Cosa si nasconde nel mare? Quali e quanti veleni sono stati gettati in quella che è la più grande discarica del pianeta? A raccontarci cosa c’è negli oceani e nel nostro Mediterraneo è Nicolò Carmineo con il suo “Come è profondo il mare” (Ed. Chiare Lettere – 13,60 Euro); 170 pagine che si leggono d’un fiato.
Quello di Carmineo, nonostante lo stile accattivante, non è certo un racconto da fiaba ma un lungo viaggio attraverso mari ed oceani per capire quanta plastica, mercurio e tritolo sono stati sversati all’interno di quello che è uno degli elementi vitali del pianeta; pagine che ti lasciano l’amaro in bocca e un vago sapore di plastica.
Nicolò Carmineo insegna Diritto della navigazione all’Università di Bari e collabora con numerosi ed importanti quotidiani; è anche un viaggiatore. Ed è navigando oltre le rotte convenzionali ed entrando in contatto con scienziati e ricercatori che è riuscito a documentare qual è il “biocidio” che si sta compiendo sotto gli occhi distratti o indifferenti dei governi di tutto il mondo.
La plastica è una delle invenzione che più ha modificato lo stile di vita degli uomini; ogni anno, con nomi e caratteristiche diversissime, vengono prodotte milioni di tonnellate di plastica e altrettanti milioni finiscono im mare. La plastica è praticamente indistruttibile; la luce, il calore e l’acqua di mare la frantumano in frammenti sempre più piccoli che poi assorbono enormi quantità di veleni.
Charles Moore con la sua “Pink Lady” è stato il primo ad individuare nel Pacifico un’isola sommersa ampia milioni di chilometri quadrati formata da frammenti minuscoli e colorati; quando questi frammenti diventano microscopici assomigliano al plancton e finiscono nello stomaco dei pesci.
Anche nei mari distanti dai paesi industrializzati sono stati trovati cetacei, uccelli marini e pesci con lo stomaco ripieno di plastica; da reti di nailon lunghe centinaia di metri a bottiglie, tappi, spazzolini per i denti, buste e nei pesci più piccoli centinaia di piccoli pezzetti di plastica. In alcune sardine del Mediterraneo ne sono stati trovati anche 150.
Almeno 5 sono le isole di plastica che neppure i satelliti riescono a vedere perché sommerse da pochi centimetri di acqua; miliardi di tonnellate che avvelenano l’ambiente e i pesci molti dei quali finiscono sulla tavola di ignari consumatori.
Ad avvelenare il mare ci sono anche altre sostanze come il mercurio contenuto negli scarichi industriali; per decenni si è consentito (e ancora accade) alle di industrie di tutto il mondo di sversare acque contaminate nei condotti fognari che arrivavano al mare. Le prime gravissime conseguenze risalgono al 1951 quando i bambini e nascituri di Minamata, una cittadina costiera del Giappone, furono colpiti da gravissime e deformanti patologie provocate dal mercurio contenuto nei pesci.
Da allora poco è cambiato; con una ostinazione criminale si continua a negare ancora oggi la relazione tra i metalli pesanti presenti nel mare con malattie invalidanti e quasi sempre mortali.
Stessa cosa per le grandi quantità di esplosivi e aggressivi chimici (la maggior parte appartenenti agli eserciti alleati) che alla fine della 2° Guerra Mondiale sono stati sepolti, con criminale incoscienza, nel Mediterraneo. A distanza di oltre mezzo scolo la maggior parte degli involucri sono andati distrutti e oggi rilasciano sostanze terrificanti come l’yprite.
Ma quello che colpisce di più nel libro di Carmineo è la triste storia di 5 capodogli spiaggiati sul Gargano e morti dopo una lunga agonia; all’interno dello stomaco di quei cetacei sono state trovate montagne di plastica. Ma la sentenza di morte è stata scritta dai veleni presenti nei tessuti, nei muscoli e nel cervello: piombo, arsenico, cadmio e soprattutto mercurio.
“Come è profondo il mare” e un libro da leggere e rileggere non solo per esorcizzare la paura ma per prendere coscienza delle gravissime incognite che gravano sul nostro futuro e su quello dei nostri figli.
Francesco Gargaglia
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