“Volontariato non retribuito, ma in cui si impara tanto“: così recita un annuncio sul gruppo Facebook della facoltà di Lettere e Filosofia dell’università Sapienza di Roma. Non ci stanno gli studenti e i laureati del gruppo, che fanno sentire la loro voce contro la Festa del Cinema di Roma che nella persona di un collaboratore – anche lui appartenente alla “schiera dei non pagati”, come si legge – sembrerebbe latore dell’annuncio di “volontariato non retribuito”.
La Festa del Cinema di Roma, prevista all’Auditorium di via Pietro de Coubertin nelle date dal 16 al 20 ottobre, è un’importante rassegna cinematografica italiana, che attira giustamente ospiti sia nazionali che internazionali, nonché ovviamente professionisti del settore e naturalmente giornalisti.
Il lavoro in questione infatti prevede proprio il rapporto con loro, riguardando l’ufficio accrediti, quella sezione nell’organizzazione di un evento che si occupa di assegnare gli ingressi gratuiti per chi assiste a un evento, solitamente per la stampa, anche se il termine è applicabile anche ai pass per addetti ai lavori o altri.
Il tutto si svolgerebbe nell’arco di due mesi, uno di formazione sul software dell’evento, l’altro di pratica effettiva sul campo, con alcuni giorni di fuoco sottolineati nell’articolo come “i grandi attori sul red carpet”. E si pongono delle domande interessanti sulla questione, che effettivamente sorgono spontanee, perché nel caso questi “volontari” lasciassero per un qualunque motivo, quali disagi potrebbero sussistere?
Anche perché, da quel che si legge, si intuisce la necessità anche di mandare un curriculum, seppur generico, ma comunque con delle competenze: a questo punto, se l’intento fosse solo fare della formazione gratuita – cosa che può anche esistere – basterebbe prendere i primi che scrivono per maggiori informazioni, come viene richiesto nell’annuncio stesso. O iscrivere l’iniziativa a una piattaforma per i tirocini: questioni di forma?
Sì e no. Ricordiamo infatti che dal 2013 gli stage devono essere retribuiti per legge, come previsto dalle linee guida nella legge n. 92/2012 e che pongono una serie di vincoli all’organizzazione dei tirocini, oltre all’obbligatorietà della retribuzione. Esperienza e formazione sono necessarie per i giovani che si affacciano nel mondo del lavoro e certamente richiedono molta umiltà, tuttavia il problema di questo “volontariato” si sta facendo sentire.
Basti pensare a Expo Milano 2015, il grande evento – vetrina per l’Italia che, come tutte le grandi manifestazioni, è stato salutato benevolmente per il possibilmente ritorno economico, ma che si è valso dell’apporto di 15mila volontari.
Una scelta aspramente criticata dai vari comitati NO Expo, al grido “Io non lavoro gratis per Expo”, contestando come un evento pagato con molti soldi pubblici dovrebbe assumere quanti siano necessari al corretto svolgersi dello stesso.
Così gli studenti sottolineano come la Fondazione Cinema per Roma si presenti, sul proprio sito, insistendo sull’importanza di “investire sul binomio “Roma – Cinema” perché “significa automaticamente investire sullo sviluppo economico del Paese…”
Perché il volontariato allora? E perché proprio agli studenti di lettere, chiedono ancora, sottolineando la presenza di validi candidati anche a informatica o ingegneria, per gestire un software?
Provocazioni a parte, questi gruppi non contano al proprio interno solo studenti “giovani”, ma anche laureati di triennale o magistrale, laureandi o comunque persone con una professionalità in fase terminale di formazione: una condizione che, in tempi nemmeno troppo lontani, sarebbe valsa a questi ragazzi la possibilità di un primo lavoro, magari di gavetta, ma comunque (poco) retribuito.
Sempre nell’ambito dei beni culturali inoltre, anche per i musei è stato di recente chiesto l’apporto dei volontari, nella fattispecie le associazioni, in un bando della discordia tra la Sovrintendenza e la CGIL.
Le occasioni per creare lavoro e generare occupazione, seppur temporanea, sembrano essere presenti e i settori capaci di dare un tonico del genere – il lavoro – contro la crisi dovrebbero essere sostenuti, siano beni o eventi. E invece si chiedono volontari, come scrive sul suo blog l’archeologo Manlio Lilli: “Perché pagare qualcuno per fare qualcosa quando è possibile avere il medesimo servizio senza alcuna spesa? Il problema forse è che non sempre il servizio “è il medesimo”.
Flavia Sciolette
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