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Roma Nord: AS Astrea, giocano a calcio con le stelle(tte)

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astrea240.jpgIn Italia c’è una squadra di calcio molto particolare. Gioca su un campo di Roma Nord e la sua proprietà non fa capo ad un panciuto industrialotto nostrano nè ad una una cordata di broker asiatici, ma direttamente alla Polizia penitenziaria, uno dei nostri cinque corpi di polizia, a sua volta dipendente dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia.

Si tratta dell’A.S. Astrea, che milita in Serie D e gioca le sue partite interne allo stadio “Casal del Marmo”, alle spalle dell’omonimo carcere minorile a Monte Mario.

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Ed è proprio dallo stadio che si può partire per descrivere questa singolare realtà del calcio italiano. L’impianto – dalla capienza di 2.500 posti – si trova alla fine di via Barellai, una strada che da una parte costeggia prima il parcheggio esterno dell’ospedale San Filippo Neri e poi il Liceo Scientifico Pasteur, e dall’altra si affaccia sulla campagna di fianco il Parco Santa Maria della Pietà.

La struttura presenta, oltre al campo da gioco, una tribuna coperta solo da un lato, una pista di atletica leggera, 8 spogliatoi, sale fisioterapiche, una palestra, una sala stampa, magazzini e uffici. E il manto erboso sembra un tappeto verde che solo a guardarlo fa venir voglia di correrci sopra.

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Una volta c’erano la Lokomotiv Mosca e il CSKA Sofia. Nei paesi dell’ ex-blocco sovietico, spesso le società di calcio erano interamente in mano pubblica, quando di proprietà delle Ferrovie dello Stato, quando dell’Esercito. Questo fino a che – con lo smembramento dell’U.R.S.S. – i capitali privati non iniziarono ad entrare nelle suddette società relegando progressivamente la partecipazione pubblica ad una quota di sola rappresentanza.

Noi, invece, un esempio di dirigismo statale nel calcio ce l’abbiamo in casa ancora oggi. L’Astrea, infatti, si finanzia, oltre che con sponsorizzazioni e fondi dei privati, anche con soldi pubblici. E’ il suo statuto a dirlo: l’articolo 18 spiega che la società si avvale dei “fondi di bilancio, fonti dell’Ente Assistenza per il personale dell’Amministrazione penitenziaria, e contributi e rimborsi da parte di C.O.N.I. e F.I.G.C.”

Curiosa storia, quella dell’Astrea. La società nacque nel 1948 quando un gruppetto di appassionati, dipendenti del Ministero di Grazia e Giustizia, decisero di formare una squadra di calcio interamente composta dall’allora Corpo degli Agenti di Custodia per prendere parte ad un torneo amatoriale. Insomma, gli impiegati al termine dell’orario di lavoro smettevano la divisa e indossavano pantaloncini e scarpini per andare ad allenarsi.

Poi si sa, nel calcio i risultati sono tutto. E quelli dell’Astrea furono fin da subito eccellenti, tanto che dopo appena un anno si decise di fare il grande salto nel calcio agonistico iscrivendo il team al campionato di Seconda divisione organizzato dalla F.I.G.C.

L’attività andò avanti per svariati anni con la squadra sempre ad alti livelli. Poi, nel 1971, il boom. Quell’anno, infatti, l’Astrea vinse il campionato di Promozione e si guadagnò il diritto a giocare in Serie D, che allora era una categoria semi-professionistica, a differenza di oggi che è dilettantistica. Per festeggiare il successo venne anche organizzata un’amichevole allo Stadio Flaminio contro la Nazionale italiana. Che non era quella sbrindellata di oggi, ma quella di Riva, Mazzola, Rivera e Facchetti che si era appena laureata vice-campione del mondo al mondiale messicano del ’70. Come finì ve lo lasciamo immaginare.

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Ma il vero salto di qualità per l’Astrea si ebbe nel 1990, quando i bianco-azzurri sbarcarono nel calcio professionistico con la promozione in Serie C2. Incredibile, se ci si pensa. Ma c’era un ostacolo sul loro cammino. E l’ostacolo era la legge. Correva infatti l’obbligo per le società professionistiche di mettere sotto contratto i propri calciatori. E si sa, quelli dell’Astrea, in qualità di dipendenti pubblici, non potevano assumere ulteriori impegni contrattuali. Ci voleva un intervento della politica per risolvere la questione. Quella stessa politica che col calcio aveva un debito di riconoscenza essendosi arricchita con la costruzione degli stadi per il mondiale italiano e che a breve sarebbe stata risucchiata da Tangentopoli.

La legge, dicevamo. A presentare una norma ad hoc che aggirasse l’ostacolo fu l’allora ministro di Grazia e Giustizia, il socialista Giuliano Vassalli. Fu così che, grazie all’intervento del governo, l’Astrea potè partecipare al suo primo campionato professionistico, seppur con calciatori che mantennero lo status di dilettanti.

Ma quella in C2 non fu un’apparizione fugace. L’Astrea mantenne la categoria per ben sei stagioni consecutive affrontando squadre ben più blasonate come Catanzaro, Taranto e Catania. Nel 1996 la squadra retrocesse ma l’anno dopo tornò di nuovo su per altre due stagioni. E insieme alla promozione del 1997 ci fu anche la vittoria della Coppa Italia Dilettanti, ad oggi l’unico trofeo in bacheca della società con sede in Largo Daga. In quegli anni il giocatore più rappresentativo era l’attaccante Alessandro Cordelli, bomber alla Batistuta e una carriera spesa sui campi di C alla ricerca della grande occasione che non arriverà mai.

Dopo i fasti degli anni novanta, però, la squadra iniziò ad accusare il problema del mancato rinnovamento della rosa, e il fatto di poter assumere solo dipendenti del Corpo era un limite. All’inconveniente supplì ancora una volta una legge.

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Il DPR 132/2002 fu il primo provvedimento legislativo a regolare l’accesso ai gruppi sportivi del Corpo tramite concorso pubblico. L’Astrea se ne avvalse due volte, nel 2010 e 2011. Il fatto fu anche oggetto di verifica – nel 2012 – da parte dell’allora guardasigilli Paola Severino. Perchè non si potevano pagare ingaggi sportivi troppo onerosi con i soldi pubblici. Ce lo chiedeva l’Europa. E ovviamente il D.A.P. rassicurava che i costi erano già stati dimezzati e l’obiettivo era il loro totale abbattimento anche attraverso il ricorso a sponsorizzazioni.

Oggi l’Astrea milita nel girone G di Serie D, quarto livello del campionato di calcio italiano, dopo Serie A, Serie B e Lega Pro. L’allenatore è l’ex-attaccante Roberto Rambaudi, punto fermo del Foggia e della Lazio di Zeman negli anni novanta. Giocò anche in Nazionale.

Quest’anno però le cose non stanno andando bene, attualmente la squadra è ultima con 0 punti in classifica dopo 5 giornate. Domenica 27 ha perso lo scontro diretto in trasferta contro il Budoni per 3-1. Stagione in salita, quindi, ci vorrebbe Cordelli.

Valerio Di Marco

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