Mille e più interpretazioni d’uno scambio di battute che nell’era del due o forse tre punto zero siamo costretti a chiamare scambio di cinguettio, anzi, mutuando dagli inglesi, che consideriamo “perfidi” come Albione ma dai quali scopiazziamo tanto, scambio di tweet che un bel dì sarà fatto passare per una goliardata, o qualcosa di simile.
Sottintendiamo quello fra due personaggi noti della televisione italiana, comunque due intrattenitori del pubblico (lo so che dovrei scrivere anchorman, ma la terminologia anglofona non è nelle mie corde, sono italiano, quindi cerco la nomenclatura – con la “c” e non col “k” – d’uno Zingarelli o d’una Garzanti evitando sconquassi con lingue provenienti da Paesi “perfidi”) che si son dati di sciabola più che di fioretto.
Nessun giudizio, Dio ce ne scampi e liberi dal voler prendere le parti d’uno o dell’altro, ma inevitabilmente sorge il benedetto sospetto d’esser costretti a convivere una esistenza collaterale da cui prima o poi – fidatevi! – fuggiremo.
Sì, c’è da ammettere che sono una bell’invenzione i social network, offrono l’ingresso nelle vite degli altri senza dover bussare. Per lo meno con le mani, anche se mamme e zie ci hanno insegnato che a casa degli altri si “bussa” sempre con i piedi.
Ci offrono l’opportunità di scrivere e discettare, parlare e sparlare permettendo di annotare sul taccuino chi ci tradisce nei sentimenti e chi inaspettatamente la pensa come noi; di capire finalmente che lavoro fa «quello la, che lo vedo sempre da tutte le parti… ma lavora? Ah, ma lo immaginavo che era raccomandato…» e d’impicciarci dei fatti degli altri, nessuno escluso.
Certo, qui qualcuno dirà «mah… guarda… io i social… li uso solo per lavorarci…», altri giureranno di sfruttarli come “pianeta d’affari” (lo so, avrei dovuto scrivere business), altri ancora per controllare i figli. E nessuno o magari pochi confideranno il fancazzismo totale che regna sulle pagine d’un qualsiasi social.
Per tacere poi di chi dice «Io? Sto su twitter perchè è importante… ma non lo sai che Obama ha vinto le elezioni grazie ai cinguettii?».
Così scopri un mondo parallelo in cui Vespa e Fiorello non se le mandano a dire; ma anche un mondo dove diventa “necessario” postare la foto d’un piatto di spaghetti al ragù su una tavola apparecchiata, chissà poi per quale recondito motivo visto che siamo cresciuti col “pancia mia fatti capanna” e che, da che mondo è mondo, gli spaghetti si arrotolano sui denti d’una forchetta prima d’esser gustati. Potere dei social, che permettono d’essere nel contempo assolutisti e vittime, amici e nemici, volutamente ironici ma maldestramente polemici.
E sorrido al solo pensiero che in Italia siamo passati dallo “spezzeremo le reni alla Grecia” di mussoliniana memoria a vip pronti a disquisire come se niente fosse nel merito d’un organo vitale che qualche povero disgraziato sarebbe pronto a vendere per sbarcare il lunario.
Peccato, potevamo avere una quotidianità più elegante. Ma non siamo lord.
Claudio Cafasso
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