Home AMBIENTE Il canto dell’estate e del sole. #iostoconlacicala

Il canto dell’estate e del sole. #iostoconlacicala

Fabrizio Azzali

E’ colpa di Esopo se la cicala ha fama di insetto ozioso e imprevidente dedito al riposo e al canto; in realtà le cicadidi non sono affatto delle poltrone perché hanno una lunga ma dura esistenza.

Per anni le larve rimangono sotto terra (dai 3 ai 4) per poi uscire e arrampicarsi faticosamente sugli alberi dove perdono l’involucro ninfale; volano quindi sulle cime delle piante dove cantano ininterrottamente sotto il sole per accaparrarsi una femmina e garantire così la prosecuzione della specie.

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Chissà forse il buon vecchio  Esopo ce l’aveva con le cicale per il loro ininterrotto e ossessivo canto; eppure scrittori e poeti hanno dedicato versi e prose a questo infaticabile insetto.
“Chiedo scusa alla favola antica, se non mi piace l’avara formica. Io sto dalla parte della cicala che il più bel canto non vende, regala” scrive Gianni Rodari.

Il canto della cicala, sempre diurno, si accompagna all’estate e alle temperature roventi; quando sotto il sole tutto è fermo, la cicala fa vibrare le membrane dell’addome e il rumore amplificato da due sacchi aerei si diffonde stridulo e unito a quello di altri maschi riempie l’aria  con il suo ritmo forte e mai  monotono.

Insetto sacro agli antichi, simbolo della vita e del perpetuarsi del tempo, si rifugia sugli alberi, soprattutto pini e olivi, e non si lascia vedere; più facile trovare sulla corteccia il suo involucro.

La cicala è un insetto grosso, tozzo, con ali grandi e occhi enormi: insomma non è che sia una bellezza però oltre ad essere innocuo è anche uno dei tanti prodigi della natura. Si pensa che la larva abbia una specie di orologio biologico che le indichi quand’è il momento di venire fuori della terra per trasformarsi poi in un insetto volante.

Nell’antichità la cicala era considerata un potente simbolo di rinascita perchè gli insetti, dopo essere scomparsi per lunghi periodi, improvvisamente tornavano alla vita in gran numero; i cinesi mettevano nella bocca dei morti una cicala di giada mentre la mitologia narra che Eos, dea dell’Aurora si fosse innamorata di Titone a cui Zeus donò l’immortalità ma non la giovinezza. In seguito gli dei ebbero pena di quell’uomo che invecchiava senza morire e lo trasformarono in cicala, amica dei poeti e simbolo di bellezza.

Oggi con l’aria condizionata le finestre di casa rimangono sbarrate e il canto della cicala non lo sentiamo quasi  più; eppure se scaviamo nella nostra memoria chissà quante volte in una estate rovente ci siamo addormentati cullati da quel forte ronzio. Il canto dell’estate e del sole.

Francesco Gargaglia

 

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