Pablo Echaurren nasce a Roma il 22 gennaio 1951 ed inizia a dipingere giovanissimo. Il suo estro si esprime in diverse forme: dal fumetto ai poster, dalle copertine dei libri ai collage, dagli arazzi alla ceramica. Negli anni settanta il suo stile è diventato popolare con la copertina del best seller Porci con le ali. Ha curato anche l’immagine del festival rock Arezzo Wave.
Autore di saggi, romanzi e racconti ha pubblicato anche una serie di biografie illustrate. Dall’esperienza di un laboratorio artistico nel carcere romano di Rebibbia è nato il film Piccoli ergastoli, presentato alla Mostra internazionale del cinema di Venezia nel 1997.
Pablo Echaurren è un artista istrionico e delicato, lo abbiamo incontrato nel suo studio a due passi da Vigna Clara.
L’arte è di tutti?
Certamente l’uomo è creativo. La specie umana è creativa altrimenti non si sarebbe evoluta. Quindi la creatività è di tutti. La professionalità è un passaggio successivo, quindi la divisione tra artisti e non artisti è un’altra cosa.
Per esempio nel mio percorso ho sempre cercato di annullare questa distanza. Facendo tante cose “uscendo un po’ dal seminato” a volte facendo politica, applicando il mio “fare” al sociale, ad ambiti che sono considerati extra artistici come il fumetto, l’illustrazione.
Io ho fatto un po’ di tutto. L’intento era sempre quello di annullare il più possibile la separatezza tra chi è creativo e chi no. Proprio perché la creatività è di tutti.
Non si è mai fatto imbrigliare in una sola forma espressiva. Le è costato di più oppure ha prevalso il senso di libertà?
E’ prevalso il senso di libertà. Mi è costato perché me l’hanno fatta pagare perché il mondo dell’arte specie quello italiano, è un modo con i paraocchi molto incasellato, ha bisogno di incasellarti per considerarti. Però alla fine, nel mio rendiconto esistenziale, ha prevalso la libertà.
Io sono quel che sono, non potrei essere diverso, sono anche un bastian contrario e quindi è andata così, quando ero solo un’artista mi hanno chiesto di fare delle copertine per dei libri, questo ha creato confusione nelle persone con cui lavoravo, mi chiedevano “allora queste sono illustrazioni o quadri?” per me sono immagini che girino come gli pare a loro.
Mi sono sempre trovato di fronte ad occasioni che mi venivano offerte. Ogni esperienza penso che sia positiva, anche quelle negative che servono a crescere. Se le cose vanno sempre troppo bene c’è da preoccuparsi.
Echaurren, qual è il suo rapporto con il futurismo?
Mia moglie, Claudia Salaris è una grande esperta delle avanguardie e del Futurismo, ha scritto decine di saggi. Ho sempre creduto nelle avanguardie storiche come terreno di cultura per il fare anche odierno benchè appartengano all’inizio del secolo scorso. Del futurismo sapevo poco quando l’ho incontrato. All’epoca, era il 1977, io ero un “indiano metropolitano” si chiamava così il nostro raggruppamento molto eterogeneo facevamo politica “paradossale”. Io ero anche un redattore di Lotta Continua.
Un gruppo a me ostile, nello stesso anno, molto più ortodosso che definirei leninista, fece un volantino proprio contro di me con scritto: “da te spira puzzolente l’alito di Marinetti”, un’accusa ben precisa affissa all’università.
Lì per lì mi sono impensierito, angosciato, in realtà da quel momento io ho cominciato a cercare materiale sul futurismo. All’epoca non è che ci fosse tanto di pubblicato su Marinetti. Era considerato ancora un reietto della letteratura o quanto meno un pagliaccio. Da lì mi sono appassionato, ho capito che in realtà tutte le avanguardie dadaismo, surrealismo … tutto quello che è venuto dopo, discende appunto da “da quell’alito puzzolente di Marinetti “che invece per me profuma di rose.
Oggi quale può essere considerato un movimento d’avanguardia?
Oggi prevalgono le individualità, il gruppo viene accantonato, non ci sono più avanguardie. Prevale la ricerca assoluta del successo. Potremmo dire che al valore si è sostituito il prezzo. C’è una rincorsa a raggiungere questo prezzo mostruoso.
Se il desiderio delle avanguardie storiche era quello di cambiare il mondo, colorare il mondo, quello di oggi, delle individualità è quello di comprare il mondo e farsi comprare.
Quindi in base a che cosa si valuta un’opera d’arte?
Ai risultati delle aste. A quanto costa. In realtà dovrebbe essere il contrario. Se una cosa ha un certo valore acquisisce un certo prezzo, invece oggi è se ha un buon prezzo non può non avere un valore.
Si è perso anche il valore della critica dell’arte?
La critica di solito è sempre accondiscendente, costruisce successi, eventualmente ignora, non critica. E’ una critica partigiana che in qualche modo sostiene i propri protégé. Degli altri neanche si cura, in fondo è poco critica. I curatori di mostre sono essi stessi forse più artisti degli artisti, nel senso che dalle biennali alle grandi mostre del contemporaneo, prevale di più il taglio che il curatore dà alla mostra che non i singoli nomi che ne fanno parte.
Spesso è l’oggetto che viene presentato che funziona come opera a se. Quindi in questo senso il critico un pò si è sostituito in maniera creativa e la sua funzione critica rimane di più nel selezionare. In questa antologizzazione c’è la sua funzione.
Poi c’è la critica storica, questo è un altro conto, ci sono quelli che studiano fino alle tecniche. Prima la critica era svolta più da letterati e poeti. Poi anche quella si è specializzata e ha perso di mordente a mio parere.
Da cosa trae ispirazione per le sue opere?
Sono occasioni. E’ come una ginnastica. Io come palestra faccio questo. E’ una capacità di mettere in pratica questa funzione, questa creatività. Vengo influenzato dalla vita, siamo come un setaccio si depositano alcune particelle, altre scorrono e con queste particelle uno lavora. Mai parlare d’ispirazione.
Che rapporto ha con Roma? E’ ancora una città che riesce a dare voce all’arte?
Io mi vergogno dello stato di degrado in cui è ridotta Roma. Sono un grande passeggiatore e mi vergogno di quello che vedo perché penso agli occhi degli altri, di chi non è romano. Ho sempre amato Roma, oggi di meno. Sono imbarazzato dallo stato in cui è ridotta. Mi fa schifo lo stato di sporcizia.
Mai mi sarei immaginato lo sporco che oggi c’è a Piazza del Popolo, per esempio, in pieno centro. E’ tutto deteriorato, temo che nell’arco della mia vita non vedrò risorgere questa città. E’ un disastro a cui contribuiscono sì i turisti, ma soprattutto i romani stessi.
Io credo che il decoro urbano sia gran parte della qualità della vita delle persone, mi stupisco che la gente non se ne renda conto e voglia vivere in un tale degrado. All’incapacità dei politici si somma anche il contributo dei cittadini, ci vorrebbe un risveglio morale.
Ad esempio quando la polizia municipale mette i nastri con le transenne e poi li lasciano lì abbandonati finchè non si rompono, sembrano carnevalate! Come diceva Flaiano “in Italia non c’è nulla di più definitivo del provvisorio”.
E Vigna Clara?
Un quartiere completamente degradato! Quando ero ragazzino vivevo nel quartiere africano-salario e quando il sabato o la domenica pomeriggio si andava alle feste – parliamo degli anni ’60 – nei “quartieri alti”, cioè Parioli o Vigna Clara, io avevo degli amici qui in palazzi che erano considerati di lusso. Oggi li vedo invece cadere a pezzi ed intorno il degrado. Quello che sembrava un quartiere residenziale, elitario ha perso queste caratteristiche.
Ho il mio studio qui da dodici anni, mi ricordo che all’inizio due volte la settimana la notte, sotto questa via non potevi parcheggiare la macchina perché dovevano passare a pulirla, adesso neanche una volta al mese. Il decoro urbano è importante è parte della vivibilità.
Che musica c’è nelle sue opere? Sappiamo che colleziona e suona il basso.
Per me la musica è il rock degli anni ’60, che non si chiamava neanche rock, era pop come i Beatles o i Rolling Stone, poi anche il punk, perché è in linea di massima suonare senza saper suonare. Io ho sempre questa passione di quello che non so fare.
Per quanto riguarda la mia collezione di 80 bassi, l’ho data in comodato al Museo dello strumento musicale, in Piazza Santa Croce in Gerusalemme. E’ un bellissimo Museo purtroppo poco frequentato che stanno rimettendo a posto; verrà presto rinnovato e conterrà anche una sala contemporanea dove saranno esposti i miei bassi.
Francesca Bonanni
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Il passaggio la creatività è di tutti è sublime.