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    Costretti a fare i conti della serva

    Galvanica Bruni

    dueuro.jpgFare la spesa è diventata un’impresa legata alla capacità di risparmiare: si sfruttano i tre per due e le carte fedeltà, si punta al prodotto sottocosto analizzando comunque etichette e scadenze. Chiusa l’era della sporta pazza, adesso si perde qualche minuto in più ma c’è oculatezza e meno improvvisazione.

    Senza sfoggiare percentuali e proiezioni, inutili vista la attuale situazione economica italiana che si riesce a leggere anche senza i dati che agenzie e federazioni (consumatori, commercianti) sciorinano ogni giorno, facciamo un giro tra super e ipermercati, senza tralasciare i discount, alla scoperta di un nuovo modo di fare la spesa.

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    Le tasche degli italiani, colpite dalla crisi che ha inflitto accettate che ne hanno ridotto di molto il potere d’acquisto, tornano a fare quelli che una volta si chiamavano i conti della serva, per cercare di arrivare al “giorno di San Paganino”, data variabile per dipendenti pubblici e privati, senza troppi dolori.

    Lo shopping alimentare

    Ecco allora che si diversifica la spesa su più fronti, quasi si organizza uno “shopping alimentare”: si gira, si osserva, ci si fa aiutare dai volantini che soffocano le cassette delle lettere, nulla è più lasciato al caso.

    E soprattutto si punta al prodotto necessario, taglio drastico di tutto quanto può essere oggi considerato superfluo, malgrado la presenza scontata in dispensa fino a qualche anno fa.

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    Si spende meno ad esempio per bevande e surgelati, la carne torna protagonista sulla tavola degli italiani non più di due volte a settimana (poco male, visto il connubio consumo eccessivo di carni rosse-aumento di patologie tumorali urlato da famosi oncologi e ricercatori), mentre i prodotti ittici si allontanano sempre più dai piatti dei consumatori medi.

    A casa siamo tutti fornai

    C’è poi un dato allarmante, per quanto al rilancio dell’economia del settore specifico, che vede un calo di acquisto anche per pane e pasta. Ma questo non perché sia cambiato il modo di mangiare degli italiani, più semplicemente perché si è tornati a fare tutto in casa.

    Rispolverato il ricettario della nonna, è tornata l’abitudine di sfornare pane e ciambelloni o di tirare la sfoglia complici anche quegli elettrodomestici che aiutano in cucina, quasi sostituendo le braccia e la fatica di una volta.

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    Insomma farina, uova, burro e olio risultano tra i prodotti che meno hanno risentito della crisi o, se vogliamo, di questo approccio diverso con il carrello della spesa.

    Il discount

    A chi però vede la cucina come un abito troppo stretto, tenendosi ben lontano da pentole e fornelli, il discount tende una mano.

    Qui è ancora sostenuto il consumo di merendine e bibite di vario genere, si snobbano i marchi famosi preferendo alimenti genericamente etichettati, e questo mette l’utente medio nella condizione di non cambiare il tipo di spesa ma solamente differirla con prodotti di marchio sconosciuto.

    Mezzo chilo di pasta di semola di grano duro in uno di questi templi del risparmio costa mediamente 30 centesimi, una bottiglia di passata di pomodoro circa 40 centesimi, una mozzarella, di quelle grandi, circa 2 euro.

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    Ma anche il reparto carni offe prezzi decisamente competitivi, così come quello dei surgelati. E non si deve cadere nell’errore pensando che prezzi così concorrenziali non possano essere soggetti a offerte e tre per due.

    Ogni occasione è buona per rilanciare la spesa al discount, il compleanno del supermercato, le feste comandate, il cambio di stagione. E qui il carrello può addirittura straripare, senza infierire sul portafoglio.

    Iper, super e la tessera fedeltà

    Seppur registrando un aumento di famiglie che, per far quadrare il bilancio, affidano la loro spesa al discount, c’è chi proprio non riesce a superare lo scoglio del “sottomarca”, e continua a preferire i super e gli ipermercati entrati ormai nella quotidianità delle massaie.

    E questi ringraziano giocandosi la “carta fedeltà”: si striscia alla cassa, prima di aprire lo scontrino, e si accumulano punti in modo automatico.

    Catalogo premi, solitamente annuale, e con i punti raccolti si può portare a casa un elettrodomestico, un set di asciugamani o un accappatoio, lenzuola o servizi di piatti. Ma anche sconti su viaggi, buoni carburante e ricariche telefoniche.

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    Questo, per la grande distribuzione, rappresenta il primo punto a favore.

    Amate e odiate, le card anzi fidelity card sembrano rappresentare un passepartout per la spesa intelligente: si accumulano punti ma soprattutto si ottengono sconti che il compratore occasionale non riceve.
    Molto spesso, infatti, prodotti già in offerta sono ulteriormente scontati se acquistati con la carta fedeltà, che pertanto rappresenta il valore aggiunto alla già conveniente spesa.

    È una giungla, è vero, ma è l’unico modo per cercare di sopravvivere a una crisi che non sembra intenzionata a lasciarci in fretta.

    L’etichetta e i grandi nomi…

    E queste grandi catene di distribuzione offrono non solo prodotti “grandi marche”, quelli imposti dalla pubblicità: gli stessi articoli sono proposti con marchio della catena di supermercati, private label o prodotti a marca privata, a prezzi decisamente competitivi.

    E, se ancora qualcuno può mostrare diffidenza verso questi prodotti, è bene legga non solo la scadenza (che peraltro, notizia di pochi giorni, la Comunità europea vuole abolire) ma anche l’etichetta: solitamente questi articoli sono realizzati da aziende di qualità medio alta che producono derrate più economiche “firmate” con il nome del supermercato a cui sono destinati.

    Alcuni esempi? Articoli a marchio Coop come le fette biscottate sono sfornate dalla Colussi, il latte UHT è prodotto dalla Granarolo mentre la pizza surgelata è di ItalPizza; anche il latte UHT Conad proviene dalle latterie Granarolo, il burro è del caseificio Parmareggio, l’olio d’oliva è dei frantoi Farchioni e la pasta del pastificio Rummo.

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    Per Carrefour torna a sfornare fette biscottate la Colussi, lo yogurt è prodotto dalla Mila e la carne in scatola dalla Kraft, mentre i succhi di frutta per Auchan sono preparati da Yoga, l’olio di oliva è “spremuto” sempre da Farchioni mentre gli affettati sono lavorati e impacchettati dal salumificio Beretta.

    Insomma, se fino a qualche anno fa la spesa era una passeggiata tra gli scaffali, e si “buttavano” nel carrello i prodotti più pubblicizzati, oggi il consumatore è più attento, fa di necessità virtù e si ritaglia molto più tempo per il suo giro tra i reparti.

    Se cambia la domanda cambia l’offerta

    E i super e gli ipermercati rispondono a questa nuova, imposta esigenza del cliente cambiando il modo di offrire i prodotti.

    C’è lo spazio dedicato alle offerte, ma soprattutto c’è un nuovo modo di allestire la spesa: gli scaffali, a differenza di una volta, cercano di mettere in risalto il prodotto meno caro, certamente a invogliare l’acquirente a spendere comunque, nuove strategie di marketing in un momento in cui gli acquisti sono cambiati, e sono più calmierati.

    Il richiamo all’immediato dopoguerra è fuori luogo, nessuno ha intenzione di tornare a quelle forzate abitudini quando si mangiava una sola volta al giorno, e solitamente legumi e pasta; oggi, seppur con la consapevolezza di una crisi che sta davvero strozzando migliaia di famiglie medie, si cerca di dare ancora una parvenza di normalità, continuando a mettere in tavola quelle cose alle quali il benessere economico degli anni trascorsi ci ha abituato.

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    I conti della serva…

    E allora, ingegno e pazienza, sconti e tre per due, le massaie fanno quadrare quei conti della serva, piccoli ministri dell’economia familiare, alle quali spetta comunque l’onore del primo passo a un rilancio dei consumi che, si spera, prima o poi decollerà di nuovo.

    Sonia Lombardi

    riproduzione riservata – proprietà EdiWebRoma

     

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

    2 COMMENTI

    1. Se posso suggerire un ulteriore parametro di valutazione è quello del prezzo in rapporto all’unità di misura: €/kg oppure €/lt. Si possono fare scoperte “utili”…

    2. Questo vuol dire sviluppare abitudini virtuose ed un consumo maggiormente consapevole, regole che andranno applicate sempre anche in periodi di “vacche più grasse”.. In risparmio che non va a scapito della qualità vuol dire usare l’intelligenza, merce pregiata..

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