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A Osteria Nuova, XX Municipio, 7mila mc di scorie radioattive

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scorie_radioattive.jpgCostruito negli anni ’80, il deposito Nucleco doveva essere una sistemazione temporanea in attesa del sito nazionale che, a distanza di quasi 30 anni, ancora non è stato realizzato. Ad oggi, i depositi della Nucleco ospitano 7 mila metri cubi di rifiuti radioattivi, contenuti in 2500 fusti. Il tutto a Osteria Nuova, nel XX Municipio, alle porte di Roma Nord.

L’inquietante servizio pubblicato dall’agenzia Adnkronos spiega che a Osteria Nuova, all’interno del centro di ricerche Enea di Casaccia, c’è il deposito della Nucleco, controllata per il 40% da Enea e per il 60% da Sogin, la società di Stato incaricata della bonifica ambientale dei siti nucleari italiani e della gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi oggi ospitati all’interno di 5 capannoni.

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Ad oggi, i 5 depositi della Nucleco ospitano “poco più di 7 mila metri cubi di rifiuti radioattivi, contenuti in circa 2500 fusti prodotti dagli anni ’90 e fino al 2009”, spiega all’Adnkronos l’AD della Nucleco Emanuele Fontani.

Costruito negli anni ’80 il deposito Nucleco doveva essere una sistemazione temporanea in attesa del sito nazionale che, a distanza di quasi 30 anni, ancora non è stato realizzato.

“Oggi siamo nella fase in cui dovranno essere definiti i criteri per poi arrivare all’individuazione delle aree. Un procedimento, come in tutti i Paesi, estremamente complesso. Non c’è ad oggi una data certa non essendoci stato ad oggi un intervento concreto da parte dello Stato che non ha rilasciato i criteri – spiega Fontani – Quando ci sarà una data certa, noi ci dovremo adeguare per spedire i rifiuti al deposito nazionale. Ma da questo punto di vista siamo già pronti, anche se il deposito dovesse arrivare domani”.

Il programma è di avere il deposito nazionale per il 2025, ma una volta realizzato il deposito nazionale “bisogna conferire e per conferire ci vorranno probabilmente 10 anni”. Sulla data, quindi, continua ad esserci incertezza.

Ad oggi Sogin è in attesa di recepire dall’Ispra i criteri per l’individuazione del sito, ma sui tempi e sul luogo la partita è ancora aperta, mentre dalle agende politiche – spiega ancora Adnkronos – il tema sembra essere scomparso.

“Nessuno oggi parla di deposito nazionale o lo mette al centro delle proprie agende politiche”, aggiunge Fontani spiegando all’Agenzia che il deposito “è un diritto degli italiani se gli italiani vorranno continuare a curarsi e curare alcune tipologie di tumore con sorgenti radioattive. Se vogliamo, come cittadini italiani, risolvere il problema del passato esercizio delle centrali nucleari e risolvere un problema futuro per poter continuare a utilizzare sostanze radioattive per la cura dei tumori dovremo trovare una soluzione per il depositi nazionale”.

Mentre l’Italia aspetta il deposito definitivo, l’espansione urbana ha raggiunto la prossimità del deposito Nucleco, visibile anche dalla strada che costeggia il centro. Nel 2003, l’allora capo del Sismi Nicolò Pollari aveva riferito alla Camera, davanti alla Commissione del ciclo dei rifiuti, sollevando proprio le criticità legate alla sicurezza.

“Nei 5 depositi della Casaccia ad oggi abbiamo meno dello 0,3% della radioattività nazionale – commenta l’AD di Nucleco a Adnkronos – significa che abbiamo un quantitativo irrisorio di radioattività, di conseguenza ci troviamo in una situazione molto simile ad altri depositi italiani in prossimità di altri centri abitati. Abbiamo anche un piano di emergenza che si estende per alcune centinaia di metri. Entrando, poi, c’è un apparato di security e guardie armate con i massimi livelli di security, difficile che un terrorista possa entrare qui”.

In realtà, le telecamere dell’Adnkronos sono arrivate a pochi metri dai depositi, semplicemente facendo pochi passi a piedi dalla strada che costeggia il centro, e senza incontrare nessuna segnaletica di divieto.
Per quanto riguarda invece la sicurezza interna dei depositi, Fontani ammette che i capannoni hanno bisogno, all’esterno, di “piccoli interventi di restyling”, ma che l’importante è il contenuto.

“Il deposito è strutturato all’interno secondo i migliori standard di resistenza – assicura – ci sono delle lamiere ricoperte di materiale ignifugo e alcuni di questi fusti sono legati in alto per resistere a un eventuale terremoto. Noi teniamo in considerazione tutti i possibili incidenti, ma è ovvio che c’è bisogno di un orizzonte temporale che ci dica per quanto altro tempo i fusti dovranno essere conservati qui”.

I capannoni contengono sia i rifiuti già trattati, sia quelli che devono ancora subire la complessa procedura di condizionamento e che continuano e continueranno ad arrivare soprattutto dagli ospedali. La questione centrale resta quindi l’individuazione e la realizzazione del deposito nazionale che permetterebbe di mettere in sicurezza in maniera definitiva e negli spazi adeguati i rifiuti radioattivi presenti non solo a Casaccia, ma in varie località italiane.

Le telecamere Adnkronos Prometeo hanno documentato questa realtà nell’inchiesta in onda oggi all’interno del Rotocalco Adnkronos, distribuito alle oltre cento emittenti locali collegate alla piattaforma multimediale del Gruppo, online sul sito  di Adnkronos  e visibile anche cliccando qui.

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2 COMMENTI

  1. Bah!
    Più che altro sembrano delle baracche fatiscenti, costruite decenni fa; il rivestimento ignifugo, certo, serve a impedire un collasso quasi immediato del tetto metallico in caso di incendio, ma non certo a impedire che il materiale combustibile, ove presente, vada a fuoco.
    Per non parlare poi di quello che potrebbe accadere qualora arrivasse un tornado: quelle pseudo baracche, resisterebbero, o volerebbero via, disperdendo i fusti chissà dove?
    Alcuni fusti poi contengono sicuramente del plutonio proveniente dagli ex laboratori della casaccia che Sogin in questo periodo gestisce. Dovevano essere messi al sicuro in un nuovo deposito denominato OPEC 2, che il generale Jan approvò quando era presidente in Sogin (2005 – 2007). Un deposito molto, ma molto più robusto di quelli che si vedono nel servizio; i lavori sono iniziati con le passate gestioni di Sogin, ma negli ultimi due anni hanno fatto ben pochi progressi; v ai a sapere perché.
    E poi basta con la storia del deposito; ma chi volete che in Italia si prenda una cosa del genere? Non basta guardare che succede alla Tav? non si riesce nemmeno a portare via il combustibile via da Saluggia tramite treno senza che qualcuno blocchi tutto.
    E poi, di questi tempi, valle a trovare le centinaia di milioni necessarie a costruirlo-
    Vanno trovate altre soluzioni, almeno per ora. Per alcune centrali e/o siti si potrebbe tornare alla vecchia idea dell’Enel di custodia protettiva passiva e aspettare che qualche governo sia tanto autorevole da imbarcarsi in questa impresa.
    Per la medicina nucleare, di norma, i radionuclidi utilizzati decadono molto rapidamente (con alcune eccezioni); si potrebbe pensare a dei depositi regionali ove questi rifiuti, una volta trattati, potrebbero essere stoccati in attesa del loro decadimento. Stessa soluzione per quei siti nucleari realizzati in zone alluvionali, ove gli impianti esistenti sono comunque a rischio idrogeologico.
    I rifiuti a lunga vita, quelli che nessuno vorrà mai vicino casa, ora sono per la maggior parte all’estero; dovrebbero tornare per essere sistemati in un deposito speciale in grado di alloggiarli per una cinquantina di anni; poi si vedrà.
    Spendere soldi, tanti soldi, per questo deposito speciale? Forse costa di meno pagare qualcuno in Francia per tenerli altri cinquanta anni; poi si vedrà.

  2. Pensate solo a quanto sia criminale tenere un simile pericolo adiacente ad una citta’ come Roma !
    E nessuno, pur sapendo, fa nulla !
    Magistratura, ma soprattutto il comune, dovrebbero intervenire !
    Ma tanto a loro che gli frega……

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