Quando si parla o si scrive di “monnezza”, da un punto di vista lessicale, c’è sempre una vasta gamma di possibilità; da ‘rifiuti solido urbani’, nel linguaggio amministrativo-burocratico a ‘immondizia’, colloquiale e pienamente accettato; da‘mondezza’, usato nel centro sud alle espressioni dialettali: munnezzè , amnis, u’remmate, rusco, rumenta, munnazze.
Nel campo cinematografico il Monnezza (anzi “er monnezza”) è il personaggio interpretato dall’attore Thomas Milian che per crearlo si ispirò al suo amico pesciarolo di Tor Marancia.
Da un punto di vista giudiziario la monnezza è corpo di reato: “Dotto’, non faccio più droga.No, adesso ho un altro affare. Rende di più e soprattutto si rischia molto meno. Si chiama monnezza, dotto’. Perché per noi la monnezza è oro”, così diceva il boss del rione Traiano al Procuratore Roberti.
Se invece la monnezza la si sogna il significato è inequivocabile: si tratta di un annuncio di scandalo che necessità di un radicale cambiamento di abitudini.
Ma se si parla della monnezza che ingombra il greto del Tevere allora non ci sono ne dubbi né tantomeno possibilità: trattasi proprio di genuina “monnezza”, quella tanto amata da pantegane, surmolotti o ratti delle chiaviche che dir si voglia.
Se non fosse per il fatto che Madre Natura non la produce ci verrebbe da dire che cresce spontanea per quanto ce n’è: quintali, tonnellate, decine di tonnellate; difficile fare un calcolo così su due piedi. Una cosa è certa però: ce n’è tanta.
Cresce, pardon, si trova sulle rive, sulle banchine, all’interno dei canneti, sotto i ponti e perfino sugli alberi; questa degli alberi è monnezza assai particolare, meno greve e più diafana, anche se non priva di tenacità.
Ovvio che la monnezza si trova anche all’interno delle acque sebbene con il passare del tempo tenda a perdere le sue caratteristiche originarie; difficile capire se lo scheletro di quel ciclomotore è un Piaggio o un Honda. Impossibile distinguere, a causa della prematura putrefazione, se stiamo parlando del cadavere di un cane o di una pecora.
I rifiuti del Tevere si sono così bene integrati che oramai fanno parte del paesaggio; oggi non ci sono più gli acquerellisti di un tempo ed è un peccato perché avrebbero potuto imbrattare le loro tele con una infinità di colori. Rosso o giallo per gli stracci, verde o bianco per le bottiglie di plastica, giallo per i nastri della municipale, nero per le cassette in plastica, ocra per la terra dei campi da tennis, terra di Siena per le scatole di cartone e infine grigio per i sacchetti di nailon.
C’è solo da sperare che ad un qualche solerte Assessore o Sindaco non venga mai in mente di dare corpo ad un progetto di “parco fluviale” e togliere la monnezza: il Tevere senza monnezza sarebbe come il caffè senza zucchero, il profiteroles senza cioccolato, Santoro senza Travaglio.
Francesco Gargaglia
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Domando ma tutti quei barconi ,chiatte e residui navali ancorati alle banchine con monnezza che si accumula ai fianchi, ristoranti con ratti che si vedono passeggiare sotto i tavoli ………ma almeno pagano al comune o………nemmeno questo e’ lecito
che vergogna….qualcuno lo chiamava Biondo Tevere.
Il problema è che noi paghiamo tante tasse..e tutto sta andando in rovina!! Strade, marciapiedi, autobus, treni, giardine….e mancano i servizi, mentre c’è tanta gente che potrebbe lavorare senza aspettare gli appalti: la manutenzione deve essere contunua….non una volta l’anno! Mi chiedo se le pulizie di casa venissero fatte una volta l’anno…come si vivrebbe?