbani finisce direttamente nel Tevere. Non esiste a Roma coma in alcune città una rete che separi acque bianche da acque nere. Poveri pesci…
Riprendo dall’ottimo articolo di Francesco Gargaglia: “Prima di ponti, cavalcavia, strade e autostrade, forse sarebbe necessario provvedere al risanamento ambientale e idrogeologico di questo martoriato paese privo di ogni forma di controllo e manutenzione del territorio. Quelle migliaia di pesci morti nel Tevere sono un monito non solo per la per le istituzioni ma anche per noi: senza la nostra attenzione e vigilanza ogni ulteriore scempio sarà possibile”. Roma è nata sul Tevere, ma poi i Romani si sono dimenticati del loro fiume da quando non è più una risorsa per la città: e pensare che fino al 1500 ci si pescavano grandi storioni, come si può leggere sul Portico d’Ottavia.
Sul sito dell’ARPA Lazio è stata pubblicata la “Relazione sulla moria ittica del fiume Tevere” che oltre ad indicare le specie di pesci morti (barbo, cefalo calamita, cavedano, siluro, carpa, carasso) rileva come nelle acque siano state individuate due sostanze tossiche: la CIPERMETRINA usata nella lotta alle zanzare (il prodotto viene immesso anche nelle caditoie) e il CLOTHIANIDIN un prodotto altamente tossico per le api e pertanto vietato dal 2018. Sebbene i valori non siano particolarmente alti nella relazione si legge: “La presenza di tali sostanze non consente di escludere cause tossiche dovute a fenomeni temporanei e localizzati di contaminazione”.
Continuano comunque gli approfondimenti e gli ulteriori campionamenti.