
Edilizia agevolata a Roma, definirla bailamme è un eufemismo. Fra leggi che mal s’incastrano e pareri errati da funzionari comunali che inducono poi a prendere decisioni rivelatesi errate, le ottanta famiglie rappresentate dal Comitato Venditori 18135 rischiano in questo momento ben 15 milioni di euro.
A raccontare la vicenda è uno di loro, Davide Ciuccini, che così ci scrive. “Un bel giorno decido di vendere casa. Non sono proprietario del terreno, so di essere in “diritto di superficie” (legge 865/71), quindi chiedo al Comune di Roma se posso vendere, a quale prezzo posso vendere, se ho dei vincoli particolari, ecc. Il Comune mi risponde con una lettera dove scrive che non ho limiti di prezzo e nessun obbligo da rispettare: l’unico vincolo è vendere dopo 5 anni dalla prima assegnazione. Affido dunque il mandato all’agenzia immobiliare e, trovato l’acquirente, firmiamo il preliminare, ci rechiamo dal suo notaio di fiducia e infine perfezioniamo il rogito”.
Tutto bene dunque finchè, passati alcuni anni, sulla testa di Davide (e di tantissimi altri romani nella sua stessa condizione) come una mannaia arriva la sentenza della Cassazione n° 18135 del 2015 con la quale il tribunale cerca di fare chiarezza su una annosa e complessa vicenda legata alla vendita a prezzi di mercato delle abitazioni costruite in edilizia convenzionata.
“L’acquirente – continua Davide – m’invia una lettera di messa in mora per la restituzione di 250mila euro più interessi, legalmente si chiama “ripetizione dell’indebito” (art. 2033 c.c.), perché secondo la legge, come dice la sentenza 18135, dovevo vendere il mio immobile al prezzo imposto dalla convenzione con il Comune di Roma. Dentro di me dico: “Ma che siete tutti impazziti? Ho fatto quello che mi avete detto voi!“. Sicuro delle mie ragioni, qualora fossi stato trascinato in tribunale, avrei citato in giudizio Comune, notaio e agenzia immobiliare.”
Davanti ai giudici, però, gli eventi assumono una piega inaspettata come spiega Davide. “Il nulla-osta rilasciato dal Comune di Roma non ha valore legale, non è un atto provvedimentale, quindi si sono sbagliati (in buona fede) ad interpretare la legge e non è colpa loro. Il notaio non ha colpe perché la legge 865/71 è “ondivaga”, in quel momento si seguiva la “prassi” e l’orientamento consolidato era la totale assenza dei vincoli sul prezzo di cessione. L’agenzia immobiliare non ha colpe perché è solo un intermediario tra acquirente e venditore”.
E quindi? L’unica colpa è di Davide? Secondo l’interessato no perchè “Pur avendo seguito le disposizioni delle istituzioni e rispettato tutte le procedure, oggi mi ritrovo a dover risarcire all’acquirente una cifra astronomica senza avere la minima colpa. Ovviamente questi soldi che mi chiedono non li ho in quanto con il denaro incassato dalla compravendita ho a mia volta acquistato un nuovo appartamento come prima (e unica) casa.”
Davide non è il solo in questa situazione. A marzo è nato il Comitato Venditori 18135 che ad oggi conta 80 famiglie con un importo da restituire pari a 15 milioni di euro. Ed ogni giorno se ne aggiungono di nuove.
“Purtroppo – sottolinea Davide – sappiamo che le famiglie coinvolte sono molte di più, moltissime delle quali ancora inconsapevoli. Solo a Roma gli immobili potenzialmente coinvolti sono 200.000 in 125 piani di zona. Non riusciamo a credere che oggi ci troviamo in questa assurda e drammatica situazione dopo aver seguito tutte le indicazioni che a Roma, per almeno 30 anni, hanno concordemente dato Notai, Comune, Costruttori, Agenzie Immobiliari, Istituti di Credito ed anche la Giurisprudenza prevalente. Non riusciamo a credere che oggi siamo noi, inconsapevoli ed incolpevoli, che dobbiamo pagare un prezzo così caro, con il sangue della nostra famiglia, per colpe che non sono le nostre !”
ll Comitato si appella alle istituzioni, al governo, a chiunque possa dipanare questa matassa sottolineando che anche i Notai e il Comune di Roma auspicano un intervento del Legislatore e che gli stessi Giudici del Tribunale non sono concordi nel giudizio: a gennaio 2018 una sentenza di condanna a restituire l’intera cifra di 300mila euro, ad aprile 2018 un’altra per la sola “affrancazione” di 10mila.
“Non riusciamo a credere che lo Stato permetta una tale ingiustizia: che l’acquirente sia legittimato a pretendere da noi centinaia di migliaia di euro, che abbiamo speso anni fa per comprare un’altra prima casa, e poi, con poche decine di migliaia di euro (tramite “affrancazione”), possa avere un immobile vendibile a prezzo di mercato ed intascarsi ingiustificatamente l’enorme differenza!”
“Chiediamo un urgente intervento delle Istituzioni per risolvere questa drammatica situazione. Chiediamo – conclude Davide – che venga fermato questo incredibile dramma sociale”.
Edoardo Cafasso
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La piaga della retroattività delle leggi, delle emanazioni e degli arrivi della cosiddetta Giurisprudenza.
Territorio lasciato senza governo che miete vittime, assurdità e paradosso che ha come conclusione “tutti sempre colpevoli!” prima o poi.
Attesa la voce forte da parte del Ministero di Grazia e Giustizia sul tema, sui temi.
La riforma delle pensioni che in base allo stesso tipo di accordo dal 1993(?), ha distinto per età lavorativa/contributiva il sistema di calcolo della pensione, ricordiamo retributivo e contributivo (Contributivo consiste in una “penalizzazione di c.a. il 45% dell’ammontare della pensione rispetto al Retributivo che invece equiparava la pensione all’ultima stipendio), può essere di aiuto sul tema della retroattività e della Giurisprudenza.