
Roma, anno domini 2018. Una città, con il suo solito tran tran continuo e quotidiano, che osservata da lontano potrebbe assomigliare a qualsiasi altra capitale. Ma la realtà è ben diversa, tra il caos del traffico e la vita mondana dei giovani romani, si sta svolgendo un conflitto interno: la continua e inesauribile lotta tra Roma Nord e Roma Sud.
Una contrapposizione sociale, territoriale ed economica, che non vede armi, ma che si combatte a suon di cliché e ironia.
Dal web alla tv, la diatriba romana si fa fiction
La contrapposizione tra Roma Nord e Roma Sud è ormai nota ai più, non solo ai cittadini della capitale, ma si è trasformata nella “guerra mondiale italiana”. Un conflitto enfatizzato ancora di più dalle molteplici parodie comparse sul web, che lo hanno reso così noto e accattivante, tanto da catturare l’interesse di un colosso internazionale della pay tv, la Fox.
Di fatti è in uscita da oggi, lunedì 17 settembre (alle 21.15 su canale 112 di Sky), “Romolo + July”, la nuova serie comedy, composta da 8 episodi da 30’ ciascuno, che ricalca la storia d’amore più nota di tutti i tempi, sullo sfondo di una Roma Nord e una Roma Sud nemiche.
Tra i protagonisti troviamo nomi e volti ben noti come quello delle Coliche, Fabrizio e Claudio Colica youtuber made in Vigna Clara; e gli Actual, Lorenzo Tiberia e Leonardo Bocci, rappresentati della parte Sud della capitale. Una storia che sullo storytelling di Shakespear, racconta l’amore impossibile tra July Copulati (Beatrice Arnera), figlia del visconte di Vigna Clara e Principe di Roma Nord; e Romolo Montacchi, figlio del console di Ostia e protettore di Roma Sud.
Una storia che si svolge sullo sfondo della guerra mondiale italiana, quella tra Roma Nord e Roma Sud. Una serie comica, con stretti riferimenti a tutto quell’insieme di cliché che tanto caratterizza quest’opposizione tutta made in Roma.
Le “ragioni” del conflitto
Quello dei romani è uno scontro che poggia su una logica degna della “Classe agiata” di Veblen, dove ciò che conta non è tanto chi sei, ma quanto ostenti: da un lato l’agiatezza e la plata, per dirla alla Pablo Escobar; dall’altro, la romanità vera e cruda, più simile a quella di un Alberto Sordi che esordisce con “Maccarone… m’hai provocato e io te distruggo, maccarone! Io me te magno!”.
Ebbene sì. Se la storia ci ha insegnato che la guerra si è quasi sempre fatta per le conquiste territoriali, per il petrolio e la politica questa è ben diversa. Qui si lotta per la “supremazia ideologica”, se così si può definire, di un punto cardinale su un altro.
Dove i confini geografici non sempre risultano essere ben chiari, ma i cui limiti sociali sono definiti da un insieme di caratteri e attitudini che ben definiscono di quale schieramenti si è parte. Una rappresentazione, quella di Roma, che si gioca tra due schieramenti opposti.
Da un lato i giovani rampolli delle famiglie borghesi di Vigna Clara, Fleming, Corso Francia, Camilluccia, nelle loro Smart e con i soldi di papà. Un agglomerato sociale ben riconoscibile anche dallo slang caratteristico, che vede un uso eccessivo di modi di dire quali “mezzo che top” e tutti quegli “adoro”, che, nella maggior parte dei casi, non hanno alcuna ragione di essere pronunciati.
Coloro che le cene sono al sushi, perché la Carbonara è una bomba ipercalorica che mal si sposa con tutte quelle ore passate in palestra. Coloro che ostentano capi pagati quanto una vacanza alla Seyshelles, che a livello estetico risultano spesso di dubbia bellezza, ma “se ce l’ha la Ferragni, allora bisogna comprarlo per forza”. Perché come insegnano Le Coliche, con uno sfottò un po’ esagerato, ma quasi inquietante per quanto vero, a Roma Nord “non puoi essere povero” o, per lo meno, non puoi apparire tale.
Dall’altra parte, scendendo verso il Palazzo della Civiltà Italiana, meglio noto come “Colosseo Quadrato”, nei quartieri di una Roma più caciarona, troviamo loro, i rappresentanti di Roma Sud.
Con i loro motorini affrontano il caos della città sfrecciando come api impazzite nel traffico. Loro non fanno l’apericena alla milanese, loro “magnano forte”, perché la cucina romana “nun se tocca!”. Quelli che “se prendemo una Peroni da 66 dal bangla” sotto casa, perché non trovano alcuna utilità nell’uscire acchittati come un albero di Natale, solo per far vedere al mondo quanto si è fighetti.
Quelli che pensano che il veganismo sia una malattia grave e che “er sushi tenetevelo voi! Noi c’abbiamo la Matriciana”. Quelli che si dice “daje”, no “top”. Quei giovani, che ancora oggi cantano a gran voce, calpestando i san pietrini, canzoni romanesche, che tanto portano alla memoria un essere romani più crudo, più aspro, ma da un lato più vero.
Francesca Romana Papi
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