Ci è giunta una lettera di una lettrice che riteniamo meriti di essere pubblicata in primo piano. Racconta un fatto che potrebbe sembrare ordinario ma che ordinario non è. Esemplifica invece un comportamento che nella Roma di oggi, purtroppo, è largamente diffuso: l’indifferenza verso chi è in difficoltà.
Qualcuno potrebbe risentirsi di queste parole, altri ci additeranno come disfattisti o qualunquisti assimilandoci ai tanti che del motto “Roma fa schifo” hanno fatto la loro bandiera. Accettiamo qualunque critica, l’unica cosa che non ci sentiamo di accettare è che a Roma, una volta “città aperta” all’abbraccio e alla solidarietà, oggi possano accadere fatti di questo genere.
E’ vero, una rondine non fa primavera e un singolo caso potrebbe non fare testo. Ma quando protagonisti di questo singolo caso sono più cittadini che voltano la testa dall’altra parte per non vedere una persona anziana in difficoltà, come si fa a non dire che la nostra città è malata d’indifferenza?
A scriverci è M.C., residente in zona Ponte Milvio.
Il racconto
“Egregio direttore di VignaClaraBlog.it, le scrivo per segnalare alla sua testata un fatto increscioso che purtroppo ha visto come protagonista, nel ruolo di vittima dell’indifferenza dei nostri concittadini, la mia anziana mamma (83 anni il prossimo 24 0ttobre ).
Il giorno 16 ottobre 2014, come ogni giovedì, mia madre ha passato il pomeriggio presso la Parrocchia di Santa Croce a Via Guido Reni a preparare i panini per i barboni; arrivata la sera, congedatasi dagli altri volontari che si accingevano a dirigersi verso Stazione Termini per distribuire i panini che avevano preparato, si è recata alla fermata del tram 2 su Viale Tiziano all’altezza dell’Auditorium.
All’arrivo del tram, è inciampata cadendo malamente e, dei presenti, solo un signore, diretto alla Festa del Cinema, si è rivolto a lei chiedendole se riteneva necessario che venisse chiamata un’ambulanza.
Data la brevità del tragitto per arrivare a casa mia mamma ha preferito rifiutare l’offerta e salire lo stesso sul tram.
Da questo momento è diventata invisibile come quegli homeless per i quali aveva preparato panini per tutto il pomeriggio: nonostante i suoi lamenti per i dolori alla spalla, che risulterà poi fratturata, nessuno le si è avvicinato o le ha offerto il posto come normalmente si dovrebbe fare di fronte ad una persona anziana; ugualmente nessuna reazione c’è stata quando,a causa dei dolori e dello stress emotivo, ha cominciato a vomitare con discrezione in un sacchettino che aveva con sé.
Arrivata alla sua fermata è scesa e alle sue spalle, oltre alle portiere del tram, si sono chiuse quelle dell’indifferenza e dell’egoismo, per i quali interessarsi alle sorti di una persona in difficoltà è solo una perdita di tempo e un fastidio. Perdoni questo sfogo e grazie per il suo interessamento.”
Non abbiamo aggiunto o tolto nulla a questa lettera che pubblichiamo con l’intento di stimolare riflessioni che dimostrino quanto meno che non si è indifferenti all’indifferenza.
Claudio Cafasso
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Purtroppo è un amara verità di una città che diventa ogni giorno che passa sempre più indifferente, si passa il tempo a correre senza vedere quello che accade intorno a noi, senza vedere chi e cosa ci circonda, mi dispiace per questa signora e purtroppo posso dire che di episodi di indifferenza ce ne sono sempre di più, e non sono soltanto i giovani, come molti dicono, ad essere indifferenti, spesso…molto spesso sono persone mature.
Un giorno, forse, ci renderemo conto, che tutto questo correre (verso cosa poi non lo so), non sarà servito e non serve a nulla, quest’indifferenza uccide anche l’ultimo briciolo di umanità che abbiamo.
Dobbiamo fare uno sforzo per tentare di capire perché prevalga in noi la paura, alimentata dalla precarietà sia economica sia culturale dell’appartenere a una comunità in cui dai e ricevi solidarietà.
Atti di violenza nelle strade e negli stadi, sono ormai una abitudine; fa notizia la settimana in cui non accadono. Le statistiche, poco considerate e quasi nascoste dai mezzi di comunicazione sociale ci parlano di un diffuso uso di cocaina e di altre droghe in quantità mai viste nel passato. La violenza dentro le mura domestiche ha raggiunto livelli di emergenza sociale. La sfiducia nelle istituzioni pubbliche, l’aumento della precarietà, la perdita del valore d’acquisto di salari e pensioni, esaspera l’individualismo e la richiesta di certezze. Prevale, oggi, una cultura individualistica, molto spesso egoista, che porta ad esasperare gli interessi particolari di individui, gruppi di potere, togliendo spazio alle possibilità di aggregazione sociale e comunitaria, aspettando, il più delle volte inutilmente, risposte ai bisogni di sicurezza e di presidio del territorio dagli apparati statali deboli e inefficaci.
Vivere accanto e non riuscire a relazionarsi. Questa è la situazione della convivenza collettiva nelle nostre città, che porta a un indebolimento dei lacci comunitari e a una regressione civile.
Condizione aggravata per chi vive nelle periferie urbane dove domina , a livello di aggregazione sociale e culturale, un immenso deserto. Alcuni spazi sociali che prima erano considerati “per tutti” sono oggi spazi privati, di parte, in cui non si riconosce una intera comunità. La piazza, l’osteria, il circolo la parrocchia non sono più luoghi comuni in cui si crea relazione tra le diverse entità sociali che condividono un territorio. Vi è un vuoto che né lo stato, né il mercato né l’associazionismo riescono a coprire. Se non riusciamo a costruire processi di storia collettiva non possiamo poi sorprenderci se non abbiamo classi dirigenti capaci di richiamare i singoli a relazionarsi fra loro e trovare interessi comuni collettivi e un consenso su valori, sia storici sia per il futuro, condivisi. Avere spazi in cui si possa rammendare rapporti con i vicini di casa, che non devono essere estranei, costruire comunità, relazioni con il prossimo, perché tutti ne abbiamo bisogno. Non chiudersi ma aprirsi per restare umani. Solo così potremo superare la paura e costruire nuove speranze.
Sono assolutamente d’accordo, ma vorrei aggiungere che oggi la fa da padrona la spettacolarizzazione del male senza riflettere che “sbattere” costantemente le mostruosità in prima pagina alimenta il senso di solitudine, di frustrazione e di impotenza, che da anni si è impadronito di noi. Di questo sono sicuramente responsabili in rimis i mezzi di comunicazione, che diffondono una cultura negativa soffermandosi, quasi con morbosità, su tutto quello che è cattivo, crudele e negativo, senza quasi mai volgere l’attenzione a qualche notizia positiva, che ci dica che ancora chi fa del bene e lo fa bene. E, di queste persone, Associazioni e Organismi ce ne sono ancora tanti, ringraziando Dio. Ma il bene non fa scoop, non aiuta le vendite e non cattura l’interesse e allora spazio alla malignità. Su qusto argommento ci sarebbe ancora tantissimo da dire, quindi mi fermo qui ma non prima di avere lanciato un appello di speranza e di fiducia : LE FORZE DEL MALE NON PREVALEBUNT.
Inutile cercare giustificazioni là dove non ci sono. Il benessere, il progresso, la fretta, il consumismo…..tutto vero come l’egoismo e l’indifferenza. Ma quello che vale per altri paesi da noi non può essere invocato come una giustificazione. Noi paghiamo il “peccato originale” di aver sostenuto per 70 anni una classe politica fatta da sciacalli, disonesti e corruttori. Quando il vertice è marcio cosa si può pretendere dalle persone? Se a governare un paese ci sono disonesti, ladri, corrotti, cocainomani, truffatori, voltagabbana possiamo mai pretendere che i “governati” siano brave persone, oneste, educate, generose?
Sono proprio questi sciacalli, attraverso il loro pessimo esempio, ad aver cancellato dalla nostra società valori importanti proprio come la “solidarietà”.
Quando centinaia di consiglieri regionali colpevoli di aver rubato i soldi degli italiani rimangono al loro posto e anzi otengono il sostegno e la fiducia dai loro presidenti, possiamo mai pretendere dalla gente comportamenti improntati a bontà, altruismo, generosità?
C’è un solo sistema per “costruire speranza”: disfarsi di questi cialtroni!
Ci hanno trasformati in consumatori, l’unico parametro che ha la politica é il potere d’acquisto, il cittadino é vessato da continui e perseveranti notizie di dissesto finanziario e di criminalitá diffusa. Si costruiscono “non luoghi”, i centri commerciali, ma non si aprono i parchi. Frotte di disperati che frugano nei cassonetti, che si accampano in ogni spazio verde della cittá trasformandolo in favela. In uno scenario da romanzo post nucleare, la solidarietà é destinata ad esaurirsi. Ma é esattamente quello che la mondializzazione vuole: destrutturarci come popolo, farci dimenticare della nostra storia e creare conflitto sociale tra poveri. Il mercato del lavoro andrá a ribasso, spariranno le politiche sociali e la conquista sará ultimata, favorita dalla natalitá zero degli italiani. Poi ora con le nuove “linee guida” per la scuola dettate dalla lobby LGBT, ci toglieranno anche la facoltá genitoriale di educare i nostri figli come meglio crediamo.