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“Baton Serpent”, Huang Yong Ping in mostra al MAXXI

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camel240.jpgAnimali senza testa, teste di animali senza corpi, cammelli imbalsamati, mappamondi “sbucciati” come arance e scheletri di serpente lunghi trenta metri. Questo è molto altro è “Baton Serpent”, la mostra che fino al 24 maggio il MAXXI dedica a Huang Yong Ping, artista contemporaneo di origini cinesi che fa della provocazione una forma di comunicazione.

Aronne gettò il bastone davanti al faraone e davanti ai suoi servi, ed esso divenne un serpente” (Esodo 7, Antico Testamento). E’ da un passo della Bibbia che bisogna partire per raccontare una mostra dal così profondo significato escatologico, il passo che racconta la trasformazione di un bastone in serpente e che molti ricorderanno immortalato al cinema nel film “I dieci comandamenti”.

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Del resto, l’intera esposizione è concepita proprio come un esodo. Da cosa ? Dai poteri, dai saperi e dai valori sociali e culturali prestabiliti.

Huang Yong Ping – fondatore di uno dei più importanti movimenti dell’avanguardia cinese – è una specie di Cattelan con gli occhi a mandorla. Come l’artista veneto che fece cadere un meteorite addosso al Papa o che piazzò un dito medio davanti l’ingresso della Borsa di Milano, Ping si diverte a giocare con le reazioni del pubblico, a stupire col gusto dell’orrido, usando immagini che in alcuni casi possono urtare la sensibilità di chi guarda ma che allo stesso tempo nascondono significati più profondi che mettono in discussione l’egemonia razionalista e antropocentrica di un’umanità sempre più lontana dalle proprie origini.

Bâton Serpent è una visione a tutto tondo su fenomeni come la globalizzazione, le negoziazioni culturali, le migrazioni, il neo-colonialismo, i conflitti religiosi, i fondamentalismi politici. Ma rappresenta anche una sfida ai tradizionali linguaggi dell’arte, col fine dichiarato di scardinare miti e utopie dell’epoca contemporanea.

E per la prima volta fa tappa in Italia con le sue opere monumentali corredate da una ricca documentazione scritta e articolate lungo un percorso in tre tappe corrispondenti ai tre spazi espositivi.

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Come dicevamo, le immagini che usa Ping hanno una violenza intrinseca che è quasi brutale, si impongono allo spettatore e ne scardinano i sensi, testimoniando una visione del mondo e un’antropologia profondamente negative e catastrofiste.

L’impatto di alcune realizzazioni lascia senza fiato. “Baton de serpent”, che dà il titolo alla mostra, è il “francobollo” dell’esposizione ma anche la summa dell’arte visionaria di questo straordinario talento;
“Camel” è un cammello (vero) imbalsamato e con marchiato a fuoco sul fianco destro un altro passo della Bibbia, quello che dice che un cammello non ce la fa a passare per la cruna di un ago. O qualcosa del genere.

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“Bugarach” è la riproduzione del monte francese divenuto negli anni meta per eccellenza del turismo esoterico poichè, secondo un’antica credenza, sarebbe stato il rifugio dalla catastrofe preannunciata dai Maya per l’anno 2012; “Construction site” è la riproduzione di un minareto puntato in diagonale come fosse un missile; “Lamb-Plant” è un’opera ispirata ad una creatura leggendaria che combinava caratteristiche animali e vegetali; e “95 bras de Guanyn” è un omaggio alla dea buddista Guanyn oltre che un riferimento al processo di trasformazione continua comune sia al buddismo che a molte tradizioni religiose e filosofiche cinesi.

Ma è “La carte du monde” l’opera più “stramba”. Come dicevamo, si tratta di un enorme mappamondo srotolato a mo’ di buccia di agrume lungo una parete, e sul quale ogni punto è contrassegnato da una freccetta con su scritta la prossima grande catastrofe che vi si terrà.
E così, in Madagascar nel 2036 ci sarà un’inondazione, in Francia nel 2021 un terremoto. E l’Italia ? Beh, noi abbiamo già dato e stiamo anche dando…

Valerio Di Marco

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