Forte di un successo tanto clamoroso quanto meritato nella scorsa stagione, torna al Teatro Olimpico, dove resterà in scena fino al 2 marzo, “Il Diavolo Custode”, la commedia brillante scritta, diretta e interpretata da Vincenzo Salemme. Con un patrimonio di trentamila spettatori già alle spalle e avvalendosi di una veste rinnovata, lo spettacolo regala un’ora e quarantacinque minuti di leggerezza e divertimento, inducendo gli spettatori a porsi interrogativi seri sulla propria esistenza.
La trama di questa rappresentazione è un filo esile che, però, è in grado di condurre abilmente una sequenza di gags irresistibili e di situazioni comiche esilaranti; la narrazione è un vestito di sartoria artigianale comodo ed adattabile, è un abito graziosamente cucito a mano che consente all’artista napoletano di esprimersi al suo meglio e di andare a stuzzicare la voglia che abbiamo di sorridere dei nostri difetti.
Soprattutto attraverso l’interazione con i suoi fidati compagni di strada Giovanni Ribò, Antonio Guerriero, Nicola Acunzo (un fantastico diavoletto calabrese!) e Domenico Aria, il mattatore partenopeo offre pasticche di umorismo benefico che non hanno alcuna contro-indicazione e che possono essere assunte senza badare minimamente alla posologia.
Com’è consuetudine dei suoi spettacoli, Salemme si ritaglia momenti di dialogo con gli spettatori delle prime file, abbattendo, in una situazione dal potenziale comico dirompente, la quarta parete che separa gli artisti dal pubblico. Il meccanismo che innesca la risata è la “seconda possibilità” che ciascuno di noi prima o poi si trova ad invocare per cancellare gli errori e ricominciare tutto da capo.
Il diavolo (è isso, è isso!) non perde l’occasione e si palesa al povero Gustavo Gambardella, vittima di se stesso, delle proprie paure e dei tempi che stiamo vivendo. Il diavolo non veste Prada, ma si traveste e nel travestimento Salemme imperversa, impazza e si scatena, interpretando “diabolicamente” un paio di personaggi surreali e strampalati che moltiplicano gli applausi e le risate.
Salemme è un artista nazional-popolare, ma – attenzione! – questa definizione la stiamo usando in un’accezione molto positiva, volendo evidenziare la sua capacità di far ridere tutti quanti e di proporre tematiche che riguardano chiunque. Non è cosa di tanti, come non è comune il suo spiccato talento nel catalizzare l’attenzione del pubblico in una maniera tanto originale quanto sorprendentemente semplice. E il teatro, senza alcun dubbio, è il luogo – fisico e spirituale – che si addice maggiormente alle sue caratteristiche e al suo genio nazional-popolare (ora il punto è chiarito).
Dietro alla leggerezza, dietro alle risate, dietro alla farsa e alle maschere, c’è la malinconia propria della comicità napoletana, ci sono tematiche importanti e domande serie, interrogativi che, mentre usciamo risollevati dal teatro, ci rimbalzano gentilmente in testa: come sta andando la nostra vita? Perché non troviamo il tempo per perdere tempo? Perché, nel mondo della comunicazione di massa, la casa è diventata una prigione di incomunicabilità?
Il “diavolo custode” Salemme, in definitiva, non ci sta offrendo una seconda possibilità, ma ci sta ricordando semplicemente che la vita è una e che va vissuta al meglio delle nostre possibilità. E ce lo sta ricordando dopo averci regalato un sorriso che continua ad aleggiare sulle nostre labbra. Vi pare poco?
Giovanni Berti
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