Fulvio Pratesi, presidente onorario del WWF Italia, è solito ripetere che il vero ambientalismo nasce dal basso, da semplici azioni e da piccoli progetti. Una posizione non sempre recepita nel nostro paese dove i cosiddetti “ambientalisti” non godono di grande simpatia vuoi per alcune posizioni giudicate intransigenti vuoi per quel luogo comune che li vede barbuti deficienti intenti ad osservare al binocolo passeri e fringuelli.
In realtà dobbiamo molto ai movimenti ambientalisti; è grazie a loro che sono stati fermati progetti folli che avrebbero danneggiato in maniera irreversibile il patrimonio naturale della penisola. E sempre al costante impegno degli ambientalisti va attribuito il merito di essere riusciti ad ottenere (anche se con grande ritardo) dal nostro Parlamento un insieme di leggi a tutela dell’ambiente oggi rafforzate dalle norme emanate a livello EU .
Resta però il fatto che l’ambientalismo nostrano, per ragioni diverse, ancora non è riuscito a trasformarsi in un movimento popolare in grado di coinvolgere la maggior parte degli italiani i quali, pur condividendone le finalità, si astiene da una partecipazione attiva.
Colpa forse della politica o, a volte, di progetti strampalati o per i soli addetti ai lavori; anche se sempre più spesso, ad esempio, si parla di educazione ambientale a favore dei giovanissimi, l’ambientalismo fatica ad affermarsi.
Ci sentiamo in fondo ambientalisti nell’animo ma non nei comportamenti.
La naturale conseguenza è che il nostro paese, con alcune eccezioni, vive in uno stato di perenne degrado non sempre attribuibile alla disonestà degli amministratori o alla inefficienza degli apparati.
Perfino i turisti stranieri sembrano volersi adeguare ai nostri comportamenti e assumono atteggiamenti che nel loro paese non sarebbero mai tollerati.
Ci emozioniamo quando in TV vediamo i volontari di Green-Peace ingaggiare impari lotte con le gigantesche baleniere giapponesi ma poi abbandoniamo a bordo strada divani sgangherati e sacchetti di calcinacci; ci viene da piangere quando veniamo sapere che un lupo o un cucciolo di orso è stato accoppato a fucilate ma poi parcheggiamo la nostra auto su prati o sentieri di montagna e a volte addirittura fin sul litorale. Ambientalisti si ma mica stupidi; in fondo fan tutti così.
Non ci rendiamo conto che essere “un ambientalista” significa solo rispettare le regole; non c’è bisogno di essere iscritti al WWF o a Legambiente per essere qualificati “ambientalisti”.
Il rispetto nei confronti degli altri, dell’ambiente che ci circonda, delle norme che regolano la nostra convivenza e il rapporto con la natura fanno di noi dei veri ambientalisti anche se poi non siamo impegnati in campagne per il censimento del Lupus Italicus Appenninicus o a ripulire dai rifiuti le cime del Monte Bianco.
Theodore Roosvelt ha scritto: “Fate quello che potete, con cio’ che avete, dove siete”; una regola aurea per chi sente nel profondo del proprio animo di dover fare qualcosa per l’ambiente.
Non servono progetti grandiosi né azioni eclatanti; sono sufficienti piccoli gesti quotidiani come raccogliere dei rifiuti da terra, strappare delle erbacce, ripulire una fontanella, svuotare un cestino oramai ricolmo.
Quando frequentiamo un parco o un’area verde con i nostri figli dobbiamo “sentire” come una necessità il ripulire quello che gli altri sporcano; in questo modo lanciamo un messaggio inequivocabile a quelli che ci circondano (figli compresi): ” Siamo degli ambientalisti del fare e non delle chiacchiere!”.
Dobbiamo anche essere disposti ad esporci maggiormente.
Se vediamo qualcuno che getta in terra un fazzoletto sporco o non raccoglie le feci del suo cane glielo dobbiamo far notare, magari con gentilezza o con un pizzico di ironia; e non dobbiamo esitare nel richiedere il concorso dei vigili o delle guardie eco-zoofile quando ci accorgiamo che qualcuno viola volutamente e sistematicamente le normali norme di comportamento.
Tutto questo senza sentirci delle “spie” o degli “infami”: infame è chi, in barba alle leggi, danneggia il patrimonio comune.
Infine dobbiamo essere sentirci “buoni maestri” per gli altri (in modo particolare per i giovani); solo attraverso l’esempio li convinceremo dell’importanza di far parte degli “ambientalisti del fare” e non di quelli “del dire”.
Francesco Gargaglia
© RIPRODUZIONE RISERVATA