“Ninna nanna ninna oh questo bimbo a chi lo do lo darò all’uomo nero che se lo tiene un anno intero…”… Già una filastrocca “ninna nanna” che certamente rievocherà puerili ricordi in quanti come me hanno passato gli “anta”… Quell’uomo nero, sempre evocato da mamme, nonne, zie, usato in modo coercitivo ma incisivo nella volontà di ogni infante.
Irreale e coattivo, dagli adulti utilizzato per smorzare l’irruenza dei bambini, gioco forza su pargoli troppo esuberanti e vivaci che andavano formati. Mezzo educativo di fantasia, che prende forma nell’immaginario collettivo infantile, tanto da temerlo sempre, ovunque e comunque.
Fin quando una schiera di “studiosi della mente e del comportamento puerile” ha deciso che l’uomo nero è diseducativo e deleterio per lo sviluppo psicologico del bambino.
Errato, anzi obbrobrioso, creare mostri nel percorso di crescita di un pargolo, portato in questo modo a sviluppare paure e ansie nei confronti del “diverso” o peggio ancora nei confronti di chi non si conosce.
Onorevoli suggerimenti di chi, competenze alla mano, è arrivato a tali rispettabili conclusioni, screditando il fantasioso ricatto dell’uomo nero, accantonato dagli adulti di ultima generazione.
Permettetemi, però, una sciocca e, forse, scontata considerazione: e se, quell’uomo nero criticato e cancellato da gettonati protocolli di eminenti conoscitori della psiche infantile, oggi rispondesse al nome di “pedofilo”?
La pedofilia è, o comunque può essere l’uomo nero, un mostro oggi nemmeno tanto astratto, certamente subdolo, che sarebbe bene inculcare nella testa di ogni figlio, perché può palesarsi in qualunque angolo della vita di un bambino. È un mostro che può avere le sembianze di chi si conosce, o di chi si ignora.
È un mostro che però non si teme perché, nella vita degli adolescenti di oggi, l’uomo nero non esiste. Senza l’uomo nero i nostri figli sono cresciuti più sicuri, sprezzanti della paura e dell’ignoto, coraggiosi a tal punto da non disdegnare lo scontro diretto con l’adulto.
Nulla ferma l’adolescente del terzo millennio, cresce nella convinzione di poter affrontare qualunque cosa, spesso abituato a farlo senza l’aiuto dell’adulto. Social alla mano, il ragazzino di oggi è incline a riscrivere la propria età anagrafica, vulnerabile creatura che si professa capace di affrontare le insidie della quotidianità, inconsapevole bersaglio di chi, invece, riesce a carpire la fragilità adolescenziale in quel profilo virtuale.
L’uomo nero oggi ha connotati da carta di identità e da carta di credito. Economicamente disposto a pagare le prestazioni richieste, ammalia il ragazzino di turno con la promessa di felpe e ricariche per il cellulare, non lesinando “mance” in denaro, laddove preferite all’oggetto alla moda. Si insinua nell’intimità dell’adolescente, prima facendo credere che tutto è lecito, quasi un gioco, per poi portarlo al ricatto psicologico sotto forma di filmati pedopornografici con i quali si assicura il silenzio del ragazzino.
Offre una immagine di persona socialmente invidiabile, tante le conoscenze che annovera nella sua rubrica telefonica. Affascina per il suo modo di mettere mano al portafoglio, viatico per quegli sfizi che mamma e papà continuano a centellinare. Ammalia, per il suo modo di fare, un orco travestito da brava persona, il lupo cattivo di Cappuccetto Rosso, favola anch’essa finita nel dimenticatoio “genitorial moderno”.
Che siano i ragazzini di Ponte Milvio, Vigna Clara, Fleming, protagonisti della squallida vicenda di Roma nord salita alla ribalta della cronaca di quella più sporca e abietta da pochi giorni, o le baby squillo dei Parioli, che nell’ottobre del 2013 fecero scoperchiare un giro di prostituzione minorile rivolta a “stimati uomini” della Roma bene, la pedofilia non ha colore, fiocco celeste o rosa non importa.
La fascia di età è una variabile dettata, probabilmente, dalla capacità di questi esseri disgustosi e ignobili di centrare il “tallone di Achille” delle vittime di turno. E, a quanto pare, il pedofilo sa come e dove colpire, forte di una vetrina che risponde al nome dei vari social network, dove tutto può essere finto, nulla può essere vero, ma qualunque cosa può essere credibile.
I ragazzini di Roma nord, come le baby squillo dei Parioli, uniti da un unico comun denominatore, la voglia di sentirsi grandi davanti a una miseria di valori. Sentirsi protagonisti in un mondo dove importante è apparire, non essere. Dove un distratto no del genitore è interpretato come voglia di trasgredire a quel rifiuto.
È un cane che si morde la coda, eventuali responsabilità devono essere ricercate negli adulti ma anche nei ragazzi. Specchio di un’anima ormai rarefatta, che accenna un mondo troppo evanescente per i ragazzi, dove gli adulti non riescono più a entrare.
Scontato l’atto di accusa nei confronti dei genitori, colpevoli di una vita distratta e frenetica, il cui punto focale è la condizione economica necessaria a sopravvivere, non più a vivere. Alibi troppo spesso usato, quello della necessità di lavoro per non far mancare nulla ai propri figli, senza accorgersi che agli eredi diretti in realtà manca quel rapporto fatto di confronto e scontro, che però faceva crescere.
Una volta si lavorava per portare a casa la pagnotta, oggi perché ai figli non si può dire di no. Ieri bastava quello che oggi appare come niente. Una frase di una canzone di un rapper italiano, che si può amare o odiare non importa ma che può far rifletter, recita “quando anche se non c’era niente ne bastava la metà”.
Ai ragazzi di oggi, ai nostri figli, oggi nulla basta. La loro necessità di apparire li porta a volere cose che l’economia familiare molto spesso non può soddisfare. Da qui, l’illusione di poter raggiungere lo status desiderato cedendo alle promesse di soldi o regali facili, non importa come.
E, se un barlume di razionalità porta l’adolescente a capire l’errore e l’orrore, la convinzione che no, il genitore fantasma non può rappresentare l’alleato capace di comprendere senza giudicare, di aiutare senza punire lo porterà a un silenzio ancor più pericoloso, per se stesso e per altre papabili vittime di questa immonda e sudicia trappola.
Scacco matto. Il pedofilo ha vinto un’altra partita, ha inibito qualunque via di uscita, ha fatto sua la preda incapace di chiedere aiuto.
Sonia Lombardi
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Acuto e fertile di riflessioni questo articolo
Grazie
Abbiamo un problema, che le famiglie spesso non ravvisano, di erotizzazione precoce; bambini e adolescenti sono investiti da messaggi mediatici in cui la sessualità è imposta in modo inappropriato a detrimento di un adeguato ed armonico sviluppo della sfera emotiva. Bambini adultizzati che usano atteggiamenti seduttivi troppo presto. Genitori che si sentono addirittura rassicurati dalla precocità dei loro figli e che instaurano rapporti paritari e non più gerarchici nell’educazione della prole. Tappe saltate e infanzia negata avranno delle conseguenze sugli adulti del futuro….
Mi trovo daccordissimo con la Sig.ra Perina, American beauty, un film che potrebbe essere utile rivedere.