Capita spesso di abitare per tanti anni in un qualsiasi quartiere di Roma e di non sapere cosa c’è a pochi passi dalla nostra abitazione; siamo abituati ai lunghi viaggi e ad attraversare il pianeta da un capo all’altro ma a volte non riusciamo a vedere cosa è che ci circonda.
Sulla Via Cassia, alle spalle della Parrocchia di S.Andrea Apostolo, c’è un minuscolo borgo formato da casette e basse palazzine che sembra quasi di essere, invece che nella grande città, in un paesino.
Siamo in via Tomba di Nerone, una strada che si insinua tra le casette e che muore dopo qualche centinaio di metri, al termine di una ripida discesa: è su questo tratto di strada, riparato e silenzioso, che sorge il “borgo”. Ci vogliono pochi minuti a percorrerlo ma si intuisce che questa “enclave” che vive lontana dal frastuono della Cassia ha una sua storia.
Ci fermiamo all’esterno di una piacevole casetta ad un piano circondata da un piccolo giardino; al balcone una anziana signora risponde un po’ titubante alle nostre domande. La signora, che poi ci dicono avere 90 anni, è originaria del Veneto ed è venuta a Tomba di Nerone nel lontanissimo 1952. La ragione? Ci dice, con un pizzico di pudore che ci commuove: “Lo posso dire? Per amore”.
Ci parla di poche case, della Chiesa (“non così grande”), dell’ospedale e poi ci mostra, in un angolo del giardino una bella pianta di cachi. “Quando sono arrivata quella pianta già c’era e ancora oggi, ogni anno, si carica di frutti”.
Il cielo è nuvoloso ma non fa freddo e scende una fine pioggerella che sembra quasi che non bagni; fermiamo una donna, con le sporte della spesa, sulla soglia della sua abitazione: “Questo è un luogo molto tranquillo dove viviamo bene; pochi i vecchi proprietari e tanti oggi gli affittuari ma nonostante tutto qui si sta bene”. Anche la signora è arrivata sulla Cassia a metà degli anni cinquanta proveniente però dalla zona di Corso Francia.
Scendiamo lungo la strada ripida e bagnata su cui affacciano piccoli giardini e orti con qualche albero da frutto; è qui che incontriamo Adriana, classe 1943, ma la grinta e l’allegria di una ventenne.
Dopo aver parcheggiato autovettura e cane ci raggiunge con un vecchio album di fotografie; figlia di un giardiniere che prestava la propria opera in parchi e giardini privati, Adriana ha raggiunto Tomba di Nerone nel 1954 e qui si è sposata.
“Allora le case erano poche e ovviamente ci conoscevamo tutti; in molte abitazioni non c’era la luce e gas e allora si cucinava fuori, all’aperto”. Adriana è piccolina ma sprizza energia e buonumore; prosegue: “L’ospedale curava i bambini malati di tumore e l’uscita delle ambulanze era sulla Via Cassia così come l’ingresso della chiesa era su Via Tomba di Nerone”.
Adriana abita al pianterreno di una piccola palazzina e il suo cane, un simpatico meticcio fa la guardia ad un minuscolo cortiletto: “Mi sono sposata a S. Andrea” ci dice mostrandoci una serie di fotografie in bianco e nero: “quando la navata era affrescata e la chiesa era bellissima”.
Stentiamo a crederci ma le fotografie parlano chiaro. La Chiesa di S. Andrea Apostolo, opera dell’architetto Tullio Rossi e dell’ingegnere Federico Fornari fu inaugurata l’11 ottobre del 1941 e la navata alle spalle dell’altare effettivamente era affrescata con scene del martirio di S.Andrea. Dipinti realizzati in uno stile semplice e che oggi non ci sono più perché sostituiti da una parete neutra e basse lastre di marmo.
Adriana ci parla anche della allora “bellissima Villa Paladini con il suo splendido parco” e di “falchetto”, il falegname novantenne notissimo nella zona e che circolava nel quartiere a bordo della sua ‘500.
Oggi il borgo di Tomba di Nerone è ovviamente diverso da come era negli anni 50; qualche palazzina è cresciuta, molti dei vecchi proprietari non ci sono più, sono presenti anche molti stranieri, ma la serenità che si respira sembra la stessa di allora.
Ad appena 100 metri dalla rumorosa e disordinata Via Cassia, Adriana e i suoi pochi e fortunati “concittadini” vivono tranquilli nel loro borgo silenzioso che sa tanto di una passato forse non opulento ma sicuramente felice.
Francesco Gargaglia
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Si ringrazia il sig. Francesco Gargaglia e la redazione per l’appassionata descrizione del nostro amato Borgo. Con leggerezza ed un velo di rarefatta malinconia ne è uscito un quadro al contempo memore di un passato sereno e di un futuro gravido di speranza. Spirito di accoglienza e rinnovata ospitalità davvero identificano tutte le persone che vivono e pacificamente convivono.
Con l’occasione si inviano gli auguri di buone feste a tutta la redazione.
Il Presidente del Consorzio Tomba di Nerone Vincenzo Procopio
Buongiorno per caso qualquno mi può dire se negli anni 50 per costruire in quella zona c era bisogno della licenza edilizia oppure era tutto terreno agricolo grazie mille