“Questo amore è una lama sottile / è una scena al rallentatore”, cantava Gianna Nannini in Fotoromanza. Il titolo di una canzone, certo, ma anche il nome di un passatempo che rimanda ad altre epoche e che ha fatto sognare generazioni di italiane (e italiani). Il fotoromanzo, una lettura che nell’immaginario collettivo è sempre stata percepita come prettamente femminile ma che in verità ha rappresentato tantissimo per la nostra cultura, fungendo anche da collante sociale per le comunità di italiani all’estero. Non solo fotografie corredate da fumetti, quindi.
Certo, prima la TV e poi Internet hanno un po’ offuscato questo medium, così come tutta la carta stampata, ma non l’hanno affossato, tanto che ancora oggi una delle riviste che più hanno contribuito alla sua diffusione è ancora viva e vegeta ed esce ogni settimana in edicola: è il mitico Grand Hotel, molti di voi lo conosceranno, storico periodico di attualità milanese nato nel 1946 che in passato ha raggiunto tirature di oltre un milione di copie a numero e ancora oggi viaggia su discreti quantitativi di vendite.
E sapete, per la parte relativa ai fotoromanzi, dove viene prodotto, chi scrive le sceneggiature e dove vengono scattate le foto da tantissimi anni? A Labaro.
Se ne occupa la società The Best, che ha nei suoi ranghi una troupe di professionisti e tecnici, inclusi parrucchiere e truccatore, come fosse una società di produzione cinematografica. Perchè la differenza è tutta lì: nel cinema le immagini sono in movimento, nei fotoromanzi sono ferme. “Film statici“, qualcuno li ha definiti.
“Siamo attivi da tantissimi anni – ci spiega il regista Carlo Micolano, un passato anche da attore, con ruoli in film della commedia all’italiana -. La produzione avviene qui a Roma, dove abbiamo il teatro di posa, la redazione interna e l’amministrazione, poi mandiamo il dischetto col girato e fatturiamo tutto a Milano. I set dove vengono scattate le foto sono perlopiù esterni alla sede. Abbiamo varie location, Ostia per il mare, Anguillara per il lago; poi 4-5 villini e 4-5 appartamenti che affittiamo giornalmente per le varie scene, a seconda della storia. Una volta pronta la sceneggiatura, che viene redatta compatibilmente con i costi, sappiamo già dove andare a scattare, è tutto abbastanza automatico”.
Per un professionista del settore, “automatico” è la norma, ma non è da confondersi con noioso o ripetitivo, tutt’altro. “Il regista di fotoromanzi sostanzialmente fa foto – ci dice ancora Micolano -. Lavoro con al mio fianco il fotografo, i tecnici delle luci, e in base ai quadri da realizzare metto in posa gli attori, decido se l’inquadratura dev’essere larga o stretta. E’ un po’ come un cinema in piccolo. Nel cinema le troupe sono composte da 40-50 persone, noi siamo 7-8 e lavoriamo a ritmi incredibili, se si considera che Grand Hotel è un settimanale”.
Ma chi si ciba ancora di fotoromanzi?
Non nascondiamo di aver provato un certo stupore nell’apprendere che esista ancora una rivista come Grand Hotel, in tempi di internet e social che ci rubano occhi e orecchie tutto il giorno, quando siamo in pausa e spesso anche quando non lo siamo.
Il target principale è, come al solito, la signora di mezza età, la casalinga che tra una lavatrice e l’altra o mentre sta dal parrucchiere, un occhio su quelle storie a volte romantiche, a volte sdolcinate, spesso semplicemente avvincenti (almeno per lei), ce lo butta volentieri.
Quello dei fotoromanzi è un pubblico fortemente fidelizzato, ma spesso l’interesse si tramanda di generazione in generazione e non di rado, a leggerli sono figlie o nipoti delle lettrici che per prime li scoprirono.
Sono le storie che fanno la differenza
C’è un segreto per mantenere vivo l’interesse del pubblico e tenersi a galla nel mondo dell’editoria con un prodotto così d’antan?
“Sono le storie che fanno la differenza – risponde Micolano -. Gli sceneggiatori normalmente sono gli stessi che lavorano per la TV, tipo “Un posto al sole” e programmi simili. Del resto, il fotoromanzo è una telenovela da fermi. Le storie sono quelle di tutti i giorni, temi attuali, che interessano le persone, che rispecchiano i tempi in cui viviamo, come l’integrazione, i gay, il razzismo, la droga, lo stalking, sempre trattati delicatamente”.
“In genere – sostiene Micolano – sono storie a lieto fine, dove la giustizia vince sempre, il buono ha la meglio, il cattivo va in galera, il gay viene accettato, la persona drogata si salva grazie all’amore, ecc. I personaggi sono popolari, a volte sono interpretati da volti famosi che hanno lavorato in TV. Cerchiamo spesso volti popolari, riconoscibili, che abbiano richiamo, ci aiuta ad aumentare la tiratura”.
La commistione TV-fotoromanzi è nota da tempo. Molte persone che oggi lavorano in televisione sono passate per i fotoromanzi, e viceversa, molti di coloro che per il piccolo schermo hanno preso parte ai vari “Isola dei famosi”, “Grande fratello” e altri ancora, è facile ritrovarli sulle pagine di Grand Hotel.
Sempre cartaceo, Grand Hotel ha ancora il suo fascino
Una volta, di riviste del genere ce n’erano molte di più, in questo senso quelli di Grand Hotel possono essere considerati dei reduci. Oggi, con le nuove tecnologie digitali, potrebbe essere facile farsi tentare dallo sbarco nel mondo “liquido”.
Ma per quanto riguarda i fotoromanzi sembra che non accadrà, stando almeno a quanto sentenzia Micolano: “Sul digitale non funzionerebbe. Sfogliare una rivista cartacea ha un fascino tutto suo, leggere un fotoromanzo sullo schermo di uno smartphone non sarebbe la stessa cosa”.
E’ vero, però c’è chi della sua presenza online ne ha fatto da anni una mission, come noi di Vignaclarablog.it, per cui questo articolo lo troverete solo sul web, ma siamo sicuri che non ce ne vorrete.
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