
“Andare in un brodo di giuggiole” è una espressione oggi non molto usata che in sostanza vuole dire “uscire quasi di sé dalla contentezza”.
Ma che cosa sono le “giuggiole” e perché fare riferimento proprio a loro? Per spiegare l’origine di questa espressione ci siamo avvalsi di uno scritto di Luigi Romani.
“Andare in brodo di giuggiole è una combinazione di parole usata esclusivamente nel significato figurato di “andare in sollucchero” ed è frutto di un’alterazione dell’originaria andare in brodo (o broda) di succiole: in questo passaggio le giuggiole, cioè i frutti del giuggiolo, impiegati fra l’altro sia in medicina per decotti contro la tosse sia in cucina, per marmellate e confetture, hanno preso il posto delle succiole, ovvero delle castagne lessate con la buccia.
L’uso di questa espressione di provenienza toscana, è già ammesso nella prima impressione del Vocabolario degli Accademici della Crusca dove, per l’appunto è menzionata due volte: alla voce succiare, con un esempio tratto dal Morgante di Luigi Pulci, che è castagna cotta nell’acqua con la sua scorza”.
Scoperta così l’origine dell’espressione siamo anche venuti a sapere che le “giuggiole” (oltre ad essere caramelle) sono anche dei frutti dal gusto piacevole; il guaio è che nelle nostre frutterie quasi mai le se riesce a trovare.
L’albero del Giuggiolo (o Dattero Cinese) è originario dell’Asia dove e’ molto diffuso. In Italia e’ presente fin dal tempo dei Romani; alto 6-7 metri, dall’aspetto piuttosto contorto, con rami irregolari e spinosi ha una corteccia rugosa di colore rosso bruno.
Le foglie sono piccole, lucenti e coriacee, con margine finemente dentellato e tre nervature che dal basso dirigono verso il margine.
I frutti assomigliano a grosse olive dal colore rosso-marrone scuro; quando i frutti sono maturi la polpa e’ soda, compatta, di sapore gradevolmente acidulo e di un tenue colore verde.
Il Giuggiolo è una pianta che si adatta a vari tipi di terreno ed è in grado di resistere a situazioni di siccità grazie ad un apparato radicale molto sviluppato. Vive in zone con clima temperato con temperature invernali non inferiori a 10° C e con estati lunghe e calde.
Nel nostro paese la pianta cresce sporadicamente soprattutto al centro nord e produce frutti di due tipi: quello “allungato” che ha un vago sapore di dattero e quello tondo con un gusto che ricorda molto la mela.
Con le giuggiole si fanno marmellate, sciroppi, gelatine e canditi mentre in medicina e cosmesi viene usato come antinfiammatorio. Ovviamente i frutti possono essere consumati freschi ricordando però che contengono un seme lungo circa 2 centimetri.
Mettersi una manciata di giuggiole in tasca e sgranocchiarle mentre si cammina in un giardino o in un parco è veramente, come ci ha spiegato il Romani, “andare in un brodo di giuggiole”.
Francesco Gargaglia
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ho un ricordo meraviglioso delle giuggiole che da bambina e ragazzina mangiavo in Toscana. Ricordo come fosse ieri il loro sapore unico, direi indefinibile, ma squisito! non so cosa darei per poterle riassaggiare! Qualcuno può aiutarmi a ritrovarle a Roma nord?