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    Quattro “app” da mettere in valigia

    ArsBiomedica

    valigia240.jpgPiccola dissertazione semi seria su come è cambiato il modo di fare “la valigia” nell’era della tecnologia e delle applicazioni. Per riflettere, per riderci su, e per riavvolgere il nastro e per dare qualche consiglio a chi è in partenza per delle vacanze stile 2.0

    La preparazione della valigia era un momento importante per il buon fine di una vacanza. Inammissibile dimenticare telo da mare e costumi da bagno, se si aveva prenotato il passaggio ponte per l’incantevole Poetto.
    Inaccettabile, poi, dimenticare kway e scarponi, se la meta prevedeva i massicci dolomitici da conquistare. E, se si oltrepassava la linea di confine, sia a nord che a sud, il bagaglio rischiava di “implodere”, non si sa mai nei Paesi stranieri.

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    La si organizzava con largo anticipo, elenco di ciò che poteva venire in mente e classificato di indiscutibile utilità durante la vacanza. C’era chi metteva anche gli spaghetti, che due fili aglio e olio si rimediavano in un attimo, ottima alternativa ai piatti della cucina locale.

    Libro da leggere sotto l’ombrellone, mazzo di carte per una partita con i vicini di sdraio, paletta e secchiello che un castello di sabbia è d’obbligo. Macchinetta fotografica e rullini in quantità industriali, per immortalare i momenti più belli, e le vacanze da rivedere e da rivivere al rientro in ufficio.

    Vocabolario turistico, di quelli con piccole frasi fatte, di uso folcloristico, e cartina geografica con mappatura del percorso. Tutto questo, e molto altro, sapientemente riposto in valigia, con un gioco di incastri e sovrapposizioni, degno del miglior giocatore di tetris.

    Oggi, la valigia si è ridotta di molto, quasi a diventare un umile zaino.  Per tutto il resto, c’è lo smartphone e le sue “App”. Google Maps, Google Now, Google traduttore e Google Photo Awesome, solo per citarne alcune.

    E per una come me, che alla tecnologia direbbe “perdiamoci di vista”, il percorso è tutto in salita, senza applicazioni in aiuto.

    Google Maps

    Itinerari veloci, opzione street view (tradotto alla casareccia vuol dire veduta della strada), che cancella il fantasticare sui luoghi da visitare e propone l’immagine reale del luogo ove si è diretti, bar, negozi e panchine comprese.
    Senza lasciare nulla all’immaginazione. La delusione oggi non è prevista, le frasi “me lo immaginavo…” o “credevo fosse…” non sono più in uso. Addirittura, se disponibili, fotografie del passato per un “ieri e oggi” del luogo.

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    Percorsi a risparmio carburante, tragitto più corto, e con Google Maps Mobile si accede alla mappa e si usufruisce di un sistema di navigazione gps come un navigatore satellitare. Voce fredda e sconosciuta che ti impartisce direzioni e svolte, da personalizzare a proprio piacimento, quasi a renderla una voce amica.

    Con lei, non si corre il rischio di trovarsi nel…millequattrocento, quasi millecinque! Ristoranti, monumenti, attività commerciali: qualunque cosa è individuata per l’utente, percorsi, distanze e convenienze comprese.

    Bei tempi, quando si cercava l’indigeno di turno, nel paesino sperduto, per ritrovare la strada smarrita. E, magari, si finiva a dividere, con il cicerone di turno, un bicchiere di vino e un panino autoctono, che la meta successiva poteva aspettare.

    Google Now

    Un mondo a trecentosessanta gradi. È sufficiente chiedere, e lui risponde. Qualunque cosa. Indicazioni stradali, orari dei treni e dei voli, alberghi più vicini e quelli più economici. Ma anche semplici curiosità. Un comando vocale, e l’informazione arriva chiara e precisa.

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    È un “software di assistenza personale intelligente”, che a pensarci bene una volta di personale c’era solo la segretaria, che pianificava e prenotava le ferie per il capo.
    Risponde a domande ed elargisce consigli, addirittura riesce a prevedere future richieste e desideri, gestendo le precedenti informazioni e facendo una media degli argomenti più ricercati.

    Pianifica la giornata, ricordando appuntamenti e impegni, declama la rassegna stampa mattutina, e organizza momenti liberi in base ai desideri che preventivamente ha elaborato. Insomma, una guida personale a portata di dito.

    Eppure, come era bello alzarsi la mattina e passare in edicola per sbirciare i giornali e fare due chiacchiere con il giornalaio, che in ferie anche i rapporti più fugaci trovano spazio nella quotidianità personale.

    E passare del tempo a organizzare gite ed escursioni, cartina geografica alla mano, o soffermarsi a leggere quei cartelli pubblicitari che elencavano date e orari per gli appuntamenti della sagra di turno.
    Oggi, un comando vocale e il gioco è fatto. Un po’ come nella indimenticabile pubblicità del confetto che regola l’intestino… “basta la parola!”.

    Google traduttore

    Libera traduzione automatica, si intende, ma quanto basta per capire e apparire. Bulgaro, danese, croato, afrikaans, yiddish, creolo-haitiano: dimmi che lingua parli e saprò comunque risponderti. In fondo, Paese che vai, dialetto che trovi. E non solo parlato.

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    Quante volte, sguardo perso nel vuoto, avete fissato negli occhi il cameriere francese, tentati di ordinare quel piatto di “escargot à la Bourguignonne”, allettati dal risonante nome ma terrorizzati da quel che poi sotto il naso veniva servito?
    O ordinare un Käsespätzle mit Röstzwiebeln, ignorando di preferire un piatto di tagliatelle al formaggio con cipolle fritte?

    Ecco, l'”App” tradurrà senza inganno quel che nel vassoio verrà servito, senza dover necessariamente ingoiare lumache a tradimento.

    Eppure era bello improvvisarsi turisti per caso e impegnarsi a capire, e a chiedere, nella lingua straniera locale. Che mai cose più ridicole, e mai frasi più inventate. Indicare con il dito sul cartaceo vocabolario, Bignami della lingua straniera sempre a portata di tasca, la frase già sapientemente tradotta e costruita.

    E, volti espressivi per la totale incomprensione, a cui seguivano risate miste a disperazione, che “mannaggia se avessi studiato un po’ di più l’inglese”.

    Google Photo Awesome

    A disposizione degli “androidiani” la possibilità di sincronizzare l’account Gmail al dispositivo portatile in uso, e il gioco è fatto. Un backup automatico salverà tutti gli scatti della vacanza, senza paura di perdersi le inquadrature migliori. Ritocchi con effetti artistici a portata di click, e la fantasia può sbizzarrirsi.

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    Un bel tramonto o l’alba più chiara non richiedono appostamenti e alzatacce: ogni immagine può essere trasformata a piacimento, per renderla ancora più spettacolare. Persino la neve che scende, che lo sci estivo sui ghiacciai dello Stelvio ha altro significato, con due fiocchi che cadono.

    Modifiche istantanee di istantanee vacanziere, a incorniciare momenti che sembrerebbero senza correzioni troppo scontati. E allora ritocchino, taglia e inserisci, nero di seppia, ti porti a casa un ricordo costruito.

    Povero Baglioni che strada facendo, nel lontano 1981, fissava su pellicola il breve amore per una ragazza, disegnandolo attraverso rullini mensilmente utilizzati e che, giunto al termine, lasciava tra le dita solo fotografie.

    Queste sono quattro “app,” tra le più ricercate da chi ha perduto, volente o nolente, quel vivere di una volta.
    Quando il temporale ti assaliva senza preavviso, se non eri ammiratore del colonnello Bernacca. Quando perdersi era un piacere, che tanto tutte le strade portano a Roma, semmai si riparte da lì. Quando una foto era la posa, lo scatto, l’attesa della stampa del rullino, il negativo da conservare o da distruggere, l’album di foto.

    Quando “noio volevan…volevon savuar…” ci faceva apparire tanti Totò, alla conquista della terra straniera.
    “App” caricate, pardon, scaricate: che la vacanza abbia inizio.

    Sonia Lombardi

    riproduzione riservata – proprietà EdiWebRoma

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