
C’era una volta, e c’è tutt’ora lungo la Cassia, un piccolo borgo nato sulle rovine di una vecchia città etrusca, un tempo circondato da mura, torri e porte di accesso. Lo chiamavano “Isola” perché sorgeva su una rocca di tufo ed era circondato da un fosso, il fosso Piordo.
Al centro del borgo, che divenne un municipio romano dopo la conquista della città di Veio, c’era una piccola piazza con una colonna al centro e una chiesa costruita nel 1400, la Chiesa di San Pancrazio. Sull’isola sorgeva un castello medievale che nel 1500 venne acquistato dalla famiglia Farnese, da cui poi prese il nome. Come in ogni favola il castello era separato dal resto dell’abitato da un fossato artificiale, che poteva essere superato grazie ad un ponte levatoio; era circondato da mura che lo dividevano da piccole case abitate dagli abitanti del borgo …
Inizia così la favola di Isola Farnese, il borgo magico del XV Municipio, il piccolo paese immerso nel Parco di Veio e distante solo un paio di chilometri dai popolatissimi quartieri di La Storta e Olgiata.
Un luogo senza tempo, in cui l’orologio sembra essersi fermato con l’intento di voler custodire il passato e la tradizione, il piccolo gioiello tra la Valle della Storta e il Pianoro della Comunità Campetti, nascosto tra Via Cassia e le colline della campagna romana che portano fino a Formello. Così piccola ma ricca di storia, l’Insula prende il nome proprio dalla sua conformazione e dal Cardinale Alessandro Farnese che nel XVII Secolo divenne proprietario del castello, oggi proprietà privata.
E proprio come una piccola isola che sembra galleggiare nel mare, così il borgo di Isola Farnese sembra starsene lì, sospeso, sulla sua rupe, quasi ad osservare quello che accade intorno, quasi a ricordare che quel tempo, che lì sembra essersi fermato, ogni tanto dovremmo recuperarlo anche noi, rallentando se possibile.
La Communità, con due emme…
In questo fantastico viaggio alla scoperta del borgo, Vignaclarabolog.it ha incontrato Valter Andreoli, Presidente della Communità di Isola Farnese.
“Mi raccomando, Communità con due emme, viene dal latino communitas, un’associazione di persone: ci teniamo che si scriva correttamente e che non perda di significato”.
Fondata nel 1994 dagli abitanti del posto con l’obiettivo di far conoscere ed apprezzare l’ambiente e le bellezze caratteristiche del luogo, la Communità oltre a organizzare attività di vario genere, come passeggiate archeologiche, mostre, presentazione di libri, attività educativa per le scuole superiori, olimpiadi per i bambini, concerti musicali e attività ricreative, ha dedicato molte risorse allo studio dei percorsi archeologici della città antica di Veio, oltre a garantire costantemente la pulizia e la percorribilità dei sentieri riaperti.
Ed è proprio il senso di comunità che lega i residenti del borgo e che gli ha permesso negli anni di conservare le tradizioni e la storia di questi luoghi.
“Sono ‘solo’ 75 anni che abito qui, vedi, quella è la mia casa. Le famiglie sono sempre le stesse non sono mai cambiate, le case sono state tramandate di generazione in generazione. Pensa che fino a settant’anni fa Isola Farnese non era neanche collegata alla città, Roma la potevi raggiungere solo a piedi o con un mezzo privato. Poi finalmente nel 1950 hanno messo la linea del 201, l’autobus che con sole tre corse al giorno collegava Piazza della Colonnetta a Piazzale di Ponte Milvio”.
Ora invece ci si arriva più facilmente a “Isola” come la chiamano amichevolmente gli abitanti del posto e i “vicini di casa” – quelli che abitano appena sopra, tra Via Valle della Storta e Via Riserva del Bagno – “Che ci vuole, da Via Cassia basta girare a destra su Via dell’Isola Farnese e sempre giù dritto per il discesone, oppure prendi l’autobus che fa sempre avanti e indietro … “ ti dirà chi al borgo ci va spesso per accompagnare i figli alla scuola elementare che con appena una sezione raccoglie tutti i bambini della zona, per fare visita ai propri cari al cimitero, per andare a messa la domenica o anche solo per fare una passeggiata, eppure è come se il borgo volesse farsi scoprire un po’ alla volta, non da tutti o almeno non da tutti insieme.
Come se ci tenesse, e con lui chi lo abita, a conservare la magia svelandosi a poco a poco per lasciare a bocca aperta chiunque lo scopra. Così capita che anche nei quartieri più vicini in molti non conoscano questa piccola favola di Roma Nord.
“Pensa che chi abita in zona da poco neanche lo conosce il borgo, la prima volta che le persone arrivano alle cascate della Mola restano a bocca aperta, increduli che dietro casa possa esistere un posto così, mentre per noi che ci abitiamo non è una novità la bellezza di queste zone” continua Valter che ci tieni a scegliere le giuste parole per parlare della sua bella Isola.
“Quando eravamo piccoli andavamo all’asilo dentro al Castello, che ospitava la scuola materna e la scuola elementare. Ci sembrava grandissimo perché noi eravamo piccoli e ci piaceva tantissimo perché le aule erano all’ultimo piano. Oggi invece hanno costruito una nuova piccola scuola, con un parco e un centro anziani”.
Tutto a misura d’uomo
È tutto a misura d’uomo a Isola Farnese, gli abitanti si conoscono uno ad uno.
“Ad Isola vivevano circa ottanta famiglie – ci spiega Valter – tutte composte da operai e prestatori d’opera che lavoravano per la Marchesa Ferraioli che dopo il 1900 rilevò il castello. La maggior parte di loro viveva al “cascinone”, l’edificio che sta sull’ultima curva prima di arrivare ad Isola e che ora hanno ristrutturato. C’era un grande portone chiamato “granarone”, era lì che si riponeva la trebbia e il grano raccolto. Tutti i campi che ci sono intorno al borgo erano coltivati, oggi grazie all’Università Agraria fondata nel 1908 e che ha sede proprio qui, facciamo in modo che tutti i terreni restino vivi, produttivi e puliti”.
Oggi nel borgo antico, quello dentro l’arco, vivono circa venti persone, mentre a Isola Vecchia, quella che inizia alle “scalette” e che arriva a Piazza della Colonnetta, circa sessanta. Sono pochi a Isola Farnese ma i residenti ci tengono all’accoglienza e l’obiettivo è sempre quello di far scoprire i tesori del borgo a chi lo visita.
Ogni anno vengono organizzati almeno quattro eventi che raccolgono gli abitanti dei quartieri limitrofi ma anche chi viene da fuori: la festa degli anziani, quella del pane dove si panifica in piazza, il concerto di luglio e infine la festa di San Pancrazio, Santo Patrono del borgo di Isola Farnese, che tutti gli anni a maggio per tre giorni richiama tantissime persone.
“Anche durante queste feste cerchiamo di conservare la tradizione, organizziamo attività che si facevano un tempo, l’anno scorso i bambini hanno fatto tantissimi giochi che si facevano nel passato. Durante la festa del pane si panifica tutti insieme. Le donne del posto un tempo impastavano il pane e lo portavano al forno di Isola a cuocere. Ognuna appendeva un biglietto con il proprio nome, quello era l’ordine per la panificazione” – continua Valter.
I segreti di Isola Farnese in 70 pagine
Ma Isola Farnese è anche la penultima tappa dell’antica Via Francigena. Lo racconta approfonditamente Marco Petrelli, Presidente dell’Associazione “Valorizziamo Veio”, nella sua pubblicazione “Isola Farnese e Veio: Porta di Roma della moderna Via Francigena”, un testo di settanta pagine (scaricabile cliccando qui) che inquadra perfettamente Isola Farnese e Veio sia dal punto di vista urbanistico che socio-culturale.
Per i tanti pellegrini che ogni giorno, provenendo da nord e attraversando le valli di Formello e la Cassia Veientana risalgono Via dell’Isola Farnese “il borgo rappresenta di fatto la porta d’ingresso della Francigena nel territorio dell’Urbe, essendo il primo centro abitato e residenziale di competenza amministrativa di Roma Capitale. Questo ha permesso al territorio di far parte di un circuito culturale internazionale ed ha consentito alle associazioni e all’imprenditoria locale di avviare una serie di attività”.
Sono riconoscibili i pellegrini, muniti di bordone, il lungo bastone che li sorregge nella faticosa salita che dal borgo porta alla città, zaino in spalla, cappello per ripararsi dal sole e la famosa “concha de vieira” – la conchiglia del pellegrino, universalmente riconosciuta come il simbolo stesso del cammino e del pellegrinaggio – appesa al collo o legata da qualche parte.
Seguono sempre la stessa direzione, dall’“isola” alla città, risalendo lentamente e faticosamente i due chilometri di strada, quasi fosse quella salita ancora un altro simbolo sacro del loro pellegrinaggio ormai giunto quasi al termine.
Storia e tradizione, cultura e religione e poi ancora natura e arte, Isola Farnese è piccola ma non finisce mai di sorprendere: come nelle migliori favole, ai lettori il compito di voltare pagina e scoprire come prosegue la storia del borgo.
Ludovica Panzerotto
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Peccato che sia difficile entrare agli scavi, libho trovati sempre chiusi