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i Mogwai all’Auditorium, un vortice di vibrazioni

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mogwai240b.jpgUna serata avanti e indietro nel tempo sulle orme di una carriera quasi ventennale ma ancora lungi dal mostrare i segni dell’età. Così si sono presentati venerdì 25 luglio i Mogwai di Stuart Braithwaite e Dominic Aitchison alla Cavea dell’Auditorium Parco della Musica, incendiando il palcoscenico con uno show epico e tiratissimo.

Un’ora e quaranta di musica da un altro pianeta che ha elevato in alto i cuori dei quasi 3mila presenti. I Mogwai sono così, rock da ascoltare ma anche da guardare perché è un vortice che ti porta via sulle ali della suggestione raccontandoti di mondi lontani dove le vibrazioni sono tutto e il resto è noia.

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E vorticosi sono pure quei crescendo (e decrescendo) tipici di un genere, a posteriori ribattezzato post-rock, che i Mogwai hanno plasmato mescolando gli ascolti primordiali di Slint e Tortoise con elementi kraut-rock, noise e math.

Il tutto in piena esplosione techno-dance, quando anche il gotha del rock – dagli U2 a David Bowie passando per INXS e Depeche Mode – si impasticcava a furia di elettronica. Loro no, loro inventarono un genere che con l’elettronica non c’entrava niente: erano innamorati delle chitarre e ne fecero un nuovo linguaggio musicale.

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E sul palco della Cavea quel linguaggio lo hanno fatto cantare come non mai, loro che la voce umana l’hanno sempre considerata elemento di contorno al punto da averne una buona parte del repertorio del tutto priva.

La band entra in scena poco dopo le 21. Scaletta breve, 14 pezzi ma alcuni che rasentano i dieci minuti. Dentro c’è la crème della loro produzione più e meno recente. Si va dai brani dell’ultimo album, Rave Tapes, pubblicato ad aprile, ai già classici Rano Pano e How To Be A Werewolf – dal precedente Hardcore Will Never Die But You Will – fino a quelli storici come Haunted By A Freak e Mogwai Fear Satan.

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Quando dici rumore pensi a un gruppo di invasati sul palco e il pubblico là sotto a spingersi e ad urlare in preda a raptus di follia. E invece no, perché il rumore dei Mogwai è di quelli che annichiliscono, che stordiscono il cuore e la mente con ondate sonore che spazzano tutto e tutti.

Il pubblico resta inebetito ad osservare in religioso silenzio. Sul palco, un collettivo che conosce a memoria i tasti di quei continui saliscendi emozionali che fanno dello show una giostra impazzita.

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Lo spettacolo è martellante, concreto, poco spazio ai convenevoli, bastano sguardi e sorrisi. La band infila un pezzo dopo l’altro con la naturalezza dei veterani concedendo anche un bis che vede – con sorpresa per i cinque di Glasgow – il pubblico alzarsi dalle sedie e riversarsi in massa sotto il palco per assistere agli ultimi due brani, Helicon pt.2 e Batcat. Dopodiché, saluti e tutti a casa. La giostra per stasera si ferma.

Valerio Di Marco

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2 COMMENTI

  1. Bellissimo concerto e loro sono sicuramente tra i musicisti più straordinari che ho mai sentito (e ne ho sentiti moltissimi dal vivo). Peccato solo, per me che la adoro, che non abbiano fatto neanche un pezzo della colonna sonora di Les Revenants. Ci speravo! Da cinquantenne rimpiango poi quei concerti che superavano le due ore e quando alle 23 non mandavano tutti a casa, ma insomma, di questi tempi bisogna accontentarsi.

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