
Sono in pochi forse a sapere che nel 2010, Anno Internazionale della Biodiversità, gli obiettivi che si era deciso di raggiungere con la Convenzione di Rio de Janeiro del 1992 e con il Vertice sullo Sviluppo Sostenibile di Johannesburg del 2002 non sono stati raggiunti.
Anzi la “perdità di biodiversità” fa registrare la scomparsa di almeno il 40% delle specie viventi. Obiettivo fallito, ovviamente, anche per l’Italia le cui risorse messe a disposizione non sono bastate nemmeno a condurre i monitoraggi per sapere se stiamo andando o meno nella giusta direzione.
In compenso si registra un aumento delle specie “aliene” che nel nostro paese, vuoi per i cambiamenti climatici vuoi per la dissennata attività umana, sono in continuo aumento.
Alberi, mammiferi, pesci e insetti che infestano campagne e mari ma anche le città: oltre alle tante piante provenienti soprattutto da Cina e Giappone anche nutrie, scoiattoli, gamberoni, pesci equatoriali e pesci siluro.
Una presenza consistente è quella dei pappagalli che oramai da decenni abitano le nostre città. Si tratta di specie coloratissime provenienti per lo più dal Sud America ma anche dall’Africa e dall’Asia e che nel clima mite delle città vivono benissimo.
Anche a Roma Nord non mancano; numerosi esemplari da anni vivono e si riproducono in particolar modo lungo la Cassia dove i tanti e grandi parchi presenti ne favoriscono la stanzialità.
Sono i Parrocchetti, e non è affatto insolito sentire il loro grido allegro e vederli poi sfrecciare come missili da una pianta all’altra, da soli o in gruppo.
Si tratta di un pappagallo di medie dimensioni (coda compresa 40 cm) di colore verde con la coda sfumata in azzurro e il becco rosso; una sottile linea scura, nel maschio, collega gli occhi con il becco.
Il parrocchetto è molto diffuso sia in Africa che in Asia; robusto, dal volo veloce, vive bene in cattività e si riproduce senza problemi.
Allo stato libero è presente in Europa dove vive prevalentemente in città. La loro “urbanizzazione” deriva quasi sicuramente dalle condizioni climatiche più favorevoli, dall’assenza di predatori (persino le acide cornacchie li evitano) e dal fatto che trovano di che sfamarsi con molta facilità.
Sulla Cassia, in estate, come appunto accade in questi giorni, è normale vederli volare da una pianta all’altra e poi sostare sugli alberi di nespole; il loro richiamo, con cui si annunciano, è molto forte e chiassoso e mette un pizzico d’allegria in chi lo ascolta.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
perchè dovrebbero essere acide le cornacchie? bah..
cmq son parrocchetti dal collare e cornacchie grigie. Già che si scrive un articolo un pò scarso almeno mettere qualche dettaglio in più.
Bea direi che anche lei non scherza quanto ad acidità.