C’è un iscritto nel registro degli indagati per la morte del clochard quarantenne nordafricano, Baraki Murat il suo nome, deceduto sul sagrato della chiesa Gran Madre di Dio, a Ponte Milvio, nella notte fra mercoledì 28 e giovedì 29 agosto. E’ un medico del Policlinico Gemelli, presso il cui pronto soccorso l’uomo si era recato lo scorso lunedì per un’emorragia dovuta a cirrosi epatica e dove, dopo la visita, era stato dimesso.
Venerdì 30 agosto è stata effettuata l’autopsia sul suo cadavere. Ora il PM Pierfilippo Laviani, che ha aperto un fascicolo per omicidio colposo, vuole capire se Baraki Murat sia stato dimesso correttamente o se invece doveva essere ricoverato e curato.
Ma c’è un’altra ipotesi. Come riportato nelle prime notizie, sulla fronte dell’uomo c’era un ematoma dovuto probabilmente ad una caduta, forse proprio sulla gradinata della chiesa. Potrebbe essere stata questa la causa della morte, e non l’emorragia?
E’ di questo avviso Alessandra Mazzari, legale del medico indagato, che in una nota diffusa alla stampa così scrive: “in base agli elementi in nostro possesso, non risulta in alcun modo che l’autopsia condotta sul cadavere dell’uomo abbia fatto escludere l’ipotesi di una morte secondaria a cause traumatiche, né, ancora meno, risulta che l’autopsia abbia fatto rilevare la presenza di fuoriuscita di materiale ematico dal cavo orale. Ci si limita a queste puntualizzazioni, confidando sul fatto che il completamento degli accertamenti disposti per iniziativa del PM consentirà di fare piena luce su quanto accaduto, dimostrando l’assenza di qualsivoglia nesso causale tra il motivo dell’accesso in Pronto Soccorso e l’evento morte, nonché l’assoluta correttezza dell’operato del mio assistito”.
Baraki Murat, circa quarant’anni, di origini algerine, come abbiamo già raccontato era un senza tetto ben noto nella zona di Ponte Milvio. Di notte aveva eletto come suo rifugio uno spicchio del Parco Volpi di via della Farnesina, a pochi metri dall’omonimo Centro Anziani: un giaciglio, qualche cartone, abiti e scarpe vecchie e tante bottiglie vuote. Di giorno ciondolava sulla piazza: trasandato, una bottiglia in mano ma col sorriso sempre stampato sul viso.
Era dedito al vino, è vero, difficile trovarlo sobrio. Ma era terribilmente discreto, se ne stava sempre in disparte senza mai infastidire i passanti o chiedere qualcosa. Viveva di poco e delle offerte di qualche residente: un panino, un caffè, una parola, alla quale rispondeva con un silenzioso sorriso.
Edoardo Cafasso
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