Valori etici, umanità, piuttosto che codice penale italiano per facebook sono parole sconosciute. Per la piattaforma di Zuckerberg incitare alla violenza sugli animali rientra negli “standard della comunità”. Sì, proprio così. Postare foto nelle quali si vede un cane nel cui retto, stando alla didascalia, è stato introdotto un petardo a scoppio ritardato è compliant e niente affatto scandaloso.
Bene, siamo arrivati al paradosso di questo mega circo barnum dove tutto si può scrivere e urlare, tanto “lassù” non c’è nessuno che ti filtra.
Qualcuno ci chiederà perchè allora ci stiamo. E’ presto spiegato: finchè non verrà sostituito da un’altra piattaforma, facebook, così come twitter, è diventato un mezzo di diffusione imprescindibile per un quotidiano on-line che voglia portare le sue news sotto gli occhi dell’ultimo lettore. Tutto qui.
Ma torniamo al fatto. Pochi giorni fa abbiamo stigmatizzato la presenza su facebook di una pagina creata e gestita da un anonimo “amante” dei cani, ma così amante da averla battezzata “salva un petardo scoppia un cane” (leggi qui).
Un coacervo di post deliranti con un unico leitmotiv: l’odio per i cani. Ogni post è atrocemente e violentemente criticato e condannato da decine e decine di utenti scandalizzati ma lui, il nostro anonimo canaro, ha continuato imperterrito a postarne di nuovi.
Dopo la pubblicazione del nostro articolo decine di lettori hanno segnalato al team di facebook l’inopportuna presenza di tale pagina e il messaggio di violenza che ne scaturisce ottenendo tutti la stessa risposta:
“Abbiamo controllato la tua segnalazione di Salva un petardo, scoppia un cane. Grazie per il tempo dedicato alla segnalazione di un contenuto che secondo te potrebbe non rispettare i nostri Standard della comunità. Le segnalazioni come la tua sono fondamentali per rendere Facebook sicuro e accogliente. Abbiamo controllato la Pagina che hai segnalato per la presenza di discorsi o simboli di incitazione all’odio e abbiamo riscontrato che rispetta i nostri Standard della comunità.”
Chiaramente si tratta di una risposta standard, automatica, visto che dietro il desk di facebook non ci sono uomini e donne a leggere e a valutare le segnalazioni, ma solo una serie di algoritmi impostati su uno standard che non tiene conto della degenerazione umana.
Tutto ciò che riversiamo sulla piattaforma, che per quantità d’iscritti potrebbe essere il terzo paese del mondo per numero di abitanti, è infatti affidato e gestito da computer per i quali, nonostante nel regolamento di facebook sia espressamente vietata la pubblicazione di post, articoli, pagine e quant’altro inneggianti alla violenza e all’odio, istigare alla violenza sugli animali non è cosa disdicevole.
L’amabile canaro potrà continuare impunemente a pubblicare foto e post volgari mentre a noi resta la consolazione (si fa per dire) di sapere che questo signore “rispetta gli standard della comunità” di Mr Zuckerberg. Lo dice il computer, e non c’è verso di controbattere.
Claudio Cafasso
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